Per non perdere altri uomini, per mettere d’accordo le correnti del Pd, per evitare che Di Pietro si lasci incantare da altri quaquaraquà. Per il Terzo Pol(l)o battaglia di retroguardia: stanno solo pensando a come tornare sani e salvi a Montecitorio. E il Cavaliere continua ad arruolare: fra gli onorevoli defezionisti c’è anche Cassano, defezionista della Sampdoria
Gianfranco PASQUINO – Vittoria di Berlusconi vittoria di Pirro? Bersani e gli altri devono rileggere la storia
20-12-2010Prima viene abbandona la perniciosissima illusione che la vittoria, numerica, di Berlusconi equivalga ad una vittoria di Pirro (e che, di conseguenza, la “sinistra” sia lanciata in una irresistibile marcia alla prossima conquista di Palazzo Chigi), meglio sarà. Dalle sue vittorie, Pirro usciva indebolito a causa delle perdite di uomini. Sembra, invece, è il caso di ricordarlo agli abilissimi strateghi del PD e dell’Italia dei Valori, che le perdite di parlamentari le hanno subite loro, e sono parecchie, alcune inaspettate. Tutte meritatissime, però, poiché quei parlamentari defezionisti erano stati da loro, vero, Di Pietro?, accuratamente selezionati e, vero, Veltroni, spettacolarmente reclutati. Nel frattempo, Berlusconi annuncia di avere ancora in corso la sua operazione di allargamento della maggioranza, cosa che, invece, a Pirro non poteva proprio riuscire. Insomma, nessuno, né nel Terzo Pollo né nel Partito Democratico e nell’Italia dei Valori, è in condizioni di pensare che numericamente Berlusconi ha vinto e politicamente, a futura memoria, hanno vinto (o, rebus sic stantibus, vinceranno) loro.
Quello che è sicuro è che non stanno preparando nessuna vittoria e non hanno messo in campo, per usare il loro politichese, nessuna iniziativa. Infatti, le sommatorie di sigle, esperienze, leadership, affrettate e confuse, come quella del Terzo Pollo, non costituiscono una iniziativa politica. Rappresentano soltanto una battaglia di retroguardia, difensiva, di gruppi dirigenti le cui truppe pensano soprattutto a come ritornare sane e salve nelle “caserme” di Montecitorio e di Palazzo Madama. Quel ritorno, lo sanno benissimo, glielo garantirà/ebbe in maniera molto più affidabile l’armata di Berlusconi. Naturalmente, i parlamentari “correntisti” di Veltroni e di D’Alema, un po’ meno quelli di Bersani, Bindi e Franceschini, qualche branda la troveranno comunque. Proprio per questo, però, nessuno di loro si muove e avanza proposte nel timore di essere scomunicato dal suo dirigente politico di riferimento. Basterà la oramai assolutamente eventuale sfiducia al ministro Bondi a ridare fiato alle opposizioni parlamentari? Non sarebbe il caso di fare un bel brainstorming per sfornare, non un illeggibile programma, ma qualche idea, poche, centrata su due o tre tematiche? Che fine ha fatto il confuso pensamento sulla riforma elettorale? Non sarebbe forse opportuno proporre a Berlusconi uno scambio decente: da un lato, il premio al Senato attribuito su scala nazionale; dall’altro, alzare la soglia percentuale per conseguirlo alla Camera oppure ridurre l’entità del premio? In che modo, se, come continua ad essere probabile, Berlusconi cercherà la resa dei conti elettorali prima di giugno, le opposizioni si aggregheranno oppure, semplicemente, si presenteranno al loro scorato elettorato? Dove sono le convergenze che legittimerebbero di fronte agli elettori (non certamente di fronte a quei troppi Cardinali politici che ritengono che la stabilità berlusconiana equivalga al buongoverno: o tempora o mores) accordi fra il Terzo Pollo e PD, Italia dei Valori e Sinistra e Libertà?
Come faranno Bersani, Di Pietro e Vendola a risolvere i loro conflitti? Con le primarie nazionali? E come riusciranno a spiegare che il loro anti-berlusconismo è di gran lunga superiore alle loro flagranti e roboanti differenze intestinali (sic)? Come e che cosa farà il segretario Bersani per giustificare la sua essenzialità di oppositore a Berlusconi se non dà inizia lui alla politica delle alleanze? Ripensando alle sue vittorie, ascoltando, a fatica, le esternazioni dei gen. Bersani, Di Pietro, Vendola e dei loro monotoni colonnelli, il sordo rumore dei rottamatori, il “non ci sto” (con nessuno) di Casini, vedendo che le loro truppe parlamentari rischiano ancora di assottigliarsi, Pirro sorride per quanto amaramente: le sue vittorie avevano qualcosa di più solido, comunque, di più tragico. Farsi sconfiggere da Scilipoti e Calearo è incomparabilmente peggio di una vittoria di Pirro. Sarà opportuno che l’armata Brancaleone degli oppositori del governo Berlusconi si dia alla lettura di qualche buon libro di storia, “ma anche” di qualche analisi politica, magari di quelle che irritano i brancaleonesi. Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
Gianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011). Ha appena pubblicato "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).