Stravolta la proprietà delle parole. Si insiste sul "lodo Alfano" quando la parola "lodo" è il termine tecnico di una decisione arbitrale, non un provvedimento legislativo. Arbitrale, appunto: “Ma non si è mai visto un arbitro che sposta continuamente i pali quando una squadra sta per prendere un gol”
Norberto LENZI – Trinità pro immunità: tre leggi per salvare a tutti i costi Berlusconi
01-02-2010Dopo il processo breve ed il legittimo impedimento, a completare la trilogia della impunità, entra in campo di nuovo il lodo Alfano, già bocciato dalla Corte Costituzionale ma ripresentato in versione de luxe, come certi modelli di auto riservati a clienti privilegiati. Come aveva fatto con l’art.111, sul processo sedicente giusto, il centrosinistra (che mai rinuncia al suo ruolo di apripista), ciò che era già stato dichiarato incostituzionale verrà inserito direttamente nella Costituzione. Così quei cacadubbi dei giuristi non avranno più di che protestare.
Incidentalmente non si comprende perché si continui a parlare di “lodo”, che è termine tecnico con il quale si designa una decisione arbitrale e non un provvedimento legislativo. Nella fattispecie il termine appare improprio non solo dal punto di vista formale, ma anche da quello sostanziale perché Alfano non avrebbe potuto arbitrare neppure all’epoca di Moggi: non si è mai visto un arbitro che sposta continuamente i pali quando una squadra sta per prendere un goal.
Su questa proposta le opposizioni e le alte cariche, cui la immunità sarebbe estesa, sembrano tuttora incerte. Per le opposizioni è comprensibile, a dimostrazione che la politica è diventata ormai l’arte del compromettersi. Lo è meno per il Capo dello Stato perché nella vigente Costituzione (quella di stampo sovietico) è già contemplata la sua irresponsabilità penale, tranne per i casi di alto tradimento e di attentato alla Costituzione. Una immunità che ricopre i bassi tradimenti e quelli medi parrebbe bastare. (Per il lodo Alfano forse non si può parlare di attentato alla Costituzione, ma di lasciva tentazione sì). Se venisse proposta una copertura assicurativa che si ha già penso che verrebbe declinata l’offerta anche se fosse gratuita. Ma questa non lo sarebbe affatto, perché si dovrebbe pagare un prezzo considerevole in popolarità e prestigio.
E pare che non sia finita. È attesa una prossima, forse decisiva, puntata: la immunità erga omnes (ministri, parlamentari, presidenti di regione, portavoce e portaborse). Il risultato appare per molti più appetibile rispetto al legittimo impedimento e al lodo Alfano che salvano solo Berlusconi, che diventerebbe così legibus solutus, anzi, se sono vere alcune sue frequentazioni, dissolutus. Qui si salvano tutti. E gli spiriti bipartisan si stanno già risvegliando, come gli zombies nella notte dei morti viventi.
Si dirà (si è già detto): ma gli stessi padri costituenti avevano votato l’art. 68 della Costituzione sulla immunità.
Scrive Cordero in un articolo dal titolo “L’immunità e lo spirito dei gangster” (dal quale prudentemente mi dissocio) che “i complessi normativi vivono, diversamente dai teoremi di Euclide” e che “nessuno pensava che saremmo diventati armenti di uno strapotente pirata” (continua la dissociazione) e che “non è norma intangibile qualunque testo votato ex art. 138”. Fa l’esempio della tessera di un partito quale requisito d’ammissione al pubblico impiego e conclude “non sarebbe la prima volta che soperchierie diventano legge”. Non vi sembra che sia almeno materia di riflessione?
Norberto Lenzi, magistrato in pensione. Pretore a San Donà di Piave e a Bologna fino all'abolizione delle Preture (1998), è stato giudice unico del Tribunale e consigliere della Corte di Appello di Bologna.