La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

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Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Spero sia solo un’impressione sbagliata. Come nelle primavere africane la campagna elettorale corre sul tam tam del web, spontanea, incalzante: "Quattro sì per dire no" in ogni bacheca di Facebook. Ma spunta un sospetto: si parla del referendum per dire che bisogna votare per rimuovere leggi ingiuste oppure stare zitti. Se fosse così i risultati politici sull'impegno della nuova generazione sarebbero magri. La disinformazione resta il male oscuro. Una battaglia unisce i più preparati: la possibilità di partecipare alla scelta anche per gli universitari fuori sede quindi lontani dagli elenchi elettorali di casa

Referendum – I giovani alle urne: tutti votano “sì”, non tutti sanno perché

09-06-2011

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Diciamolo a tutti - Immagine di GeomangioIl web è in piena frenesia; tema: il referendum. E se il tamtam è in rete, significa che l’impulso che lo anima è essenzialmente giovanile. Sui social network è piena campagna elettorale, una campagna singolare e singola, dato che il candidato sembra sia soltanto uno, o meglio dire quattro. Sono i “4 Sì” che riempiono le immagini e le bacheche dei ragazzi su facebook. Una scelta politica che però puzza molto di moda, di conformismo. È difficile, infatti, poter credere che assolutamente nessuno abbia intenzione di votare per il No almeno in uno dei quattro quesiti; c’è come la sensazione che se si parli del referendum lo si faccia solo per di che “bisogna” votare per il sì, o altrimenti meglio star zitti. Gli esiti di una tale campagna, non in termini di risultati politici ma di crescita di una futura generazione responsabile, sono due ed ugualmente gravi: omologazione e disinformazione.

Le paure di Tocqueville di un assolutismo della maggioranza capace di schiacciare lo spirito di chiunque la pensi diversamente, sono oggi più concrete che mai. I social network ingigantiscono le idee, giuste o sbagliate che siano, e le trasformano in dettami, diffondendole con un ritmo ed una potenza disarmanti. Basta poco per creare un sentimento politico e per trasformarlo in movimento concreto; è il caso attualissimo della primavera araba e degli indignados spagnoli. È il caso, più in piccolo, anche del prossimo referendum, che almeno sul web appare già segnato da quei “4 Sì x dire No”, una formula che di per sé suscita l’idea di un governo che “vuole fregarci, ma noi lo fregheremo”. “4 Sì: è così che bisogna votare”, è un’altra frase ricorrente in rete, dove quel “bisogna” suscita un positivo richiamo alla necessità di partecipazione attiva, ma anche un’implicita e terrificante volontà di dire agli altri come è più giusto votare. E se qualcuno si sente in diritto di poter dire a qualcun altro che opinione assumere, è segno che questo qualcun altro non ne ha già una sua.

La causa non può che essere l’ignoranza in materia, la mancanza di informazioni sufficienti per poter liberamente compiere una scelta. “Il referendum sul nucleare”, è questo l’appellativo con cui viene indicata la prossima chiamata alle urne, un appellativo che di per sé porta il sospetto di una conoscenza parziale o quantomeno sommaria dell’argomento. Chiedere ai giovani toglie il sospetto e lo trasforma in certezza: «Il referendum è sul nucleare e sull’acqua pubblica – sostiene Valentina, studentessa in lingue – e occorre votare sì per dire no al nucleare e all’acqua privata». Da sola quest’affermazione racchiude tutta la sconcertante opinione che una grande maggioranza di giovani ha sul referendum. La domanda successiva, naturale, è come mai allora occorrerebbero quattro sì per due temi, ma qui al posto delle pronte risposte arrivano i farfugliamenti. Giuseppe, stagista, ha la risposta: «Sono due quesiti sull’acqua, uno sul nucleare e uno sulle leggi per Berlusconi». Certamente qualche conoscenza in più, ma non si può dire che il livello sia elevato. Se poi, parlando di acqua, si allarga il tema alle privatizzazioni in Italia, fatto salvo per pochi studenti di economia, ci si inabissa.

