C’è mancanza di educazione sessuale nella nostra società, nelle scuole e nella Chiesa cattolica, dove si semina sessuofobia. Quello che invece abbonda è il moralismo. Con il Concilio Vaticano II si cercava di dare importanza all’autodeterminazione, al valore dell’amore. Non solo non si è andati avanti nel rendere praticabili questi principi, ma c’è stato un irrigidimento nell’affrontare certi argomenti che sono diventati sfide. L’altro tema tabù è l’obbligo del celibato per i preti, che secondo me deve essere una scelta, perché altrimenti può sfociare nelle frustrazione, talvolta nell’aberrazione.
Non sono un libertino, ma uno che rispetta le libertà personali. Ai ragazzi predico la castità, ma dico anche, come fece l’abbé Pierre, che se hanno rapporti non protetti compiono non solo un peccato, ma un atto criminale. Una volta fui invitato a una trasmissione di Gad Lerner. Prima del collegamento mi fu chiesto di essere sobrio nelle risposte sulle questioni sociali. Allora partii con una domanda: “Chi è autorizzato a dire dove e come fare sesso?”. Gli altri preti in studio avevano le mani nei capelli. Per me ciò che conta è che nei rapporti non ci sia alcuna forma di violenza e siano rispettati l’equilibrio sessuale della persona, la sua autodeterminazione, le fedeltà reciproche.
Sono ancora sulla lista nera
Insieme ad altri quaranta sacerdoti nell’estate 2009 ho firmato un appello per “la libertà sul fine vita” promosso da “Micromega”, dopo la morte di Eluana Engaro e durante la discussione al Senato del disegno di legge sul testamento biologico. Noi firmatari non desideriamo che una legge dello Stato sia fatta su misura per i cittadini cattolici. La morte è un appuntamento naturale. La decisione di porre fin a una parvenza di esistenza è di pertinenza esclusiva della persona interessata, che ha il diritto di esprimersi in testamento o di affidarlo alla famiglia di concerto con il medico che agiscono in scienza e coscienza. L’intervento legislativo mortifica la libertà di coscienza. In risposta a questa presa di posizione è partita dalla Congregazione per la dottrina della Fede una lettera indirizzata ai vescovi diocesani e ai superiori, lettera che ordinava di convocare noi quarantun preti “ribelli” per richiamarci ed eventualmente punirci. A 81 anni mi ritrovo ancora una volta sulla lista nera. Non mi riconosco chissà quali qualità, ma almeno sembra che io sia una persona coerente.
Barzelletta
Un giorno Dio decise di trascorrere una vacanza sulla terra e chiede a Gesù Cristo, che ha molto viaggiato, quali siano i posti più belli da visitare.
“Figlio com’é l’Africa?”
“Un continente meraviglioso”.
“Che ne dici dei Carabi?”
“Somigliano al Paradiso”.
“E il Vaticano?…”
“Non lo so. Non ci sono mai stato”.
Ho aiutato i disertori
Quando non esisteva la legge sull’obiezione di coscienza mi è capitato spesso di ospitare disertori e ne vado fiero perché l’unica guerra da farsi è quella alla guerra. Come scriveva Boris Vian non si può obbedire per andare a morire né per ammazzare.
Una volta un ragazzo arrivò da me con l’enciclica di papa Giovanni XXIII Pacem in terris, pubblicata l’11 aprile 1963. Mise a confronto il testo latino con quello italiano e mi fece notare che non corrispondevano: “Aetate hac nostra, quae vi atomica gloriature, alienum est a ratione, bellum iam aptum esse ad violata iura sarcienda” nella traduzione diventa “riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere come strumento di giustizia, dove il “quasi “è inserito arbitrariamente e lascia aperta l’ipotesi che una guerra possa ritenersi giusta e dove sparisce la condanna netta del pontefice contenuta nell’espressione “alienum esta a ratione”, ovvero “chi pensa di portare giustizia con la guerra è pazzo”.
Un amico ufficiale americano mi ha confessato che ritiene gli italiani quantomeno buffi. Ha detto: “Sai quante bombe atomiche covano sotto il bunker di Aviano? E a voi fanno paura i poveracci che arrivano sui gommoni”. Io non capisco come faccia la Marina Militare che ha codici morali così forti a rispettare ordini inumani. Di solito quando si avvista un naufrago, le poppe girano e lo si tira abordo senza chiedere chi è. Non so con quanto fegato si cedano i clandestini a un killer che li abbandona nel deserto. In questi casi è obbligatorio disobbedire.
Dopo la guerra del Kosovo i pescatori dell’Adriatico hanno trovato nelle loro reti bombe inesplose. Si vede che qualche pilota di buon senso aveva deciso di liberarsene. Quella guerra fu di chiarata “ingerenza umanitaria”. Per una questione di coscienza mi rifiutai per oltre settanta giorni. Andai dal cardinale Tettamanzi e dissi: “Io con l’altare non ho niente da spartire”. Disertai perché non sono pazzo (alte autorità vaticane avevano spiegato che esistono guerre che possono riportare giustizia e pace, ndr).
Brani del libro di don Andrea Gallo scritto in collaborazione con Simona Orlando: “Così in terra, come in cielo”, editore Mondadori.
Don Andrea Gallo è nato a Genova nel 1928. Ha fondato e guida la Comunità di San Benedetto al Porto di Genova. Quando gli si chiede, ma lei chi è? risponde: "sono un prete, la mia cattedrale è la strada. Come disse don Milani, "a questi ragazzi ho insegnato a leggere e scrivere ma loro mi hanno insegnato la vita". Fra i tanti riconoscimenti, l'ultimo è il premio Mario Tommasini ricevuto a Parma. Con Tommasini don Gallo aveva collaborato nell'associazione "Liberarsi dalla necessità del carcere". Sempre da Mondatori è uscito "Angelicamente anarchico". La foto di don Gallo è stata scattata da Filippo Caranti ed è disponibile a questo indirizzo: http://www.flickr.com/photos/pippuz/2465125138/