La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

di

È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

di

L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

di

Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

di

Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

Caritas pessimista: l’Italia è un paese che sta bene al buio

07-08-2009

di

caritasPiù efficiente di una serie di ministeri. Più economica (vive di volontariato) di tutti gli enti assistenziali pubblici. Più radicata nel territorio della Lega, nel Nord. Più moderna delle antiche case del popolo nelle ex regioni rosse del Centro.  Con una rete capillare anche nel Sud. Stiamo parlando di Caritas Italia: 220  associazioni diocesane, 600 tra direttori e responsabili. Una potenza nazionale? Molto di più. E’ una delle filiali della multinazionale della solidarietà: Caritas Internazionale. Una domanda di fondo: una potenza funzionale al sistema, meccanismo di sutura, anestetico della crisi? La risposta di don Ciotti è chiara: meno assistenzialismo e più giustizia.

A che punto è la notte?

Settembre nero. Si prevede che molte aziende chiuderanno le porte ad agosto. Per le ferie. Ma non le riapriranno più. La crisi vera, con punte drammatiche, inizierà a settembre prossimo, quando cominceranno ad esaurirsi gli effetti degli ammortizzatori sociali, terminerà la cassa integrazione e molti nuovi disoccupati si aggiungeranno agli antichi e all’esercito dei precari.

Autunno di possibili tensioni e conflitti, con aumento dei prezzi, sfratti, perdita di posti di lavoro di immigrati che diventano automaticamente “clandestini”, ronde, il freddo alle porte per i terremotati in Abruzzo, disagio giovanile, pensionati che non riescono a comprarsi gli alimenti e a pagare le bollette..

La Caritas gioca in anticipo; si è preparata alla tempesta annunciata con il suo  33° convegno nazionale, giugno, Lingotto di Torino, e analizza i fenomeni di vecchia  e nuova povertà per “discernere” azioni e proposte di impegno di fronte alla crisi economica. Con cardinali e vescovi, sono presenti sociologi di prestigio, sindacalisti, educatori e specialisti in comunicazione di massa. I temi della crisi, delle politiche migratorie, del rapporto guerre-povertà-ambiente, delle prospettive del volontariato, del rapporto economia-bene comune-stili di vita e delle periferie urbane, sono stati approfonditi in 6 assemblee tematiche.

Quando parla di crisi, Berlusconi “anatra zoppa” è ottimista. La Caritas, no. E lo spiega con una relazione dettagliata, aggiornata al 17 giugno. Quindici milioni di italiani a rischio povertà, con 600 euro al mese o poco più per tirare avanti: il doppio dei poveri «ufficiali», considerando i sette milioni e mezzo di persone che stanno appena al di sopra della soglia, specie tra le famiglie con almeno tre figli o un disabile in casa. Forti probabilità di un aumento delle situazioni di difficoltà.

Nel documento di questo organismo voluto da Paolo VI nel 1971, si legge che «un po’ in tutta Italia, la crisi economico-finanziaria sta intaccando il capitale sociale e le prospettive di futuro delle famiglie del ceto medio. Le fasce più deboli della popolazione avvertono un evidente deterioramento delle proprie condizioni, anche perché le difficoltà di bilancio degli enti locali stanno determinando una contrazione o eliminazione di alcuni servizi sociali essenziali, con la conseguente sofferenza delle famiglie».

I più inguaiati, oltre ai pensionati, sono i componenti delle “famiglie a  monoreddito, con figli minori a carico, aggravate da debiti per l’asilo nido, le rette e le mense scolastiche, le utenze energetiche eccetera »; quelle disgregate «con genitori separati che non riescono a pagare l’assegno stabilito dal giudice per i figli»; i nuclei familiari «con redditi al limite della sopravvivenza »; gli operai oltre i cinquant’anni finiti in mobilità; i piccoli artigiani; le famiglie che dipendono da contratti a termine; e quelle di immigrati «con capofamiglia a tempo determinato o stagionale, non più rinnovato regolarmente ma riassunto in nero».

A tutti costoro si aggiunge un ceto medio in difficoltà crescente, specie «al Centro e al Sud». Di qui le iniziative delle Caritas italiane che si sono moltiplicate in questi mesi — microcredito, fondi per le famiglie, empori solidali, aiuti per trovare lavoro e casa — e la stessa «colletta nazionale» di Pentecoste voluta dalla Cei per creare un fondo di garanzia da 30 milioni a sostegno delle famiglie numerose e in difficoltà. Tutte cose che si sommano agli aiuti ai terremotati in Abruzzo.

