L’osteoporosi è una malattia, molto diffusa ed invalidante, caratterizzata da fragilità scheletrica, secondaria alla riduzione della massa ossea, e conseguente predisposizione alle fratture. Tra queste emergono quelle al polso, ai corpi vertebrali e al femore che portano inesorabilmente a riduzione, sino a perdita, di autonomia, cui consegue isolamento sociale. Colpisce per lo più il sesso femminile e la sua incidenza aumenta con l’età, in quanto il metabolismo dell’osso pare strettamente legato agli ormoni sessuali, oltre che a fattori genetici, all’attività fisica e alla dieta, nonché a concomitanti patologie e trattamenti farmacologici associati. Come dice il professor Eisman:
In Australia l’osteoporosi è un grande onere sociale e rimane una malattia poco compresa e gravemente sottostimata. Solo il 30% delle donne e il 10% degli uomini affetti ricevono la terapia adeguata, il ché è inaccettabile se si considera che le persone potrebbero essere aiutate, migliorandone le condizioni di vita sino a ritardarne la morte di diversi anni. Esistono buone prove, al di là della ulteriore conferma che emerge da questo studio, che trattando l’osteoporosi si riducano le fratture ossee e la mortalità.
L’associato Jacqueline Center e il professor John Eisman, del Sydney Garvan Institute of Medical Research (1), hanno basato le loro conclusioni sui dati emersi dal lavoro di ricerca svoltosi a Dubbo (una città nella Regione di Orana nel New South Wales dell’Australia) “Dubbo Osteoporosi Epidemiology Study” (2), una ricerca che ha preso avvio nel 1989 e che rappresenta il più lungo studio epidemiologico a livello mondiale delle fratture osteoporotiche negli uomini e nelle donne
(3).
L’ipotesi di partenza dello studio, che tendeva alla comprensione dell’interazione tra il genoma e gli altri fattori di rischio per questa patologia allo scopo di identificare nuovi obiettivi terapeutici, si è concretizzata nella scoperta dei risultati eccellenti ottenuti con l’utilizzo dei bifosfonati, classe di farmaci in grado di inibire il riassorbimento osseo (4). La sperimentazione è stata effettuata su di un campione di 2000 soggetti dei quali 121 sottoposti a trattamento con bifosfonati per una media di 3 anni. Li si è, poi, confrontati con altri sottogruppi sottoposti ad altre forme di trattamento, come quello con la vitamina D (con o senza calcio) o la terapia ormonale, e l’allungamento della vita associato alla terapia con i bifosfonati è chiara ed inequivocabile.
La professoressa Center testimonia questo fatto:
In un gruppo di donne di età superiore ai 75 anni con fratture osteoporotiche, nei confronti delle quali ci si sarebbe aspettati un tasso di mortalità del 50% nel corso di 5 anni, in quelle che hanno usufruito del trattamento coi bifosfonati il tasso di mortalità è sceso del 10%.
I dati sono a confortare l’ipotesi che il trattamento con questi farmaci crei un’aspettativa di allungamento di vita di circa 5 anni e i ricercatori ipotizzano che questa possa avere a che fare con il fatto che l’osso rappresenta un naturale magazzino di deposito per i metalli pesanti tossici, come il piombo e il cadmio. L’invecchiamento determina fisiologicamente la rarefazione ossea con conseguente rilascio in circolo dei materiali ivi depositati e altrettanto conseguente danno intuibile per lo stato di salute dell’individuo, venendo meno un potente meccanismo di difesa. Prevenendo il riassorbimento osseo, i bifosfonati prevengono anche il rilascio dei metalli tossici eventualmente presenti. Questa è l’ipotesi al momento più accreditata, al di là dell’osservazione, ma, come dice il professor Eisman:
Mentre possiamo asserire con certezza la dinamica d’azione del farmaco inserito nel metabolismo osseo, non abbiamo ancora le prove che sia a questo imputabile l’allungamento della vita osservato”.
Christine Bennett, presidente della Bupa Health Foundation comitato direttivo e Bupa Australia Chief Medical Officer (5), ha dichiarato:
Mentre l’osteoporosi è chiaramente sottostimata e malcurata, i risultati di questo studio sono importanti per comprendere meglio i benefici di questi nuovi trattamenti che possono direttamente influenzare la pratica clinica. É un grande risultato l’avere scoperto che non solo migliora l’osteoporosi, ma anche la speranza di vita per persone che assumono bifosfonati.
Certo è che, come ogni farmaco, anche il bifosfonato può dare effetti collaterali imprevedibili e deve essere utilizzato con attenzione, sottoposti a sorveglianza medica e per il solo scopo approvato dall’organizzazione di controllo competente che dovrebbe dare la garanzia di adesione al criterio della scientificità.
Note e risorse di approfondimento
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).