Siccome va di moda dire che gli economisti statunitensi ce l’hanno con l’euro perché sono invidiosi, e che gli Usa stanno cercando di affossare l’euro perché lo temono (!), allora faccio una piccola aggiunta alla lista di “quelli che l’avevano detto” (per inciso: Krugman chiarisce bene quanto poco gli americani avessero da temere dall’euro: “Who’s afraid of the euro”, Fortune, 27 aprile 1998).Dopo tanti economisti statunitensi e ortodossi vi propongo un economista britannico e eterodosso. Lo faccio con piacere, perché è un amico, e ci tengo particolarmente a farvi conoscere il suo contributo, visto che in altre sedi italiane non è stato possibile pubblicarlo (mi riferisco, ovviamente, ai forum “di sinistra” che sono andati avanti tutta l’estate proponendo il vacuo delirio di padri più o meno nobili). Intanto, ve lo presento, così capite subito che aria tira. Per chi non lo conosce: ha studiato a Cambridge. Allievo e poi biografo di Kaldor, è riconosciuto come l’esponente più autorevole del pensiero post-keynesiano. Ha insegnato all’università del Kent, è stato visiting a Princeton, Cambridge, ecc., è stato consulente per l’African Development Bank, l’Asian Development Bank, l’Unctad ecc., ha scritto 192 saggi di cui 107 articoli su riviste, appartiene al 5% degli autori più citati ed è autore di un modello di crescita economica che ha dato origine a 171 lavori scientifici di rilevanza internazionale.
Nota: il testo dell’articolo dal quale vi propongo qualche citazione, e che vi suggerisco di leggere nella sua versione integrale, è alla base dell’audizione che Tony svolse nello stesso anno presso il “Treasury select committee on the UK entry into the euro”, dal titolo “The euro and regional divergence in Europe”. Paese che vai, tecnici che trovi…Da “The folly of the euro”, Window on Work, no. 4, pp. 4-9 (1998).
Pag. 4 “For some, the purpose of the single currency is to further promote trade in Europe by reducing transaction costs and avoiding exchange rate fluctuations… If the single currency creates a deflationary zone in Europe, which I believe it will, the euro will jeopardise trade. It could even give rise to protectionist sentiment.” (Secondo alcuni lo scopo della moneta unica sarebbe quello di promuovere ulteriormente il commercio in Europa, riducendo i costi di transazione e evitando le fluttuazioni del cambio… Se la moneta unica creerà un’area deflazionistica in Europa, come credo accadrà, l’euro comprometterà il commercio, e potrà perfino portare al risorgere di atteggiamenti protezionistici). Pag. 5 “The argument that a single currency is necessary for the completion of the Single Market is, in fact, the reverse of the traditional theory of optimum currency areas which is that an optimum currency area depends itself on the degree of factor mobility.” (L’argomento secondo il quale una moneta unica è necessaria per il completamento del Mercato Unico, in effetti, rovescia la consueta teoria delle aree valutarie ottimali, secondo la quale un’area valutaria è ottimale se i fattori di produzione hanno una sufficiente mobilità al suo interno). Pag. 5 “even if a single currency was an aid to the mobility of the factors of production, factor mobility cannot be regarded as a panacea for depressed regions or countries that have no weapons of economic policy to protect themselves. After decades of migration from the north to the south of Britain, and from the south to the north of Italy, the regional divide in these countries is as pronounced as ever.” (Anche se la moneta unica aiutasse la mobilità dei fattori, quest’ultima non può essere considerata come una panacea per regioni depresse che non hanno altre armi a disposizione per proteggersi. Dopo decenni di migrazione dal nord al sud dell’Inghilterra, e dal sud al nord dell’Italia, il dualismo regionale di questi paesi è più che mai accentuato). Pag. 5 “We can all unite behind the desire for peace and cooperation in Europe, as we can behind the virtues of motherhood and apple pie, but the euro as the route to political union, even if that is desirable, is fraught with danger, and could just as well lead to the economic and political disintegration of Europe. Political wishful thinking often has the nasty habit of driving out common sense”. (Possiamo unirci tutti dietro lo stendardo del desiderio di pace e cooperazione in Europa, come possiamo farlo dietro le virtù della maternità o della torta di mele, ma anche se l’unione politica fosse un obiettivo desiderabile, l’euro rimarrebbe una strada irta di pericoli per conseguirlo, e potrebbe con uguale probabilità portare alla disintegrazione economica e politica dell’Europa. Il wishful thinking dei politici spesso ha la pessima abitudine di scacciare il buon senso). E qui mi fermo. Non senza dedicare un affettuoso pensieri ai maestri che mi rimproverano di mancanza di visione, di aristocratico e controproducente arroccamento in una visione grettamente economicistica, insomma, di mancanza di quella che Gadda avrebbe chiamato “una certa moderna e pastrufaziana latitudine di visuali” (nella Cognizione del dolore). E invece “vorrei (Dio lo sa) non aver capito niente io e che avessero capito tutto gli altri” (sempre Gadda, ma nel Diario di guerra). Ma temo di dover ammettere che invece ho capito… e voi (credo) con me! Alla fine, dovremo rassegnarci all’idea che un tecnico con 200 pubblicazioni vale più di un tecnico con 20. As simple as that..
Abbiamo la conferma. Non esiste alcun complotto. E’ molto peggio. Questi sono “scemi”.