È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …
L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …
“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …
Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …
Le confessioni di chi sopporta una solitudine mascherata: disagi e incomprensioni diventano insopportabili nell'aria di festa che le scadenze rituali impongono alle abitudini. Scatole di regali ma scatole vuote di sentimenti
Quando la famiglia non parla: Natale e Capodanno feste della depressione
“Odio le feste di Natale, e lo scatto della lancetta di San Silvestro non ha senso, è solo una ricorrenza commerciale, l’inneggiamento allo sperpero, al vuoto… certamente non esprime il significato della festa cristiana! Per fare un esempio: all’interno della mia famiglia di origine impera il conflitto, ma in questo periodo, a mio avviso, in maniera molto ipocrita… ci si adopera per lo scambio dei regali, per organizzare la cena della vigilia sorridendo sotto l’albero carico di doni e sfavillante di luci gioiose… queste cose io proprio non le sopporto, scapperei lontano da tutto questo e … forse lo farò sapendo di incorrere nelle ire di tutti. Sai, sbattere in faccia la verità smascherando l’ipocrisia è un atto di coraggio e non viene ripagato se non con l’emarginazione” (L.T.)
“sono sola e in questo periodo mi sento ancora più sola. É come se tutti noi fossimo obbligati ad essere felici solo perché è natale… io mi sento ancora più triste” (A.F.)
“Chissà perché per me il Natale non è cene o tradizioni da dover rispettare, ma è semplicemente uno dei tanti giorni in cui le persone dovrebbero stare vicino a chi non sta bene, a chi è solo, è uno dei tanti modi di volersi bene e di riuscire ad avere scambi senza nessuna etichetta…
Ma lasciamo stare, questo è stato un motivo di discussione con persone, che vivono, a mio avviso, con paraocchi e che per tradizione devono riunirsi tra di loro in una giornata qualsiasi, per un pranzo qualsiasi in ristoranti senza, alla fine, pensare che forse il Natale può essere vissuto in tanti modi di raccoglimento, ma soprattutto dovrebbe essere visto come unione, come amore e come serenità.” (G.M.)
Le persone che vivono disagi relazionali si avvicinano alle feste natalizie con l’animo appesantito da quelle che parrebbero essere le “richieste” sociali derivanti dalle festività così come vengono proposte-imposte. La gioia imposta assume la connotazione della ghigliottina, in quanto chi di questa gioia effimera legata più al consumismo che all’essenza della festività religiosa, non si sente parte, quasi per definizione, vive una sorta di emarginazione. Lo stesso stato d’animo emerge dall’imposto modello mediatico di famigliola perfetta che contrasta con la realtà con la quale, invece, ognuno di noi deve obbligatoriamente confrontarsi.
Non è possibile vivere e proiettarsi nella virtualità costruita “in laboratorio” in quanto esacerba l’incontro-scontro con la reale quotidianità fatta di momenti di felicità, ma anche di bollette da pagare; di successi, ma anche di fallimenti… di bellezze patinate e stereotipate verso l’originalità della gradevolezza a 360° della persona nella sua interezza.
Da bambini il Natale era (o è ancora ?) quella magia supportata dal percepirsi stretti in un grande abbraccio famigliare: sorrisi, auguri, regali… la bellissima fiaba di babbo natale … l’attesa che si trasforma in un gioco che ha il potere di durare per giorni interi, dalla preparazione dell’albero carico di lucette e del presepe, allo spacchettamento dei doni che “qualcuno”, Gesù Bambino o Babbo Natale a seconda dell’input famigliare, mette sotto l’albero illuminato o, se vogliamo, tanto per non essere retorici… nel camino.
I mercatini tanto affollati quanto luminosi, il profumo del croccante, le mille e mille cianfrusaglie in vendita e delle quali in questi giorni pare non si possa fare a meno. Strani personaggi vestiti in modo buffo, come pastori di altri tempi, che suonano uno strumento chiamato zampogna che appare come per magia solo in questo periodo dell’anno… babbi natale ad ogni angolo, in ogni ipermercato … fanno da cornice alla folla confusa ed irritata alla ricerca della gioia natalizia dentro ogni pacchetto addobbato da nastri colorati e luminescenti.
