Dopo anni di lamentazioni per il trionfo dei messaggini sui messaggi veri e propri, da qualche giorno si assiste al trionfo della lettera scritta. Ci aprono i giornali (e di conseguenza i tg), con le epistole di Berlusconi o dei dissidenti anti Berlusconi, ovviamente anonimi. Si tratta di un ritorno alle patrie lettere per opera di qualche amanuense precario o dietro tutta questa letteratura ci sono sempre la mano e la testa di Giuliano Ferrara? Il dubbio è lecito, mentre non è lecito dubitare di quella che è ormai una certezza stagionale e cioè il nuovo libro di Bruno Vespa, destinato a riempire ogni poro della programmazione tv e ogni nostro spazio vitale. Il primo spot lo abbiamo visto ieri all’ora dei pasti, per preparare lo stomaco alla prima dose di vespismo-berlusconismo e fare da antidoto a tutto il resto che verrà. Stavolta, figuriamoci, Vespa parla d’amore, perfino di quello tra Rosa e Olindo, che tante soddisfazioni ha dato al più sadico dei conduttori.
Il partito degli Scilipoti e la grammatica: “Che fine avrebbimo fatto tutti noi?”
Istruttivo servizio di “Piazza pulita”, dedicato al partito di Scilipoti. Al recente congresso, consesso, convito, non abbiamo capito bene di che cosa si trattasse, hanno partecipato in tanti, tutti, come hanno testimoniato, a spese di Scilipoti; mentre non è noto (ma si intuisce) chi paghi le spese a Scilipoti. Comunque, ci è stata mostrata una platea che faceva implacabilmente pensare a «nani e ballerine» di craxiana memoria, più alcuni esemplari di fascisti in divisa. Mentre uno tra i più entusiasti scilipotiani cadeva addirittura in deliquio per l’arrivo del premier, urlando che Scilipoti e Berlusconi sono «due eroi». Per poi aggiungere: «Se ‘sto governo avrebbe caduto, che fine avrebbimo fatto tutti noi?». A questo punto, dopo una pausa di silenzio imbarazzato, nello studio televisivo si è levata da destra un’ accusa vibrata di razzismo per la rappresentazione data dello scilipotismo. Quasi che l’italiano non fosse una lingua, ma una razza, oltretutto in via di estinzione.
La patrimoniale? Macché, meglio strozzare gli italiani che meno possono
Siamo stati ben istruiti, sere fa in tv, dal ministro della pubblica istruzione Gelmini sul motivo per cui Berlusconi non avrebbe di certo inserito la patrimoniale nella sua famigerata lettera all’Europa, nonostante che ormai siano in molti, anche tra i miliardari, a richiederla. La signora, in uno sprazzo di originalità, ci ha detto che il premier non vuole «mettere le mani nelle tasche degli italiani»! Ma avrebbe fatto meglio a dire che il governo non vuole mettere le mani nelle tasche di Berlusconi. Tanto, ormai si è capito che ci sono italiani cui è perfino inutile mettere le mani in tasca, perché non c’è più niente da prendere. L’unica cosa che si può fare è mettere loro le mani al collo per privarli della vita, cioè del lavoro. E così sta facendo il governo Berlusconi proprio nei confronti di quei cittadini che le tasse le hanno sempre pagate e non sono mai stati sotto processo per reati fiscali, come Berlusconi o le sue numerose aziende, che ovviamente non hanno tasche.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.