La notizia che i beni sequestrati al camorrista Giuseppe Polverino e al suo clan, valgono 1 miliardo di euro, 300 milioni più di quelli sequestrati a Matteo Messina Denaro, non ha impressionato più di tanto. Anzi, è passata come un fatto di routine perchè nessuno, a cominciare dai responsabili della politica, la prende sul serio. Che lo Stato possa incamerare in tempi brevi soldi e beni non ci crede nessuno. Ma propio nessuno. Nemmeno in un momento in cui le casse dello Stato sono vuote. Anzi i più credono che si tratti di mera propaganda, e che di quei beni, fra pochi giorni, si perderà la memoria.
Vediamo prima di cosa si tratta e poi cerchiamo di capire perchè nonostante manchino i soldi per le cose essenziali, proprietà di un valore così enorme vengono considerate virtuali e si pensa che, in ogni caso, non saranno mai incamerate dallo Stato. Al punto che nei documenti di bilancio dello Stato le confische dei beni mafiosi non sono mai stati considerate nella voce entrate. Eppure negli anni spesso le voci di bilancio si sono dimostrate del tutto aleatorie e non hanno trovato riscontro nei consuntivi.
Giuseppe Polverino, che è riuscito a non farsi arrestare, mentre sono andati in galera 40 del suo clan e anche due candidati del centro destra al comune di Quarto, vive in Spagna dove ha costruito parte del suo impero tra Barcellona, Alicante e Malaga. In Italia ha i suoi uomini e i suoi prestanome che governano un impero fatto di tre Società di capitali che nel 2010 hanno dichiarato un fatturato di 18 miliardi di euro e che sono “Panificio Vostro Fornaio” SpA,”Centro Commerciale Volto Santo” e “Società Mari- Carni” srl, tutte operanti a Marano.
Ad esse si aggiungono: 106 terreni,175 appartamenti,19 ville,18 fabbricati di altro tipo, 141 tra box auto, negozi e magazzini, 43 società (capitali, cooperative, aziende agricole,supermercati, alberghi, ristoranti, bar, panifici, gioiellerie), 14 imprese individuali, 117 autovetture, 62 autocarri, 23 motocicli.
Un vero impero con un proprietario semisconosciuto, che vive in Spagna con la giovane moglie brasiliana e che quando i suoi uomini vanno a ossequiarlo li obbliga a giocare a carte e a perdere sempre.
Il pane, la carne e gli altri prodotti alimentari del clan riforniscono quasi tutti i supermercati della provincia di Napoli e hanno il monopolio assoluto a Pianura, quartiere di Napoli, a Marano e a Quarto. Chi ha provato a fare concorrenza ai Polverino è stato sconfitto e ha dovuto ritirarsi in buonordine.
Ma perchè ricchezze così enormi di cui il paese ha bisogno e che farebbero davvero comodo se fossero confiscate rapidamente, assegnate ai comuni e alle associazioni e vendute in pubbliche aste, rimangono in larga parte inutilizzate e, il più delle volte, per lo Stato divengono un peso?
La risposta è semplice: nonostante i beni delle mafie italiane, come ho già scritto più volte vengono valutati circa 1000 miliardi di euro, la collettività non ne beneficia più di tanto perchè:
- I governi dell’Italia repubblicana che si sono succeduti, non hanno mai fatto un piano economico e finanziario per incamerare soldi, titoli e beni e per utilizzarli al meglio. Anzi, è prevalsa la retorica dell’antimafia che ha distratto il paese dalle misure concrete.
- Le leggi vigenti non consentono di accelerare al massimo le confische che oggi si aggirano sul 5% del totale, anche se questo governo ha migliorato la legislazione;
- Confische rapide e certe richiedono magistrati e polizia giudiziaria molto competetenti e formati continuamemte,
- L’Agenzia per l’amministrazione e la confisca dei beni per funzionare al meglio necessita di personale adeguato e competente;
- Non bisogna avere paura di vendere beni mobili e immobili per il timore che la mafia se li possa ricomprare.
Elio Veltri, medico chirurgo, è stato sindaco di Pavia dal 1973 al 1980. Eletto alla Camera dei deputati nel 1997, ha partecipato alle commissioni antimafia, anticorruzione e giustizia. È portavoce dell'associazione "Democrazia e Legalità". Tra i suoi libri: "Milano degli scandali" (scritto con Gianni Barbacetto, 1991), "L'odore dei soldi" (scritto con Marco Travaglio, 2001), "Mafia pulita" (scritto insieme al magistrato Antonio Laudati, 2010).