La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

Il Pd deve essere una sintesi, me lo hanno insegnato Moro, Bachelet, Elia e Scoppola: i cattolici che vogliono bene al Paese non scelgono sulla base dell'identità culturale, ma stanno con chi ha un progetto che fa bene alla nazione (elezione segreteria Pd, ottobre 2009)

Solo Bersani può salvare il Pd

30-12-2011

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Bersani a Bologna - Foto di Francesca MinonneAbbiamo bisogno di costruire un partito forte e radicato, popolare e non leaderistico. Ne ha bisogno il paese, dove la destra ha messo radici profonde e sta cambiando i connotati della nostra democrazia; dove la crisi economica – a cui il governo non dà risposte efficaci – rischia di esasperare le disuguaglianze sociali e territoriali, gli egoismi corporativi, le paure e le insicurezze delle famiglie. In questi tre mesi di campagna congressuale ho partecipato a centinaia di incontri per presentare in tutta Italia la mozione Bersani. È falsa l’immagine, che molti avversari ci vogliono cucire addosso, di un partito chiuso in se stesso, alle prese con scontate divisioni interne. Ho visto invece una bella discussione sui problemi del paese e un confronto vero, a volte aspro ma sempre salutare. Per me è un segnale, il più importante, che il Pd, malgrado gli errori e le sconfitte di questi due anni, è un progetto vitale che appassiona ancora e sul quale in tanti continuano a scommettere. Ma è un progetto da rilanciare.

A due anni dalle primarie del 2007 è arrivato il momento di definire il profilo e la funzione del Pd e completare davvero il processo costituente, cambiando passo. Altro che ritorno al passato! Sto con Bersani perché, come abbiamo scritto nella nostra mozione, bisogna ritrovare l’ispirazione originaria del Pd, non solo il nome dell’Ulivo, spesso usato come un logo pubblicitario, ma la sostanza di quella feconda innovazione che ha liberato e mescolato nuove energie e nuovi pensieri nella politica e nella società italiana.

Nel solco di quella intuizione il Pd deve diventare sul serio un partito plurale e laico, rispettoso delle differenze e capace di fare sintesi tra le diverse posizioni. Un partito aperto e davvero democratico, che fa leva sui militanti ma ascolta gli elettori e li fa contare. Un partito che rafforza il bipolarismo e la democrazia dell’alternanza.

Molti mi chiedono come mai ulivista e prodiana, cattolica democratica ho  scelto fin dall’inizio di sostenere un ex ds quando nella competizione c’è anche un ex popolare. La mia risposta è sempre la stessa: scommetto sulla contaminazione delle culture e nel Pd ci si sta da democratici e non da cattolici. I miei maestri, da  Aldo Moro a Vittorio Bachelet, da Leopoldo Elia a Pietro Scoppola, mi hanno insegnato che i cattolici che vogliono bene al paese non scelgono sulla base dell’identità culturale  ma stanno con chi ha un progetto che fa bene al paese.

Nella mozione Bersani questo progetto c’è. E c’è l’ambizione originaria del Pd, quella di restituire credibilità politica alla nostra capacità di governare il paese. Non ci basta l’opposizione ferma e intransigente, culturale e morale, al berlusconismo. L’opposizione non è la ragion d’essere del Pd. Siamo nati per essere una grande forza di governo e il compito prioritario è quello di mettere in campo un programma per l’Italia che affronti le sfide del nostro tempo: una iniqua distribuzione della ricchezza e la scarsa mobilità sociale che penalizza soprattutto i giovani e le donne. Il mercato del lavoro, la scuola e il sistema formativo, la cultura e i media, la piccola e la grande impresa, le politiche ambientali: tutto in Italia è bloccato e occorre liberare le energie migliori.

È fallito il modello neoliberista che ha esasperato la precarietà dei rapporti di lavoro e il fai da te, la ricerca del profitto per il profitto. C’è bisogno di rilanciare le politiche pubbliche per la salute e l’istruzione e rafforzare il sistema del welfare, puntare ad uno sviluppo economico che fa leva sulla dignità del lavoro, la qualità dell’ambiente e delle risorse umane che premi il merito e l’innovazione. C’è bisogno di riaffermare il valore della legalità e il rispetto delle regole contro una destra che riduce gli spazi di libertà, minaccia l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, mortifica il ruolo del parlamento. C’è bisogno di costruire un modello di convivenza multietnica e multiculturale, per affrontare in modo giusto il fenomeno dell’immigrazione, puntando all’integrazione e contrastando le paure e le pulsioni xenofobe alimentate dalla Lega.

Con un programma per l’Italia occorre anche ricostruire il campo di un nuovo centrosinistra alternativo alla destra. Il Pd deve pensare se stesso come partito unitario e al tempo stesso come fattore di unità del centrosinistra, come il motore e il timone di una seria alleanza riformatrice. Per questo bisogna cambiare il percorso avviato con la “nuova stagione” del Lingotto che pretendeva di mettere tra parentesi i quindici anni dell’Ulivo.

In un congresso si sceglie un segretario e una strategia ed è inevitabile tirare le somme di ciò che è stato fatto e fare un bilancio di questi ultimi due anni.
È stato disperso il patrimonio di oltre tre milioni di elettori delle primarie senza valorizzare gli iscritti col risultato di non avere né un partito solido né un partito liquido, con una debole democrazia interna senza luoghi di elaborazione e condivisione comuni, con una classe dirigente cooptata con le logiche di corrente. Abbiamo pagato a caro prezzo una interpretazione della “vocazione maggioritaria” che si è risolta in una “vocazione minoritaria”. La pretesa di “correre da soli” – che proprio soli non era – ha spianato la strada agli avversari di Prodi, il governo è caduto, abbiamo perso le elezioni politiche e poi le europee perdendo quattro milioni di voti in pochi mesi.

