Gli aerei del fly zone partono dalle basi siciliane, ma il ministro caricatura degli opportunisti giura che l'Italia resta neutrale e subito l'Eni viene rassicurata: Tripoli riapre i rubinetti. 150 anni d'Italia, 150 anni di dubbi
E Garibaldi salpa da Marsala per difendere in Libia i combattenti della libertà
17-03-2011Finalmente apriamo l’ombrello per proteggere i combattenti della libertà di Bengasi, armati soprattutto di buona volontà, un po’ rivoltosi e un po’ utopisti nel giudizio di noi che abitiamo l’altra sponda del Mediterraneo e osserviamo le loro sofferenze con l’occhio superiore di chi non sopporta l’invasione dell'”ignoranza straniera” (parole Lega Nord). Finalmente i “rivoltosi” non vengono lasciati morire o costretti all’esodo della disperazione.
Ci siamo decisi a riconoscere che esistono e che sventolano le libertà della quale riempiamo la la bocca delle nostre abitudini. D’accordo, gli diamo la mano. Mano floscia, umidiccia, di cortesia obbligata anche se dalla Germania al Brasile in tanti non si sentono obbligati. I 150 anni d’ Italia giocano su due tamburi: petrolio appena rigarantito e basi per gli aerei che vanno a pattugliare e – se serve -a bombardare il nostro amico dell’oro nero. Siamo in guerra, ma non siamo in guerra. Siamo amici dei ragazzi con la testa pulita, ma restiamo amici del vecchio attore cinema muto che da Tripoli ordina di eliminarli. Insomma, i dubbi continuano. L’ Eni sta per riaprire i rubinetti, le piste siciliane sono pronte e caricare i missili delle sentinelle dei cieli mentre noi cerchiamo di caèpire – ma davvero – chi siamo e cosa vogliamo oltre tornaconto cash.
La mia generazioneècresciuta nel dubbio: il mondo civile sapeva o non sapeva cosa succedeva ad Aushcwitz, Dachau e in ogni lager della morte? O la non conoscenza era l’alibi per coprire la vergogna? Sapeva e ha girato la testa. Lo sapeva Borrelli, direttore del “Corriere della Sera”. Lo sapeva Ciano, lo sapeva Mussolini. Anche Churchill e la Casa Bianca erano informati. Eppure niente. L’ultimo assedio a una città moderna doveva essere Stalingrado: 1943. Stivali di Hitler sulla strada di Mosca. “Mai più”, l’impegno delle democrazie ritrovate. L’ultimo assedio (proprio l’ultimo) di una città moderna doveva essere Beirut, 1982: israeliani di Sharon. “Mai più”, la promessa delle Nazioni Unite sconvolte dalle armi sperimentate sugli incolpevoli trasformati in cavie e quel il massacro a Sabra e Chatila per mettere in guardia chi provava a resistere.
Bengasi è avvisata anche se l’ultimo assedio (davvero l’ultimo) doveva essere Sarajevo, il più lungo della storia moderna: quattro interminabili anni. Si scioglie nel 1996. Le fiamme del suo parlamento illuminavano le tv d’Europa all’ora della cena mentre le cancellerie discutevano se intervenire o rassegnarsi alla deplorazione. Adesso il primo assedio del 2000 prova a soffocare il coraggio dei ragazzi di Bengasi, e nei palazzi lontani l’Europa ritrova il silenzio del non sporcarsi le mani. Ma un po’ bisogna sporcarsele altrimenti due miliardi di persone normali scappano dal voto ai loro capetti.
Spettatori indignati, umanisti in lacrime, ma quando gli ideali incontrano gli affari sono le borse a decidere se val la pena fare qualcosa oppure no. Il nostro ministro Frattini è la caricatura simbolo degli euro opportunisti decisi a rimandare e rimandare fino a quando la convenienza apra opportunità sicure. La mia generazione si è indignata per il cinismo delle frontiere svizzere: respingevano bambini ebrei che padri e madri affidavano ai treni della speranza in fuga verso l’Europa libera dal nazismo.
Ma il piccolo paese non sopportava l’invasione e per sopportarla invocava l’aiuto delle potenze lontane. Le diaspore degli Stati Uniti pagavano per ogni Anna Frank strappata ai campi di sterminio. Ma quando i soldi non arrivavano, i bambini non passavano il confine e finivano dove sono finite milioni di di persone. Appena la mia generazione si è accorta di un passato nel quale gli ideali naufragano negli interessi, ha giurato sui libri di scuola, nelle piazze e nelle camere della politica: mai più chi fugge dall’oppressione per salvare vita e dignità può essere trattato così. Ma erano solo i pensieri di una gioventù che la vita ha invecchiato nell’orribile esercizio del fare i conti per difendere il privilegio della normalità alla quale non intende rinunciare, succeda quel succeda fuori dalla porta dei casa. Normalità vuol dire rimettere in mare i profughi che scappano dalla prigione delle ingiustizie, fame, guerre, dittature. Non è un crimine che il pudore o prova a nascondere: è la virtù sbandierata dai ministri che salvano la patria. Macchina sicura di voti. Non importa se i profughi svaniscono nei deserti, lager di sabbia: le leggi del mercato sono queste. Negrieri e e xenofobi tutt’altro che in concorrenza.
La mia generazione è cresciuta con gli scheletri di Hiroshima. “Mai più”, insegnavano i maestri. “Mai più”, promettevano i partiti. Alla vigilia del primo fungo atomico in Giappone, Robert Oppenheimer, padre dell’ordigno, si sconsolava con terribili parole: “Sono diventato Morte, distruttore di mondi”. Lotterà fino alla disgrazia contro la bomba all’idrogeno che l’entusiasmo dei politici pretendeva. “Mai cadere nella trappola dell’energia nucleare per uso civile: le centrali sono il paravento costosissimo dietro il quale cresce l’onnipotenza militare”.
La mia generazione arriva stanca alla primavera 2011. Osserva il mondo che ha rovesciato la cultura nella quale erano cresciute le illusioni. Divisi dalle idiozie anche sui 150 anni d’ Italia. Povero Garibaldi svillaneggiato. Coi suoi Mille può salpare da Marsala per difendere Bengasi abbandonata dai mandarini delle furbizie.