Per i bambini le fiabe sono indispensabili, e come dice Bettelheim (Bruno Bettelhein, “Il mondo incantato” Feltrinelli, 1977):
rispondono agli interrogativi eterni: qual è la vera natura del mondo? Come dovrò vivere la mia vita? Come posso essere davvero me stesso? Le fiabe lasciano che il bambino faccia lavorare la propria fantasia e decida se e come applicare a se stesso quanto viene rivelato dalla storia circa la vita e la natura umana […]. La fiaba si conforma al modo in cui il bambino pensa e percepisce il mondo”anche se subisce gli insegnamenti razionali degli adulti e, visto che il suo pensiero, come suggerisce Piaget, rimane animistico sino alla pubertà, altro non fa che seppellire la sua “vera conoscenza” nel profondo dell’animo dove non rischia di venire scalfita dalla razionalità adulta, rimane, quindi, potente il ruolo della fiaba che tende a passare messaggi tesi verso la comprensione della vita razionale filtrata dal suo incanto.
Un passo verso la consapevolezza, seppur rimanendo nel mondo della fantasia, lo regala la fiaba di Andersen “La piccola fiammiferaia” che mostra il mondo illusorio della borghesia radunata intorno ad una tavola imbandita a festeggiare la festa dell’amore cristiano senza accorgersi di quella bambina che sta morendo di freddo, riscaldata solo dai suoi sogni e dall’amore, quello vero. A mio avviso questa fiaba è una delle più belle espressioni di queste festività, so che per molte persone la morte della bambina è solo una gran tristezza, io credo invece che voglia rappresentare la morte dell’illusione, dell’ipocrisia, della borghesia cieca ed incapace di accogliere se non ciò che viene imposto come elemento sociale consolidato
La Piccola Fiammiferaia – Hans Christian Andersen – Walt Disney
I bambini diventano adulti e non possono più (??) avvalersi dello schermo protettivo fornito dalle fiabe, almeno non possono avvalersene per tutto, conseguentemente tutto appare diverso, ci si guarda intorno e si comprende cosa è illusione e cosa realtà, almeno così dovrebbe essere. Il problema è che ci si omologa ad un pensiero unico che, come di consueto, non riesce a non passare attraverso la cruna dell’ago del profitto, un pensiero che ci obbliga ad essere felici in questi giorni di festa. La spinta sociale delirante è tesa a negare la sofferenza sino ad esaltarla in maniera retorica per riempire i vuoti affettivo-emotivi che ci caratterizzano.
Se in quei giorni non si è felici si incorre in una colpa sociale, quasi un atteggiamento disonesto, una sorta di tradimento del vissuto comune: non è tollerabile l’infelicità a Natale! Tutti si devono amare … davanti al presepe… perché basta spostarsi un po’ più in là, magari “scorgere rannicchiata tra i cumuli di immondizia quella bambina che si scalda con i fiammiferi, ma soprattutto con i sogni” che svanisce ogni sentimento buonista e riemerge il fastidio intollerabile che ci procura “il diverso”.
Non posso, però come clinico, non considerare il passaggio dall’infelicità, dalla melanconia alla depressione clinica reattiva e/o esacerbata dalle festività; la psichiatria si è occupata ampiamente del fenomeno giungendo alla considerazione che il Natale rappresenti un evento stressante (come potrebbe essere una perdita) e soprattutto possa incidere sfavorevolmente sulle persone che già soffrono di depressione o che attraversano fasi particolarmente difficili di vita con conseguenti risposte ipertrofiche ed avvilenti agli eventi.
Sin dal 1981 quando venne pubblicato sugli Archives of General Psychiatry il famoso articolo “Christmas and psychopathology. Data from a psychiatric emergency room population” si considera “l’effetto Natale” quale spina irritativa agente sull’abbassamento del tono dell’umore di persone che per l’appunto possono attraversare condizioni di vita sfavorevoli oppure come tali interpretate. In questo periodo dell’anno aumenta la richiesta di ricoveri in ambienti protetti e comunque di richieste di aiuto clinico soprattutto per le persone che soffrono di disturbi di relazione.
