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Un elefante al microscopio non assomiglia a nulla: vetriolo su Georges Perec

02-08-2010

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La Scomparsa di Georges PerecDa lettore fiducioso nei titoli, pensavo di trovare in questo libro dieci “riscritture” o, addirittura, come è detto nella “Premessa”, dieci “reincarnazioni” del sonetto baudelairiano “Recueillement”. Fiducia, ahimè, delusa perché tolta la riscrittura lipogrammatica di G. Perec presente nel romanzo “La Disparition” e tolta la transmetrizzazione operata da J. Prèvost in “Baudelaire Essai sur l’inspiratio et la création poétique”, resta ben poca cosa.

Del che è consapevole l’autore stesso, che dopo aver promesso scoperte epocali, finisce col parlare, a proposito dell’influsso esercitato dai versi baudelairiani sulle opere di scrittori quali Michaux, Céline, Colette, Nabokov, Beckett, Queneau, Houellebecq, di “echi”, di “spie labili”, di “riferimenti esili”, di parallelismi “minimi e circoscritti”. A rivelare questa “forzata” modestia è il mutamento di tono. Via, via che il libro si dipana non più dichiarazioni perentorie, ma affermazioni cautelose che fanno apparire il Magrelli afflitto da una sorta di sindrome attenuativa tanto è grande l’uso che egli fa di condizionali, di dichiarazioni reticenti come: “Non sembra azzardato suggerire”, “Non pare eccessivo definire”, “Senza forzare l’interpretazione, potremmo ritrovare in…”, “Questo brano sembra riprendere la struttura di…” “Pare oggettivamente consentito annoverare…”… “A costo di forzare la lettura sembra possibile stabilire un parallelo fra…” ecc.

Reticenze e cautele imposte dalla oggettiva “povertà” degli accostamenti possibili. Velocemente esemplificando diremo che del “Repos dans le Malheur” di Michaux si dice che “sembra riprendere la struttura, l’assetto, le componenti stesse di ‘Recueillement'”, ma subito dopo si aggiunge che si tratta di “accostamento affatto congetturale”; di Colette si cita un brano di “Noces” in cui la scrittrice, cedendo al suo amore dei calembours, dà una versione ironico-sarcastica di un verso di “Recueillement” trasformando la dolce “Sera” del sonetto nel titolo di un giornale: “Le soir”; Di Nabokov, si dice che in “Lolita” l’esortazione del professore di francese all’amata Dolores: «Fa’ la brava, Dolores» riecheggia il baudelairiano «Sois sage, ô ma Douleur»…”.

Quanto a Beckett viene riconosciuta l’azione che i versi del sonetto baudelairiano esercitano su “Fin de partie” e se ne dà come prova il “mouchoir” col quale Hamm si copre il viso, estrema metamorfosi del “linceul” (sudario) con cui la Notte incede negli ultimi due versi di Baudelaire”. Per la raccolta “Fendre les flots” di Queneau si propone un accostamento, anche se riconosciuto “minimo e circoscritto”, fra il verbo “raccogliere” presente in una quartina e il sostantivo “recueillement” del sonetto. Della versione lipogrammatica di Perec si afferma solo che essa fa apparire il sonetto baudelairiano “uguale ma diverso, sfigurato e insieme riconfigurato”.

estano infine il romanzo “Les particules élémentaires” di Houellebecq, “Mort à crédit” e “Voyage au bout de la nuit” di Céline. Nel primo romanzo uno studente della banlieue parigina scorge nelle sue strofe l’essenza “funeraria” di Recueillement, giudizio che Magrelli dichiara di condividere pienamente. “Mort à crédit”, a sua volta, offre l’occasione per rilevare una somiglianza fra questa riflessione di Céline sull’invecchiamento di Parigi,: «è una rottura di scatole invecchiare, vedere cambiare le case, i numeri, i tram e le pettinature della gente”, e i versi di “Le Cygne”:: “La forme d’une ville / Change plus vite, hélas! que le cœur d’un mortel”.

