Mentre i reggitori della politica italiana si sono assegnati una settimana di riflessione, preparatoria alla storica giornata del dibattito parlamentare sulla sfiducia al governo, l’Europa è alle prese con un problema, solo in apparenza, di alta natura tecnico – finanziaria: la costituzione dell’Eda (European debt agency: Agenzia europea del debito).
Se da parte italiana, il dilemma pare riassumersi nella capacità di tenuta del governo Berlusconi, l’iniziativa europea è tutto concentrata nella volontà di dar vita a un’agenzia con la finalità fondamentale di una emissione di obbligazioni a tassi favorevoli per i sottoscrittori (meno attraenti ma molto più sicuri di quelli più elevati emessi dai paesi in rischio di default: Irlanda, Portogallo, Spagna).
L’ipotesi aggiuntiva, proposta da Helmut. Schmidt e appoggiata da Emma Bonino, di attribuire al presidente del Consiglio europeo (e quindi al Parlamento europeo) e ai suoi nuovi poteri, la gestione di tale agenzia, certamente più conforme a una autentica ispirazione federale europea, non basterà certo a tranquillizzare la legittima e comprensibile perplessità di Angela Mekel e dei tedeschi tutti: alla cui fiscalità sarebbe soprattutto imputato il costo della attenuazione dei tassi delle emissioni obbligazionarie dei paesi in rischio di default, come quelli già citati e da altri (Italia non esclusa) che si dovessero aggiungere alla lista.
Se tuttavia l’Italia sembra doversi concentrare essenzialmente sulla alternativa di difendere Berlusconi e il suo regime o di mirare esattamente all’opposto, in Europa, l’incubo, quale moderno ritorno del mito della fatica di Sisifo, si incarna nel dover arginare una crisi finanziaria globale della sua moneta, l’euro, e mantenere nel contempo la compattezza politica dell’Unione.
Ma gli eventi mondiali, con moto sempre più impetuoso, raccontano il rovesciarsi delle gerarchie mondiali con l’ascesa ai vertici, di nuove e possenti realtà nazionali (Cina, India, Brasile…) una volta storiche fornitrici, a buon mercato, di risorse materiali e di manodopera, per consentire all’Europa i suoi altissimi livelli di vita.
Con il sopraggiungere imprevisto dell’aumento demografico, dei nuovi fabbisogni energetici e della crisi ecologica, lo sforzo dell’Europa, di considerarsi sempiterna plaga geografica, di grande ricchezza pubblica e individuale, di alto prestigio militare, di primazia culturale e di inarrivabile esempio di “bon vivre”, e di poterlo fare con la sola forza di una moneta che nemmeno ha superato la sua fase di collaudo, questo sforzo stesso, potrebbe risultare solo una probabile grande illusione.
Quanto accaduto negli ultimi decenni, nel panorama globale, può essere visto come la nemesi di un evento, la seconda guerra mondiale, di cui l’Europa, o più precisamente i suoi principali paesi, fu se non l’unica, certamente la principale responsabile.
Pierluigi Sorti, 76 anni, economista, studi all'estero. Dirigente d'azienda e docente esterno universitario in materie aziendali, per circa dieci anni, a Napoli, Urbino e Roma. Promotore di iniziative di carattere sociale, ha collaborato per tre anni, fino alla chiusura, con la rivista socialdemocratica "Ragionamenti". Socialista in gioventù, oggi è un militante PD, già iscritto ai DS dal congresso fondativo (Firenze 1998). Alle “primarie” del 25 ottobre 2009 non ha sostenuto nessuno dei tre candidati alla segreteria del PD.