Per Berlusconi e Maroni sarà il simbolo in Europa dell’accoglienza rifugiati made in Italy, ma è solo che la riproposizione sul fronte migrazione del modello Emergenza S.p.a., con ingenti flussi di denaro pubblico a favore dei soliti noti. Si tratta del residence di Mineo (Catania), piccolo centro agricolo nel cuore della Sicilia, che prima ospitava i militari USA della base aeronavale di Sigonella e dove adesso sono deportati i richiedenti asilo di tutta Italia e i giovani tunisini scampati all’inferno di Lampedusa. Ibrido giuridico, a metà strada tra un CARA (centro accoglienza per richiedenti) e un CIE (struttura di detenzione per l’identificazione e l’espulsione degli “irregolari”), il residence della solidarietà di Mineo sarà l’inesauribile pozzo di san Patrizio per holding paramilitari, cooperative clientelar-sociali e prestigiosi signori del cemento.
Le organizzazioni siciliane antirazziste hanno già fatto le prime stime dell’affaire. Agli enti che gestiscono i CARA sparsi sul territorio nazionale, il governo versa un contributo che fluttua dai 40 ai 52 euro al giorno per ogni richiedente asilo. Considerato il numero degli “ospiti” di Mineo (già sono 2.000), gli incassi per la mera gestione accoglienza oscilleranno mensilmente dai 2 milioni e 400 mila ai 3 milioni di euro. A beneficiarne sarà la Croce Rossa Italiana, individuata dal Commissario straordinario per l’emergenza immigrati, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica e la presentazione di un piano dei servizi da gestire.
“Sino al 30 giugno 2011, la CRI impiegherà fondi propri destinati alla gestione delle situazioni di emergenza”, precisa il dott. Caruso. Per i restanti sei mesi coperti dal decreto anti-sbarchi ci penserà però il contribuente. Conti alla mano un gruzzolo che a fine anno potrebbe oscillare tra i 14 e i 18 milioni di euro. Pensare che l’accoglienza diluita nei Comuni di mezza Italia, grazie alle reti solidali di enti e associazioni (il cosiddetto sistema Sprar), pesa per non più di 20-22 euro al giorno per rifugiato.
Con il vantaggio che si tratta in buona parte di esperienze con forti ricadute sull’economia e l’occupazione locale, come ad esempio accade a Riace, paesino della provincia di Reggio Calabria, riconosciuto internazionalmente come modello d’integrazione cittadini-migranti. A Mineo, invece, si dovrà sperare sulle “pressioni” del presidente della Provincia di Catania e coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione, perché la Croce Rossa affidi la gestione di alcuni servizi del villaggio alla miriade di cooperative locali, tutte riconducibili al potente consorzio Sol.Co. di Catania interessato da tempo a mettere radici nell’ex residence USA. In fondo si tratterebbe di versare una piccola tassa, ottenendo in cambio il consenso all’operazione dei politici e degli amministratori del luogo. Una fabbrica di soldi e di voti, dunque, il moderno ghetto per rifugiati e deportati.
Il vero affare, quello meno trasparente, è tuttavia quello relativo ai canoni che saranno pagati dal governo per l’utilizzo delle 404 villette presenti nell’infrastruttura. Invece di dirottare i migranti verso le numerose strutture pubbliche dismesse (come ad esempio la ex base missilistica di Comiso, già utilizzata per l’emergenza Kosovo nel 1999), il duo Berlusconi-Maroni ha imposto che il mega-CARA “d’eccellenza” trovasse posto in quello che strumentalmente è stato definito “ex villaggio NATO” ma che in verità è di proprietà della Pizzarotti S.p.A. di Parma, una delle principali società di costruzioni italiane, contractor di fiducia delle forze armate USA (lavori nelle basi di Aviano, Camp Darby, Vicenza e Sigonella).
I manager dell’azienda chiedevano allo Stato un contratto di locazione per una durata non inferiore ai 5 anni, ma il Prefetto-Commissario Giuseppe Caruso ha preferito emettere un’ordinanza di requisizione della struttura sino al 31 dicembre. Contestualmente è stata affidata all’Agenzia Territoriale del demanio di Catania la valutazione dell’indennizzo per la Pizzarotti, che per legge non potrà essere inferiore ai valori di mercato. Quanto? È presto fatto. La Marina USA pagava alla società un canone annuo di 8 milioni e mezzo di dollari, più le spese per la gestione dei servizi all’interno del villaggio. Anche a limitarsi all’accattivante offerta fatta direttamente alle famiglie dei militari dopo la rescissione del contratto con il Dipartimento della difesa (900 euro al mese a villetta), alla Pizzarotti non andrebbero meno di 363.000 euro al mese, moltiplicato per i 10 mesi coperti dal decreto di emergenza.
Più il canone per l’utilizzo degli altri immobili (uffici, mense, strutture commerciali, palestre, campi da tennis e football, asilo nido, sala per le funzioni religiose e 12 ettari di spazi verdi). Solo per il 2011 il Grand Hotel di Mineo “Deportati & C.” costerà così non meno di una ventina di milioni di euro, senza includere gli stipendi e le indennità missione di oltre un centinaio tra poliziotti, carabinieri e militari dell’Esercito. Un colossale sperpero di risorse in nome della guerra santa alle migrazioni.
Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell'ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalità mafiose. Ha pubblicato alcuni saggi sui conflitti nell'area mediterranea, sulla violazione dei diritti umani e più recentemente un volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ("I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina", Edizioni Alegre, Roma).