Stesso accostamento viene fatto fra il sarcastico invito [“viens!”] rivolto da una bouquiniste al marito perché si sbrighi a chiuder bottega e i versi. “ma Douleur, donne-moi la main; viens par ici” Rimarrebbero altre osservazioni da fare, ma credo bastino questi “vertiginosi” accostamenti per dare un’idea di un libro ricco di digressioni-divagazioni nettamente superfetatorie e povero, estremamente povero, di reali “somiglianze”.

Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.
 

Commenti

  1. Frido Villari

    Ho interrotto presto la lettura di questo libro proprio per le ragioni dette da Spadon e cioè per via degli accostamenti tirati per i capelli e delle nunmerose digressioni che, pur corrette dal punto di vista concettuale, si rivelano o estranee all’assunto o del tutto esornative come se l’autore volesse dire: “Vedete quante cose so io”. Prendiamo a caso una di queste digressioni e precisamente quella in cui parla del romanzo “La Disparition” dove, com’è noto, non appare mai la lettera “e”. Scrive il Magrelli: “L’operazione non si esaurisce in un mero gioco, ma affonda le proprie radici in una lacerante necessità testimo¬niale, in quanto la contrainte, l’autolimitazione, si riferisce a una mancanza ben più profonda, insieme individuale e storica: la Shoah. La scomparsa della vocale, cioè, allude sia alla morte del padre, decedu¬to durante l’infanzia dell’autore, sia a quella della madre, scomparsa nei campi nazisti”. Ora questa osservazione, messa lì non si sa bene perchè, è (e sarebbe facile dimostralo) un luogo comune della critica perecchiana, basti leggere il capitoletto dedicato alla “Disparition” da Claude Burgelin nel suo bellissimo “Georges Perec”.

  2. sophie morlaine

    Quelle horreur que de comparer la voix d’un type à demi pompette «E’ una rottura di scatole invecchiare, vedere cambiare le case, i numeri, i tram e le pettinature della gente” avec les vers d’un poète sublime: “La forme d’une ville / Change plus vite, hélas! que le cœur d’un mortel”. (“Le Cygne”) De cette manière on peut comparer n’imoporte quoi: Apollon et Tersyte, Vénus et Méduse

  3. samuele cramer

    Una precisazione sul titolo. A me pare che il “vetriolo” non riguardi assolutamente Georges Perec bensì Valerio Magrelli al quale viene rimproverato non solo di paragonare ciò che è, di fatto, imparagonabile ma anche di far mostra, per spocchia professorale, di conoscenze che nulla hanno a che fare con l’argomento del suo saggio

  4. Marco Giadrossi

    Caro Professore, Lei m’invita a danza! Festeggio quest’anno quarant’anni di frequentazione dei versi baudelairiani, en amateur ovviamente. Nel blog di un’amica napoletana, quest’inverno, mi ero immodestamente cimentato nella temeraria traduzione proprio di Recueilllement. Sono pertanto caduto sul “nero sonetto solubile” come la mosca nel miele.
    Sono diligentemente arrivato fino all’ultima riga, da bravo discente, con quello spirito di “reverenza” verso chi ha titolo accademico e la poesia la pratica: ma quello che mi è rimasto alla fine è un senso indefinito di insoddisfazione e frustrazione: quaesivi et non inveni…
    Ai quesiti (a mio avviso legittimi) posti nelle prime pagine vengono date risposte fuorvianti o non ne vengono date (p. es., sull’ultimo messaggio della Trintignant alla madre). L’ultimo capitolo poi non ha nessun collegamento diretto con tutto il resto del libro.
    Un’ultima osservazione sulla traduzione dei versi: la loro “leggerezza” (come la intende Calvino) originaria svanisce nel tentativo di mantenere lo stesso genere nella traduzione: ma “dolore” e “pena” non hanno la stessa valenza semantica… ma sto andando fuori tema!

