Praga – «Da una parte c’erano annunci pubblicitari […], dall’altra ci si imbatteva nel vuoto delle superfici bianche. Da una parte c’era la propaganda, dall’altra la pubblicità. Da una parte si facevano le code, dall’altra si esitava davanti l’esorbitante varietà della offerta. Da una parte c’era il fardello della giornata lavorativa, dall’altra l’insostenibile leggerezza dell’essere». Così Karl Schlögel nel suo”Im Raume lesen wir die Zeit: Über Zivilisationsgeschichte und Geopolitik”. Esercizio non tra i più complicati capire quali fossero le parti al centro dell’analisi dello storico tedesco.
Tuttavia oggi Est e Ovest non ci sono più, o quantomeno la faccenda sembrerebbe radicalizzata al punto tale che l’Est odierno, contrapponibile al vaghissimo Occidente odierno, abbia scelto di non inglobare più Praga, Budapest e Varsavia, ma tenda a srotolarsi dagli Urali fino a Shanghai. Sia come sia, essendo chiamato al compito di monitorare la gioventù oltrecortina -un compito non tra i più facili poiché dopo vent’anni i giovani oltrecortina risultano essere pressoché identici alle controparti occidentali- provo a soffermarmi sul primo enunciato schlögeliano [«da una parte c’erano annunci pubblicitari, dall’altra ci si imbatteva nel vuoto delle superfici bianche»] per sottolineare quanto, ironicamente, a seguito del boom della Europa centrale per la fascinazione pubblicitaria conseguente l’apertura al mercato, stia tornando in zona l’antico amore per il vuoto delle superfici bianche, o per lo meno avviene quando entra in ballo quella che è stata da sempre il principale prodotto da esportazione centro-europeo: la cultura. Analizziamo un attimo il fenomeno.
Io questo lo so perché l’ho letto sul časopis Respekt, uno tra i più seguiti magazine cechi: il guidatore di bus Pavel Patěk una notte termina la propria corsa a Kobylisy, prima periferia praghese. E come sempre si alza in direzione delle ultime file per svegliare gli ubriaconi addormentati. La sorpresa consiste nel non trovare alcolisti ma un libro; un libro con un foglietto sopra: «questo libro è fuggito -c’è scritto- e chi lo ritrova è pregato di contattare il sito uprchlé knihy», che in ceco vuole dire «i libri che scappano.» Pavel Patěk, tizio ligio ai doveri, old school cecoslovacca, esegue e si butta online. Lì scova alcune coordinate (che per dovere di cronaca riporto: «50° 4′ 55.082″ North and 14° 25′ 33.626″ East») le quali conducono alla libreria della casa editrice promotrice della iniziativa. Nei giorni successivi alla vicenda di Patěk furono tantissimi i casi di libri fuggiti per Praga, ripescati in luoghi assurdi.
La forma alternativa di promozione in questione si chiama guerrilla marketing e ha almeno trent’anni di vita; nata negli Stati Uniti, consente di sponsorizzare qualcosa senza tanti soldi, utilizzando piuttosto una idea, meglio se non convenzionale e provocatoria. Scarsa spesa e molte pensate geniali, ossia il mix ottimale per quelle migliaia di giovani menti del luogo vogliose di buttarsi a capofitto nel commercio, ma azzoppate dalla crisi economica. Torno a Schlögel, sebbene attualizzandolo: «da una parte c’erano annunci pubblicitari, dall’altra ci si imbatteva nel vuoto delle superfici bianche.» Poi sono arrivati gli annunci pubblicitari. Poi sono tornate le superfici bianche.
Collina di Letná, sempre Praga: una macchina della polizia si ferma perché vede due ragazzi penzolanti in una galleria. Sono giovani, vestiti da ferrata e hanno aggeggi che spruzzano qualcosa sulle pareti; sudici imbrattatori. I tizi vengono fermati dalle forze dell’ordine. Le loro macchinette spruzzano acqua e sapone; l’acqua con il sapone -lavando lo smog dai muri del tunnel- ha formato una enorme scritta: «Copenaghen 2009-CO²», al fine di dare visibilità al vertice danese per la riduzione dell’anidride carbonica. Più efficace di un cartellone lungo l’autostrada, senza dubbio.
Ad ogni modo la tradizione del guerrilla marketing è lunga nell’area, avendo in parte nobili discendenze anche nel periodo comunista (non siamo tanto lontani dalle logiche-samizdat, con i libretti sovversivi infilati dove meno te l’aspetti) e nei primi anni seguenti la caduta quando, interrogandosi su cosa farsene di quella miriade di carri armati abbandonati per le strade, fu deciso da molti giovani artisti di tagliarli a metà (operazione per altro che comporta una buona dose di convincimento) e dipingerli di rosa shocking.
Fenomeno interessante perché si ricorre all’arte per promuovere arte -talvolta- ma anche una compagnia telefonica, un leccalecca o un detersivo (sempre successo a Praga: la faccia allegra di Mastro Lindo spicca su strisce pedonali, sensibilmente più bianche di quelle accanto.) È la necessità che si fa virtù? Può essere. I dati, d’altronde, parlano chiaro: in zona tagli alle spese generalizzati a seguito del pacchetto di austerità proposto dal governo di coalizione di centrodestra Ods – Top 09 – Věci veřejné, investimenti sui media ridotti quasi del quaranta percento, e proprio per questo anche le grandi imprese starebbero iniziando a sondare il terreno del guerrilla marketing; c’è di buono che è un settore in prevalenza mosso da ragazzi, i numerosi studi creativi dell’area, ben decisi a fare girare l’economia tramite vettori alternativi dopo avere considerato che sugli usuali non si gira più tanto bene.
«Da una parte c’erano annunci pubblicitari, dall’altra ci si imbatteva nel vuoto delle superfici bianche. Da una parte c’era la propaganda, dall’altra la pubblicità.» Adesso che la pubblicità c’è sia da una parte che dall’altra, apprezzabile lo sforzo per renderla, se possibile, quantomeno più stimolante.
Gabriele Merlini ha trentuno anni, lavora nell'editoria e collabora con testate e riviste online, occupandosi principalmente di tematiche inerenti l'Europa centrale e orientale. Cura dal duemilasette il sito Válečky: http://eastkoast.wordpress.com/