Vorrei aggiungere che sicuramente lo scombussolamento emotivo che procura l’idealizzazione retorica del Natale influisce sfavorevolmente, ma non possiamo dimenticare che alle nostre latitudini questa festa arriva in inverno, stagione di per se predisponente un basso tono dell’umore. Sottolinea il neurologo Rosario Sorrentino:
Mai come in questo periodo si registra un’incidenza così alta di depressione, a causa del cambio di stagione e delle abitudini, della riduzione della luce e soprattutto del confronto fra l’euforia collettiva e il proprio malessere. Questo clima di felicità a tutti i costi aggrava il disagio psichico preesistente, la persona si avvita su se stessa, guarda in maniera pessimistica il proprio passato e si sente sola. Le festività vengono vissute come uno spettro, perché spesso aggravano la sindrome del nido vuoto.
In effetti ciò che fa davvero tanta paura è la solitudine, vissuta come abbandonica. Sorrentino prosegue invitando ad approfittare del Natale per riappropriarsi della propria interiorità e vivere la solitudine come un’opportunità di riflessione:
Magari pensando che chi corre in giro a fare regali, o passa da una cena di colleghi a una di parenti è solo condannato ad apparire felice, ma in realtà è vittima di un elevato carico di stress.
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
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Commenti
Franco Bifani
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Anche se non riguarda il Natale, ma il Carnevale, festività che non sopporto, con l’obbligo di ridere da melensi per ogni stronzata, piuttosto che La Piccola fiammiferaia, mi sento di citare una novella del Verga, dalla raccolta Per le vie; si chiama “Al veglione”. Io l’ho trovata tristissima e molto, fin troppo verosimile, da quanto mi raccontava anche la mia nonna milanese, classe 1880, su vicende riferentesi a quel periodo o press’a poco. L’antivigilia di Natale, a pranzo, ero solo, per ragioni contingenti, e pensavo a che sarebbero mai ridotto tutte le festività natalizie, se la mia solitudine fosse stata permanente e cronica. Mi sono sentito scaraventato in un baratro nero ed orribile, gelido ed infame. Ho un’amica, a Milano, che a Natale rimane sola; mi racconta della sua depressione, ma io la capisco fino a lì, non avendola mai sperimentata. Ogni uomo è un’isola, purtroppo, ma spera sempre che una sottile lingua di istmo, almeno a marea calante, anche solo per pochi istanti, lo leghi a quei miseri lembi di terra, che annaspano tra i gorghi del vasto oceano della vicenda umana.
giovanna arrico
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A mio avviso credo che il Natale, come ogni festa di calendario, o come ogni ricorrenza debba essere vissuta in piena libertà, nel rispetto delle proprie credenze, delle proprie emozioni, delle proprie momentanee difficoltà. L’imposizione, il non voler accettare che non tutti viviamo alla medesima maniera accentua la sensazione di “anormalità”. Perché poi? Perché aumentare un disagio o forse semplicemente un pensiero che si potrebbe rivelare corretto? Su questo tema si potrebbero aprire discussioni notevoli per capire e per capirci meglio, affinché i diversi pensieri possano trovare un canale unico di comunicazione.
pier paolo olivieri
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Concordo con la Dott.ressa Luisa Barbieri nella interpretazione della Piccola Fiammiferaia. La voglio pensare anche io come un messaggio positivo da inviare oggi ai piccoli che diventeranno adulti, consapevoli e maturi domani. L’AMORE è accoglienza e comprensione. Partecipazione e scambio con l’ALTRO. Come esperienza personale capisco quello stretto legame tra depressione e festività come ricorrenza dovuta,quasi obbligata. Condivido però anche lo spirito di intima riflessione a cui il neurologo Sorrentino invita proprio nei momenti più duri. E’ risaputo che nelle difficoltà troviamo quelle risorse spesso sconosciute o ignorate che ci permettono di dare un senso di PIENO alla nostra esistenza, che con la forza propulsiva di un razzo ci porta in una nuova orbita vitale.
Silvia Piazzi
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Bello!! Verissimo che queste feste dove per obbligo uno deve essere felice..danno fastidio. Sembra che con il Natale debba finire il mondo..invece nulla..un giorno come gli altri.
Bellissima l’idea di prendere questo momento, come uno spazio riflessivo, un momento per la propria interiorità.