La parola “clandestino” evoca nella nostra fantasia un senso di pericolo, di insicurezza. La associamo a una faccia da Barabba, che ci aspetta dietro l’angolo buio, per infilarci un pugnale nella schiena.
E quindi, quando sentiamo che il parlamento ha approvato una legge “cattiva”, che considera l’immigrazione clandestina come un reato, con un’ammenda da 5 a 10 mila euro di ammenda e, previo processo davanti a un giudice di pace, con espulsione immediata, qualcuno pensa “eh, sì, è un criminale!”.
Ma, sentite questa: Ricardina Y. è una badante peruviana, in Italia dal 2006, dai tratti gentili, dal sorriso disarmante, con una pazienza infinita nei confronti della persona che assiste, Antonio T., 85 anni, infermo terminale di Alzheimer.
Il datore di lavoro è la figlia di Antonio T., Lucia, insegnante, che stima molto Ricardina per l’acquisita professionalità e le vuole bene come a una sorella.
Dal 2006 cerca di metterla in regola e quindi ha presentato l’apposita domanda prevista dal “decreto flussi” stabilito dal governo in quello stesso anno. Nessuna risposta.
Ripresenta la domanda, in base ai requisiti richiesti dal decreto flussi governativo nel 2007. Un altro anno di silenzio.
Nel 2008, Lucia T. riceve una raccomandata dallo Sportello Unico nella quale le viene notificato che la domanda di assunzione era stata rigettata “per carenza di informazioni”. Cioè, mancava un timbro in uno dei documenti, che di conseguenza doveva essere rifatto, con una nuova trafila burocratica che ha il suo nucleo d’origine in un paesino delle Ande dove non si parla spagnolo ma quechua, e gli uffici anagrafici sono un po’ casual.
Il documento timbrato deve pervenire attraverso i canali amministrativi ufficiali al capoluogo delle regione, Cusco, dove viene ritimbrato. Scioperi, cambi politici e disastri naturali, permettendo.
Di lì, deve avere il timbro del Ministero degli Interni della capitale Lima, poi quello del Ministero degli Esteri, che lo invia all’Ambasciata italiana in Lima che obbliga a una traduzione ufficiale notariale in lingua italiana (il tutto sempre a spese di Ricardina).
Una volta espletato questo calvario burocratico sudamericano, può iniziare gioiosamente quello italico (che nel frattempo ha cambiato qualche dettaglio delle norme e regolamenti), sperando essere inserita nelle quote previste.
Quanto tempo passerà prima che la sua pratica sia presa in considerazione e valutata? Con quale esito? Nessuno può dirlo con certezza. Tutto dipende dalla lentezza della Direzione provinciale del Lavoro e della Questura. Nel 2007, ci furono 741 mila domande di regolazione, per solo 170 mila posti disponibili. Nel 2008, sono state presentate 257 mila domande, e furono rilasciati solo 2.550 nulla osta.
Secondo la fondazione Ismu, sono almeno 650 mila gli stranieri (il popolo dei “senza l’ultimo timbro”), che da anni vivono e lavorano in Italia – ben accetti e ben accolti, con reciproca soddisfazione – ma che, come Ricardina Y, hanno delle lacune di irregolarità rispetto ai requisiti imposti dalle norme italiane per i permessi di soggiorno.
Ora, con l’approvazione del “decreto sicurezza”, Ricardina Y., dai tratti gentili e sorriso disarmante, ma “senza l’ultimo timbro”, diventa agli occhi della legge una Barabba con pugnale.
Ha paura anche di andare dal medico e di accedere ai vari servizi pubblici, per timore di essere denunciata.
Esce sempre meno di casa. Deve rendersi invisibile alle ronde. Nel suo tremore, avverte passi cadenzati e teme squadre di ronde, dietro l’angolo della stazione ferroviaria. Aspetta il postino e piange.
Passa la giornata, accudendo Antonio T., 85 anni, infermo terminale di Alzheimer, la cui figlia Lucia, pensava di vivere con una sorella e lavoratrice affidabilissima, efficiente ed affettuosa. Ora sa che sta ospitando… “la criminale Ricardina”.
Lucia ha tempo fino al 30 settembre 2009 per versare la bellezza di 500 euro, utilizzando l’apposito modulo F24, e riavviare – per la quarta volta – la procedura di emersione di Ricardina dal lavoro irregolare…ammesso che arrivi in tempo il maledetto ultimo timbro, dallo sperduto paesino quechua delle Ande.
Una quieta, rassegnata (infastidita) indifferenza per le tragedie di clandestini nel mare di Sicilia. Rimozione totale per le Ricardine, che da irregolari si ritrovano clandestine.
C’è qualcosa di “irregolare” in Italia. Qualcosa di marcio, diceva Amleto. Di banalità del male, parlava Hannah Harent. Ultimi fuochi d’estate 2009.
Specialista in cooperazione internazionale. Autrice di "Romanzo di frontiera" (Albatros, Roma 2011), magia e realtá delle donne latinoamericane alla frontiera Messico-USA; "In Amazzonia" (Milano, Feltrinelli, 2006); "La Ternura y el Poder" (Quito, Abya Yala, 2006); "Una canoa sul rio delle Amazzoni: conflitti, etnosviluppo e globalizzazione nell'Amazzonia peruviana" (Gabrielli Editore, Verona, 2002); co-autrice di "Prove di futuro" (Migrantes, Vicenza, 2010).