Il paradosso è che invece questa stessa moltitudine di ragazzi sia preparatissima sulle modalità del voto; su facebook da qualche giorno circola questo messaggio-leggenda: “Attenzione ragazzi! Al referendum del 12 giugno NON bisogna sovrapporre le schede! La carta sarà carta carbone e se si sovrappongono le schede mentre si segna la prima, rimarrà marcata anche la seconda e si invaliderà il referendum! Fate girare e diffondete il più possibile che manca poco e bisogna informare più gente possibile!! Ce la possiamo fare!!!” La chiusura, con quel “ce la possiamo fare” dà ancora il senso della lotta di Davide contro Golia.

Pochi, anzi pochissimi sanno motivare concretamente il perché di quei quattro sì che di per sé potrebbero essere la migliore delle scelte politiche ma che se privi di una coscienza critica perdono di significato. Parziale eccezione a questo blackout è Danilo, ma c’è poco da stupirsi giacché è studente d’ingegneria nucleare, e che almeno su uno dei quattro quesiti non può che avere un’opinione ben definita: «I moderni sistemi delle centrali di ultima generazione garantiscono sicurezza praticamente assoluta. Eppure io non sono favorevole al nucleare in Italia: c’è il problema delle scorie e poi so che da noi qualcuno ci mangerebbe sopra; ci sarà sempre un furbo che non farà per bene il suo dovere, e col nucleare non si scherza». La società dei magnaccioni colpisce ancora. Il massimo dell’informazione che si riesce a spremere dal connubio web-ragazzi si trova su qualche blog curato da giovani che masticano di politica, e che per motivare la scelta che faranno alle urne – e persuadere a seguirli -, spiegano nel dettaglio tutte le macchinazioni del governo per indirizzare il voto. Informazioni più di natura politica che funzionali ad una scelta.

Ciò che occorre evitare è che si scopra solo al seggio per cosa si sta votando, o peggio ancora solo dopo aver segnato le schede. La colpa di questa possibile – e probabile – situazione, come sempre accade, non è unilaterale: alla maggioranza dei giovani va l’accusa di non essersi documentata a dovere e, in una società informatizzata come la nostra, una tale pigrizia non è accettabile; al governo spetta la responsabilità di non aver educato a sufficienza, ma di questa macchia nessuno a Palazzo Chigi si è mai nascosto, dichiarando esplicitamente la volontà di non “influenzare” il voto; una non-influenza che, di fatto, tiene all’oscuro e condiziona.

La vera campagna, la vera sensibilizzazione per i giovani non dovrebbe scegliere per loro cosa votare, ma dovrebbe semplicemente spingerli ad una maggiore attenzione e partecipazione, in pratica semplicemente “al voto”. In tal senso sono più che lodevoli i movimenti di studenti universitari fuorisede che si sono battuti affinché anche chi non risiede nella propria regione d’origine abbia il diritto di poter manifestare il proprio pensiero.

Votare è un diritto e un dovere – e questo lo sanno anche i muri – ma per farlo occorre avere le idee abbastanza chiare da poter scegliere con criterio, per mettere quei due segni incrociati di matita che esprimono la volontà del cittadino, la sua coscienza critica.

Fabio ManentiFabio Manenti, siciliano di Ragusa. Dottore in Lettere e studente di giornalismo e cultura editoriale presso l'Università di Parma.
 

Commenti

  1. … e lei, caro Manenti, lo sa per cosa si voti? FA un’ampia disamina critica di quelli, che con una malcelata vena di supponenza, definisce ignoranti (nel senso di mancata conoscenza), senza però addentrarsi in quelle che, a suo giudizio, dovrebbero essere le ragioni critiche di scelta. E’ un bacchettare per il solo gusto di farlo. Inoltre parla di “scelta politica” da esercitare attraverso il voto, ma questo E’ un REFERENDUM abrogativo, che nulla, salvo per il quarto quesito, ha di politico (partitico), salvo intenderlo come scelta di “polis”, ossia di cittadini.
    Alla fin fine sa cosa le dico? Meglio, in quest’occasione, quattro si “ignoranti”, con la possibilità di conoscere meglio in seguito, che il rischio di non raggiungimento d’un difficile quorum.
    Parliamo di salute e diritti. Non si scherza!