Quanto ai provvedimenti anticrisi del governo, Caritas esprime una riserva dal momento non si è ancora in grado di dare una valutazione, anche perché  «si tratta spesso di palliativi, non mirati alle categorie più bisognose». Senza contare che «la complessità delle procedure di richiesta tende ad escludere i soggetti emarginati, privi di un sostegno informativo e di accompagnamento». Infine, «l’arrivo a pioggia di contributi economici rischia di finanziare spese superflue» e «rimane unanime la richiesta di ampliamento degli strumenti di sostegno al reddito, ovvero gli ammortizzatori sociali».

“Quanto manca alla notte?”. Ci vorrà molto prima di uscire dalla crisi, risponde spietatamente Ilvo Diamanti agli operatori della Caritas. “L’Italia è attualmente un Paese che sta bene al buio, che non ama il giorno, perché è attualmente attanagliato dall’insicurezza e dalla sfiducia. Sono questi due sentimenti sociali ma anche orientamenti politici e pubblici, anche perché oggi essere buoni non è più di moda”. Da un lato, ha precisato, “riflettono la paura dell’altro: dello straniero, ma anche delle persone vicine a noi e delle istituzioni”. Dall’altro, “la sfiducia – insieme all’insicurezza- minimizza e inibisce il futuro”.

Secondo il noto sociologo, questi due fattori son enfatizzati da quattro ragioni: “la scomparsa del “prossimo” e la desertificazione sociale e ambientale; la sostituzione dei rapporti diretti con la comunicazione tecnologica, ad esempio tramite l’uso eccessivo dei social network; la mediatizzazione e la personalizzazione della politica, che favoriscono una sorta di populismo mediatico; la riproduzione artificiale della sfiducia e dell’insicurezza, per interessi politici”.

La gestione dei due aspetti del bisogno è potere

Se la notte è ancora buia, paradossalmente radiosa è la potenzialità espansiva di Caritas. Infatti, inversamente proporzionale al deteriorarsi della crisi, aumenta il dispiegarsi dell’opera di questo organismo ecclesiale, le cui sedi hanno registrato un aumento medio del 20% delle richieste di aiuto, con un incremento significativo di italiani. Succede dappertutto: da Potenza, dove la Caritas sosteneva 836 famiglie povere e in un anno è passata a 1020 (più 22 %) a Como, che ha contato 26 mila pasti serviti a bisognosi, più 17%. A Treviso gli italiani che chiedono alla Caritas un sostegno alle spese o anche un cestino di cibo sono passati dal 17 al 22% delle persone aiutate mentre a Termoli-Larino, in Molise, sono saliti dal 42 al 59%.
Su tutto il piano nazionale, sono 121 iniziative promosse per i nuovi poveri. I finanziamenti vengono dalla destinazione del 5% delle dichiarazione dei redditi, da apporti (deducibili) di privati e di imprese, da banche (v. Banca Etica) e casse di risparmio, da enti pubblici che appoggiano i progetti di cooperazione decentrata.

Una Caritas-tipo, cioè di un capoluogo provinciale (sui 120-200 mila abitanti) opera su vari fronti: sull’area internazionale, nei casi di emergenze umanitarie e nei sostegni a distanza di Caritas locali, adozioni, interventi sanitari ed educativi.

Sull’area nazionale, per esempio, in favore dei terremotati abruzzesi. E sull’area provinciale, con una serie di “servizi-segno”, cioè di iniziative miranti a sollecitare l’attenzione dello Stato su disagi emergenti come: carcere, persone immigrate e nomadi, problematiche mentali, persone disabili, anziani, centri diurni e notturni, mense per poveri e senza alloggio, servizio civile per giovani dislocati in tanti servizi, spazio studenti, turismo responsabile, centri di ascolto e sportelli specifici (microcredito, antiusura, esperienza del lutto, agenzia casa, consulenza legale, familiare, di coppia; sostegno psicologico, dipendenze, problemi scolastici), donne-violenza-sfruttamento, monitoraggio della solitudine. Manca qualcosa? Certamente sì.