Abbiamo avuto un’opposizione altalenante e non ci siamo distinti con l’energia necessaria. Questi errori vanno corretti. Non può farlo Franceschini che di Veltroni ha condiviso ogni scelte. Vogliamo costruire il futuro e per questo dobbiamo cambiare strada.

Rosy BindiPolitica italiana, attuale presidente del Partito Democratico e vicepresidente della Camera dei deputati.
 

Commenti

  1. Edo Melzi

    Come non essere d’accordo?
    Non tanto e non solo sulla scelta di Bersani, su cui le opinioni possono essere varie e diversificate, quanto sulle radici del cattolicesimo democratico a cui Rosy Bindi si riferisce.
    L’idea del PD come partito che mischia e contamina culture e riferimenti diversi con l’obiettivo di costruire il bene del Paese, è forse l’unica idea politica originale e innovativa degli ultimi anni.
    Idea peraltro che, per i cristiani, ha saldi fondamenti teologici e biblici: il Vangelo è uno straordinario esempio di valorizzazione della diversità e gli incontri di Gesù avvengono con le persone più disparate per storia personale e formazione.
    Rosy Bindi centra il bersaglio; mi sembra l’unico modo per battere il cattolicesimo conservatore e affarista di cui Comunione e Liberazione rappresenta la realizzazione più compiuta: politica intesa come occasione per far prevalere i propri interessi e quelli del proprio movimento. Legame organico con la destra berlusconiana che è la negazione vivente del cattolicesimo democratico.
    Le riflessioni di Rosy sono e rappresentano l’alternativa: in cui anch’io credo e spero si possa realizzare.

  2. piero deola

    Se la nullità Bersani dovrebbe salvare il PD è proprio vero che la sinistra italiana è defunta e non più recuperabile. Mi spiace dover constatare che anche Bindi possiede una dimensione cerebrale da adibire a opere di bene.
    Voi,imbecilli riuniti,ci state portando nel baratro con l’aiuto di un Presidente della Repubblica bisognoso di cure geriatriche con estrema urgenza.

  3. eva maio

    Non ho voto Pd. L’ho votato una sola volta.
    Ma ne seguo ogni tanto le vicende perchè, almeno a parole, è il maggior partito non di destra.
    La Bindi non mi dispiace. Mi sembra una persona, non un’immagine o qualcuno che si nasconde dietro il ruolo. E l’aver mantenuto l’autenticità, dentro il teatrino della politca italiana, è un onore, una gran bella cosa.
    Ciò che non mi convince di quell’ecumene pluralista, di cui parla la Bindi, è che a parole può avere un certo fascino, ma per chi guarda le cose e le persone e soprattutto le scelte e le non scelte di quel partito, risulta un viscidume un po’ irritante.

    Non per purismo, ma per onestà intellettuale, occorre avere una certa limpidezza di prospettive iniziali. Poi, solo dopo, nell’incontro con altre forze, si addiviene ad inevitabili mediazioni.

    Prendo un solo esempio. A me sembra una grande furberia – che non da frutti – tenere insieme contemporaneamente le idee di Ichino e quelle di Fassina.
    Questi tatticismi rendono il Pd confuso sul piano delle idee, e dal punto di vista etico – se vale ancora l’etica – di una poco nobile falsità.

    E poi, a quando una sana e profonda autocritica dell’innamoramento per 15 anni del liberismo alla Blair?
    Cordialmente, buon 2012.

  4. Marcello Vigli

    Non entro nel merito delle questioni interne al Partito democraico, mi limito a condividere quanto l’onorevole Bindi scrive sul rapporto dei cattolici con la politica. Questa sua opinione, sostenuta dalla sua apprezzabile e apprezzata testimonianza, è particolarmente rilevante in un temppo in cui stanno ri-partendo le grandi manovre per riproporre i “cattolici” come soggetto politico. Mi sembra, invece, che in un Paese ancora condizionato da questo forte condizionamento confessionale, che sollecita e legittima la presenza di altre spinte identitarie, non siano adeguati il bipolarismo e la democrazia dell’alternanza.Molto meglio un sistema proporzionale con correttivi che non ne snaturino la funzione di garantire rapprentanza istituzionale a forze significative presenti nela società

  5. G. Baggi

    Pur avendo militato sempre nella sinistra (ora non so più a quale sinistra aderire, sempre che ne esista ancora una), ho sempre apprezzato e stimato la Rosy e ne condivido anche questo scritto ma vorrei chiederle: cosa ne facciamo dei tanti feudatari o capi bastone a livello territoriale, che in campagna elettorale sono assaliti dalla sindrome camaleontica e che si muovono solo se direttamente interessati? Sono questi personaggi che fanno perdere voti e credibilità al partito e i consensi che si acquistano, non li si acquistano per meriti di partito, ma perché li perde il B.. Mi auguro e aspetto da lei quel repulisti che, quale commissaria, fu capace di fare nella DC veneta dove non guardò in faccia nessuno e fece fuori potentissimi ministri, sottosegretari o ex tali i cui nomi sparirono dall’agone politico italiano.

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