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In persone nate cieche le regioni dell'encefalo che di solito sono deputate alla visione possono variare il loro modo di agire e andare in supporto al linguaggio. Uno studio dimostra come

Il cervello non è preconfezionato, cambia funzione a seconda dei bisogni

10-03-2011

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Il meccanismo della visioneAlcuni ricercatori del Dipartimento di Neurologia della Harvard Medical School e del Beth Israel Deaconess Medical Center, già nel 2005 studiarono il cervello di individui ciechi, relativamente all’ipotesi, non così remota, che in questi individui potessero svilupparsi cambiamenti funzionali a livello cerebrale in risposta alle diverse richieste ambientali afferenti ed efferenti. Dagli studi emerse che le regioni del cervello, normalmente associate ai processi di elaborazione visiva, subivano cambiamenti importanti in risposta alla cecità. I cambiamenti osservati sembravano interessare non solamente gli altri sensi, ma anche funzioni cognitive superiori, come il linguaggio e la memoria.

Partendo dal presupposto oramai consolidato che il cervello sia in grado di presentare un notevole cambiamento dinamico e di adattamento per tutto il corso della vita, vennero sottoposte allo studio persone con malattie e/o lesioni alla vista, oppure sottoposte a sperimentale deprivazione visiva (ad esempio bendaggio prolungato), si cercavano cambiamenti cerebrali adattativi e si indagavano le conseguenze comportamentali in risposta alle variazioni di input sensoriali. Lo studio, applicabile anche ad altre situazioni legate a varianti sensoriali, quali i danni all’orecchio, avrebbe potuto fornire ottimi spunti orientati a migliorare la riabilitazione e/o la predisposizione di apparecchiature sostitutive e/o di supporto.

Oggi uno studio di neuroscienziati del MIT, apparso negli Atti della National Academy of Sciences nell’ultima settimana di febbraio 2011, del quale ci informa Anne Trafton, MIT News Office, dimostra che in individui nati ciechi, parti della corteccia visiva intervengono nel processo di elaborazione del linguaggio.
La scoperta suggerisce che la corteccia visiva può cambiare drasticamente la sua funzione passando dalla elaborazione visiva al linguaggio. Questa osservazione va in qualche modo a scalfire l’idea che l’elaborazione del linguaggio possa avvenire solo nelle regioni del cervello altamente specializzate, geneticamente programmate per le attività linguistiche.

Propriocezione

Marina Bedny (Department of Brain and Cognitive Sciences) dice: “il cervello non è un preconfezionato, non si sviluppa solamente seguendo una traiettoria fissa, è più adeguato considerarlo una sorta di kit strumentale di auto-costruzione, processo di costruzione profondamente influenzato dalle esperienze di vita”.
La scienza ci insegna che nel cervello vi sono due aree specializzate (conosciute come zone di Broca e di Wernicke) coinvolte nell’elaborazione e nella comprensione del linguaggio e tra di loro interconnesse dal fascicolo arcuato. Si presuppone che queste aree abbiano proprietà intrinseche e specifiche al linguaggio cui sono destinate, come una precisa disposizione interna delle cellule e connessioni altamente specializzate con altre regioni del cervello.

Altre funzioni, quali la vista e l’udito, hanno distinti e specifici centri di elaborazione cerebrale nella corteccia sensoriale, tuttavia gli studi confermano una certa flessibilità nell’attribuzione delle funzioni cerebrali. In passato sono stati eseguiti studi su animali presso i laboratori di Mriganka Sur, e si è dimostrato che le regioni del cervello deputate ad attività sensoriale potevano subire una sorta di mutamento funzionale se sottoposte ad un variazione degli input chirurgicamente indotta nei primi anni di vita. Per fare un esempio collegando gli occhi alla corteccia uditiva si può provocare un cambiamento in quella regione del cervello, tanto da elaborare le immagini al posto dei suoni.

Aree Broca e WernickeStudi precedenti effettuati su non vedenti avevano evidenziato una certa attività nella corteccia visiva sinistra nel corso di alcuni compiti verbali, come la lettura Braille, ma non si era dimostrato che questo potesse significare un’azione di elaborazione del linguaggio vera e propria. Bedney e colleghi hanno dimostrato che nelle persone cieche le regioni cerebrali deputate alla visione possono essere coinvolte in complessi compiti linguistici, come l’elaborazione della struttura della frase e l’analisi dei significati delle parole. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale si è visto che in individui non vedenti le regioni del cervello visivo si mostravano sensibili alla struttura della frase e ai significati delle parole esattamente come accadeva nelle aree del linguaggio (Broca e Wernicke). “Ciò suggerisce che la funzione intrinseca di una zona del cervello è definita solo vagamente e che l’esperienza può avere davvero un grande impatto sulla funzione delle aree cerebrali” dice Bedney che, però, completa:

Non abbiamo dimostrato che ogni possibile azione relativa al linguaggio può essere sostenuta da questa parte del cervello (la corteccia visiva). Suggerisce solo che una parte del cervello può partecipare nell’elaborazione del linguaggio, al di là del processo evolutivo intrinseco.

Immagine risonanza magnetica funzionaleRimane una domanda alla quale è difficile dare risposta, in quanto non si capisce il perché la corteccia visiva vada incontro ad un cambiamento che la porta ad acquisire altre funzioni, come quella dell’elaborazione del linguaggio, visto che nei ciechi le aree deputate a tale funzione sono integre. Secondo Bedney si potrebbe fare risalire ad una sorta di ridistribuzione delle attività cerebrali in relazione alle necessità emergenti durante lo sviluppo fisiologico del cervello, come se la dinamica di sviluppo cambiasse nella sua interezza.

É possibile che questa ridistribuzione delle attività cerebrali possa avvantaggiare le persone non vedenti nell’approccio al linguaggio. I ricercatori stanno progettando uno studio nel corso del quale si intende valutare se effettivamente le persone cieche possano avere un rendimento migliore se impegnate in compiti linguistici complessi e, allo scopo di valutare con maggiore precisione il ruolo della corteccia visiva nell’elaborazione del linguaggio, si stanno studiando i bambini ciechi per capire quando, durante lo sviluppo della corteccia visiva, inizia l’elaborazione del linguaggio.

Note di approfondimento

Luisa BarbieriLaureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati. Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico. Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
 

Commenti

  1. Giovanna Arrico

    Di certo aspetteremo l’avanzamento dello studio in essere, ma credo che la prospettiva di un maggiore impegno in compiti linguistici complessi possa aiutare a sviluppare ogni senso dell’uomo, soprattutto ad aumentarne il rendimento nel caso uno di essi ne venga a mancare. L’individuo in questo caso non vedente credo possa arrivare a “vedere” con un altro senso a sua disposizione se usato in maniera corretta. La voglia di sentirsi “normali” a volte fa “miracoli”.

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