Oltre a ciò che gestisce in proprio, Caritas rappresenta un collant  che favorisce la sinergia di istituzioni e di enti tra loro conflittuali. Dirige, partecipa, aderisce o patrocina ad attività con CGIL, CISL, UIL, ACLI, ARCI, Legambiente, Direzioni scolastiche, amministrazioni comunali, provinciali e governi regionali, centri studi statistici, masters universitari, Onlus, cooperative, ONG, associazioni di vario tipo, giornali e riviste, radio e televisioni locali.

Il tutto, grazie più al prestigio morale che agli apporti finanziari. Più alla tempestività degli interventi, che al fatto che sia stato verificato l’efficacia degli stessi.

Infatti il “progettismo”, cioè la realizzazione a pioggia di azioni, è un serio pericolo, denunciato da vari partecipanti al convegno del Lingotto. A loro giudizio, il “progettismo” non risponde alla vocazione di fondo ma alla sottile tentazione diabolica di onnipotenza, alla dispersione dell’attivismo e alla fatuità del presenzialismo di facciata, che non giungono a incidere nelle cause del disagio sociale.

Vediamo l’organizzazione. Una sede diocesana (che fa riferimento ai gangli della Caritas regionale, di quella nazionale e di quella internazionale in una rete fluida – a cascata- di informazione e formazione su linee comuni e interventi mirati), è il ganglio di una nuova cascata che irrora ogni rigagnolo del territorio. E’ il punto di riferimento di tutte le parrocchie, articolate in vicariati dove funzionano – in scala minore- servizi Caritas locali e dove vengono ripetuti i corsi di formazione permanente, educazione alla mondialità e globalizzazione dei diritti. In ogni parrocchia, poi funzionano – in scala mignon- varie associazioni educative, sportive, azione cattolica, scout, gruppi anziani, pro-loco, organizzatori di collette di viveri, vestiti, soldi, ecc.

Caritas, una rete perfetta e ben oliata per servire l’Italia che ha bisogno. Il bisogno di migliaia e migliaia di persone – cittadini italiani e provenienti da altri paesi- che sono in gravi difficoltà.

Il bisogno di centinaia e centinaia di persone di tutte le età, ceti sociali e gradi di istruzione, che sentono la necessità e hanno il merito di fare volontariato (per mille rispettabilissime ragioni loro, per scelta etica, per disponibilità di tempo, per capacità professionali, per motivazioni psicanalitiche, non importa in questo momento).

La gestione dei due aspetti del bisogno è potere.

Forse un potere superiore al potere politico che gestisce le risorse, in quanto Caritas – a differenza del primo- conta anche sul riconoscimento morale del “super partes”. Può far leva sulla tempestività di chi conosce le specificità e sa rispondere alle domande concrete del territorio, sulla convenienza della gratuità, sul valore aggiunto dell’amabile disponibilità di chi si presta volontariamente – sorridendo- ad un servizio.  L’interrogativo di molti operatori presenti al Lingotto è: che ne facciamo di questo potere? Ce ne serviamo per crescere ancor di più, cioè a più crisi, più risposte Caritas, tappando -con pastiglie Placebo di volontariato- le lacune strutturali del sistema e del modello economico, lasciando che lo Stato e le amministrazioni pubbliche si deresponsabilizzino sempre più rispetto ai settori sociali vulnerabili?

Certo, nessuno vuole insinuare che Caritas sia un oppio dei popoli che impedisce una presa di coscienza delle cause dei problemi e la loro possibile modificazione.

La riflessione, che inquieta alcune coscienze, ruota piuttosto attorno a: qual’è la sottile linea di demarcazione tra “organizzazione pianificata della carità ai poveri”, e il rischio di una silenziosa complicità  istituzionale con gli interessi forti  che gestiscono i meccanismi generatori di povertà?

In altre parole, chi parla più di giustizia sociale in questo benedetto paese, ufficialmente cattolico?

Azzurra CarpoSpecialista in cooperazione internazionale. Autrice di "Romanzo di frontiera" (Albatros, Roma 2011), magia e realtá delle donne latinoamericane alla frontiera Messico-USA; "In Amazzonia" (Milano, Feltrinelli, 2006); "La Ternura y el Poder" (Quito, Abya Yala, 2006); "Una canoa sul rio delle Amazzoni: conflitti, etnosviluppo e globalizzazione nell'Amazzonia peruviana" (Gabrielli Editore, Verona, 2002); co-autrice di "Prove di futuro" (Migrantes, Vicenza, 2010).

I più votati

--

I più scaricati

--