  2. marialuisa paroni

    Sono d’accordo col commento precedente; lo spirito generale dell’articolo, sembra suggerire che se qualcuno scoprisse cosa ha votato, dopo aver votato, potrebbe pentirsene per non essersi informato prima: ma di che diavolo dovrebbe pentirsi?!
    Di non aver consegnato anche un bene comune come l’acqua alle multiutilities (leggi: società private che gestiscono privatamente i servizi idrici, di fatto speculando sui cittadini e specialmente sulle fasce più deboli) perchè soddisfino gli azionisti a spese della collettività privatizzando gli utili e socializzando le perdite?
    Oppure di non aver acconsentito a costruire centrali nucleari su un territorio altamente sismico, con un forte dissesto idrogeologico, scarsamente competente, smaccatamente consegnato alla criminalità organizzata e drammaticamente privo di uranio (e materie prime correlate) nonchè ancora privo di un deposito nazionale per le scorie e con scarsità di mezzi finanziari adeguati per costruirle, dismetterle ecc…vuole altre motivazioni?
    Nell’era dell’informazione “mordi e fuggi”, chi vuole gli approfondimenti li può trovare dove e quando vuole e mi sembra arrogante presupporre che tutti i giovani ignorino le ragioni sottostanti ai referendum, ma nel frattempo è necessario trovare uno slogan efficace per far passare il messaggio il più velocemente possibile al maggior numero di persone…semmai è molto più deprecabile il comportamento di chi fa di tutto per ostacolare la corretta informazione o per manipolarla pro domo sua…benvenuta la rete che supplisce al colpevole oscuramento degli altri mezzi di informazione…

  3. Fabio Manenti

    Quando scrivo “La vera campagna, la vera sensibilizzazione per i giovani non dovrebbe scegliere per loro cosa votare, ma dovrebbe semplicemente spingerli ad una maggiore attenzione e partecipazione, in pratica semplicemente “al voto”” non credo di andare contro al “raggiungimento di un difficile quorum”.
    Non era “un bacchettare per il solo gusto di farlo”, ma uno spronare. Spronare laureandi a conoscere quantomeno i 4 quesiti per i quali andranno a votare Sì, spronare diciottenni freschi di carta elettorale a non scegliere il loro voto in base a ciò che dicono gli amici di facebook. Ovviamente questo non vale per tutti i ragazzi, ed infatti più volte specifico che parlo di “maggioranza dei giovani”. Non mi sento così arrogante nel presupporre “che tutti i giovani ignorino le ragioni sottostanti ai referendum” semplicemente perché non lo faccio. L’accusa che muovo io è “di non essersi documentati a dovere e, in una società informatizzata come la nostra, una tale pigrizia non è accettabile” proprio perché “chi vuole gli approfondimenti li può trovare dove e quando vuole”, come suggerisce Marialuisa. Penso sia grave che ci sia tutta questa disinformazione. Così come penso, se il caro Falconieri permette, di sapere per cosa voterò.
    E se non mi addentro nelle ragioni critiche della scelta è unicamente perché non era quello il fine dell’articolo. Sono rimasto davvero deluso dal grande numero di ragazzi con cui ho parlato e dalle ridottissime ragioni con cui motivavano la loro scelta. Probabilmente giusta, ma che così, a parer mio, risulterà vuota.
    Credo, e di questo sono più che convinto, che sia assurdo criticare “gli italiani” dopo che hanno votato abbindolati dalle tv, e non fare altrettanto in questa circostanza, quando si è ancora in tempo per documentarsi un po’, anzichè preferire “in quest’occasione, quattro si “ignoranti””.
    Parliamo della generazione che tra qualche anno condurrà il Paese. Nemmeno su questo si dovrebbe scherzare.

  4. Mauro Matteucci

    Se i giovani del Maghreb si rivoltano, i nostri giovani hanno come unico modo di far sentire la loro voce, quella di dire 4 Sì che in pratica sono un NO a un paese fatto per vecchi, che vogliono arraffare tutto, lasciando loro le briciole, purché le chiedano come elemosina. Ho 65 anni, ma sono con loro,forse disinformati, ma che hanno tutto il diritto a un futuro loro negato. Quella di domenica sarà soprattutto una loro vittoria!

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