  5. gino spadon

    Caro Giadrossi lasci che mi complimenti con lei per la pertinenza delle sue osservazioni e in particolare per quel suo rilievo sulla parola “Douleur” tradotta da Magrelli con la parola “Pena”: Anche a me questa traduzione era sembrata del tutto contestabile come del resto farò anche notare in una recensione del libro di Magrelli molto più ampia (circa 20 cartelle) e molto più circostanziata.
    Sono perfettamente d’accordo con lei nel vedere una differenza sostanziale fra i due termini. Infatti mentre la parola “dolore” designa una profonda sofferenza delì’anima che compromette più o meno gravemente il desiderio di vivere, la parola “pena” indica, piuttosto, un’idea di fatica o uno stato affettivo fatto di tristezza o di insoddisfazione più o meno profonda. Tra i due termini che hanno, se vogliamo, una certa parentela, c’è comunque una differenza di grado, di intensità, di durata. Ma meglio del mio tentativo di operare delle distinzioni vale l’uso che, delle due parole, fa Baudelaire nelle Fleurs du mal. Il termine “peine” occorre una volta sola, con il significato di “fatigue” nella poesia “L’âme du vin”. La parola “douleur”, invece, nella doppia forma, singolare o plurale, occorre moltissime volte. Gliene do qui un esempio completo dal quale vedrà come i due termini non siano sovrapponibili se non in pochissimi casi

    (Bénédiction v.65) Je sais qua la douleur est la noblesse unique
    (L’ennemi v.12) ô douleur ! ô douleur ! le temps mange la vie ,
    (Le masque v.28) aux flots que la Douleur fait jaillir de tes yeux
    (Semper eadem v.5) une douleur très-simple et non mystérieuse ,
    (La pipe v.5) quand il est comblé de douleur ,
    (Titolo) Alchimie de la douleur
    (Le cygne v.47) et tettent la Douleur come une bonne louve
    (Les petites vieilles v.42) il en est qui , faisant de la douleur un mie1 ,
    (A une passante v.2)longue , mince , en grand deuil, douleur majestueuse , / une femme passa
    (Le crépuscule du soir v.8) les esprits qua dévore une douleur sauvage ,
    (Le jeu v.23-24) préférerait en somme / la douleur à la mort et 1′ enfer au néant 1
    (Danse macabre v.30) de 1′ antique douleur éternel alambic
    (Brumes set pluies v.14) d’ endormir la douleur sur un lit hasardeux .
    (Le vin du solitaire v.8) semblable au cri lointain de 1′ humaine douleur ,
    (Le rêve d’un curieux v.1) connais-tu , comete moi, la douleur savoureuse ,
    (Femmes damnées H.D.v.74) mais 1′ enfant , épanchant une immense douleur ,
    (Recueillement v.1) sois sage , ô ma Douleur , et tiens-toi plus tranquille .
    (Recueillement v.8) ma Douleur , donne-moi la main ; viens par ici ,
    (L’imprévu v.42) et contient mon orgueil ma douleur et ma gloire !”
    (L’imprévu v.46) Seigneur! que la douleur , ô Père , soit bénie !

    (Moesta et errabunda v.14) dise : loin des remords , des crimes , des douleurs ,
    (L’horloge v.3)les vibrantes Douleurs dans ton coeur plein d’ effroi
    (Le cygnet v.3) 1′ immense majesté de vos douleurs de veuve ,
    (Les petites vieilles v.46) l’ autre , que son époux surchargea de douleurs ,
    (Le crepuscule du soir v.31) c’ est l’ heure où les douleurs des malades s’ aigrissent !
    (La servante au grand coeur v.4) les morts , les pauvres morts , ont de grandes douleurs ,
    (Le crepuscule du matin v.18) s’ aggravent les douleurs des femmes en gésine ;
    (Femmes dames v.27) pour vos mornes douleurs , vos soifs inassouvies ,
    (La Béatrice v.19) vouloir intéresser au chant de ses douleurs
    (Un voyage à Cytère v.45) ridicule pendu , tes douleurs sont les miennes
    (Un voyage à Cytère v.48) le long fleuve de fiel des douleurs anciennes ;
    (Lesbos v.59) le cercle ténébreux tracé par les douleurs

    La aluto, caro Giadrossi. Je me suis donné la “peine” de faire cette recherche, ma cela valait vraiment la “peine”

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