ÉMILE ZOLA, LOURDES, trad. di M. Porro, Medusa
Nel 1891 Zola compie una breve visita a Lourdes, e ne è subito fortemente impressionato, “colpito e esterrefatto” di fronte allo spettacolo di quelle folle di “credenti allucinati”. Assiste all’arrivo dei malati: barellieri, pellegrini, ferrovieri, medici e innumerevoli malati (“anime semplici che la sofferenza rendeva infantili”. Ne descrive l’abbigliamento, i volti, le differenze di classe. Cerca di capire, di trovare un perché a quell’umanità derelitta. Visita la grotta delle apparizioni, le vasche in cui vengono immersi quegli esseri seminudi, piagati e piegati, la grotta di Bernadette. Parla con il dottor Boissarie, il medico che non cura nessuno ma che ha l’incarico di constatare le guarigioni, e con padre Lasserre, biografo della veggente. Come un antropologo, non cerca di spiegare il fenomeno, bensì il bisogno che l’uomo ha di un fenomeno simile. “Se le visioni di una ragazzina nervosa hanno fatto sbocciare una città dal suolo… è perché rispondevano all’immenso bisogno di meraviglioso che ci divora”…
CEES NOOTEBOOM, LE VOLPI VENGONO DI NOTTE, trad. di F. Ferrari, Iperborea
Nato all’Aja nel 1933, Nooteboom è considerato uno dei più importanti e originali scrittori europei. Romanziere, poeta, saggista, traduttore e grande viaggiatore, ha raccolto qui otto racconti “di viaggio” di rara bellezza e intensità. Un pellegrinaggio a Venezia in occasione di una mostra a Palazzo Grassi; un temporale a Torremolinos; la riviera ligure di Montale; la Spagna a fine settembre; una tartaruga in Sardegna; la desolata Punta Nati sull’isola di Minorca…Tutte occasioni per raccontare persone, animali, immagini, sensazioni, amori e nostalgie lontane. Otto racconti che paiono delicati acquerelli dove la luce, i colori, il buio, si alternano sulla tavolozza di una raffinata ed evocativa scrittura. Un ottimo inizio per conoscere un autore che con questo libro ha dato vita – come è stato scritto – a un “piccolo capolavoro che pochi altri scrittori contemporanei sarebbero in grado di realizzare”.
JOE RANDOLPH ACKERLEY, IL MIO CANE TULIP, trad. di G. Tuccini, Voland
L’autore, scomparso nel 1967, è stato per oltre vent’anni direttore artistico della rivista d’arte “The Listener”, oltre che scrittore, drammaturgo e cronista prolifico. E questo suo indimenticabile libro (che pubblicò per la prima volta nel ’56) è niente altro che una storia d’amore. Amore non per una persona – uomo o donna che sia – ma per un cane, per una femmina di pastore tedesco di nome Queenie (ribattezzata Tulip nel romanzo) che con lui condivise sedici anni e mezzo di vita. Chi non ha o non ha avuto un cane probabilmente non capirà questa storia che Christopher Isherwood definì essere “uno dei maggiori capolavori della letteratura sugli animali”. Forse non capirà come un essere peloso a quattro zampe – scomodo, ululante, a volte puzzolente, altre egoista, ma sempre “innamorato pazzo” – possa cambiarti la vita e, soprattutto, come possa cambiare anche te stesso, e profondamente. Tulip, scrive infatti Giona Tuccini nella sua bella postfazione, è “la chiave di accesso al ricco mondo interiore di Ackerley”. Dello stesso autore Voland ha anche pubblicato “Tutto il bene del mondo”.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.