Un fumo terrorizzante continua ad uscire dalla centrale di Miyagi e le barre del reattore 2 di Fukushima sono ormai completamente scoperte. Ma i pompieri dell’informazione mondiale continuano a lavorare senza sosta. Passano i giorni, passano le ore, cresce l’ansia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che il rischio per la salute «è probabilmente molto basso»: poco dopo le agenzie riportano la notizia dell’esplosione del reattore Daichi 1. Scrivo mentre scoppiano i reattori numero 2 e numero 3. In questi giorni la televisione nipponica mostra volti preoccupati di scienziati (veri) chiamati a spiegare i rischi del surriscaldamento di altri reattori. Il governo invita alla prudenza ma gli eventi travolgono vite ed emozioni. L’agenzia per la sicurezza nucleare del Giappone ha dichiarato che il livello di radiazioni nell’area interessata è 1.000 volte più elevato del normale.
L’incubo della profezia Maya sfiora inevitabilmente anche le menti meno superstiziose. Tesi contrapposte rimbalzano su giornali e tv, non solo in Italia. L’agenzia russa, per esempio, la pensa diversamente: «Secondo noi non ci dovrebbe essere una reazione nucleare». Anche in questo caso parole non proprio rassicuranti: quel “secondo noi” rimbomba nella testa di chi cerca risposte come l’ammissione di una spaventevole incertezza. Anche la scienza,dunque, brancola nel buio di opinioni contrapposte? A chi dobbiamo affidarci? Nella prima domenica di Quaresima Benedetto XVI non si limita a pregare per i morti, gli evacuati e i contaminati (il cui numero aumenta di ora in ora): il Vaticano mostra di cogliere la concreta drammaticità della situazione e invia aiuti economici. Anche l’Avvenire, giornale dei vescovi, invita governo ed “esperti” ad una riflessione: «Ma se fosse accaduto da noi, magari sulle coste calabresi o siciliane dello Stretto di Messina che già nel 1908 furono colpite da un terremoto e da vari tsunami che provocarono più di 90mila morti? Quanti lutti dovremmo contare? Proprio quanto accaduto ieri nel pur preparatissimo Giappone dovrebbe spingerci ulteriormente sulla strada della prevenzione, imparando a convivere col rischio. I sismologi lo dicono da tempo che la più grande opera pubblica sarebbe mettere in sicurezza scuole, case, ospedali e uffici. Soldi spesi bene. Basteranno? Intanto spendiamoli». Come dire: vista l’inaffidabilità del sistema Italia, non sarebbe meglio lasciar perdere i ponti sullo stretto e i voli pindarici di certe (ben pagate) teste di chicco? Neanche per sogno. Cicchitto e il governo tengono la schiena dritta: «sul nucleare la nostra posizione rimane invariata».
Così, mentre il mondo segue con il fiato sospeso l’evoluzione di un disastro – questo sì “epocale” – l’Italia continua cinicamente a trastullare il proprio ombelico. I giornali della destra italiana hanno scatenato una guerra preventiva contro gli ecologisti italiani, accusati di speculare sulla disgrazia giapponese: “Sciacalli atomici” è il sobrio titolo che il direttore Maurizio Belpietro ha scelto per la prima pagina di Libero. Chi sarebbero gli sciacalli? Greenpeace, Di Pietro, i Verdi e tutta la galassia referendaria che osa rilanciare le ragioni del “Sì” all’abrogazione della legge 133/2008, che ha aperto la strada alla realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare. Comprensibile isteria di opinionisti ed “esperti” che da mesi occupavano trasmissioni tv e giornali diffondendo il verbo del “nucleare sicuro”. Il Tempo, storico giornale della destra italiana, ci delizia invece con l’irrinunciabile opinione del professor Antonino Zichichi, scienziato sui generis ed assiduo frequentatore degli studi televisivi: «Mi sono sentito con i colleghi giapponesi – spiega l’illustre fisico italiano – e mi hanno rassicurato, non c’è nessun allarme: il fuoco nucleare è come un fiammifero sempre acceso che nessuno può spegnere». Meno male. I lettori-elettori italiani possono dunque tirare un sospiro di sollievo e continuare a credere alle favole: nei prossimi anni il nucleare consentirà all’Italia di non dipendere più dal petrolio arabo e dal gas di Putin. Messaggi che spargono il terrore: “attenti, gli ecologisti vogliono farci tornare all’età della pietra”.
Tre anni fa lo stesso Zichichi ne faceva una questione di competenza e di meritocrazia: «Non si può affidare una Ferrari ad un neo patentato. Si rischierebbe di uscire fuori strada alla prima curva. Così è per la gestione delle centrali nucleari. Se le affidiamo a dei raccomandati rischiamo il disastro. Se le affidiamo a tecnici qualificati non corriamo rischi». Non è così, ma basterebbe la nota carenza di meritocrazia che affligge il nostro Paese per considerare poco “raccomandabili” i profeti del risorgimento nucleare: titolo di un libro la cui prefazione è firmata dal deputato prodiano Sandro Gozi (già intercettato al telefono con Antonio Saladino, leader calabrese della Compagnia delle opere, ai tempi dell’inchiesta “Why Not”).
Il rilancio del nucleare in Italia, infatti, è una causa notoriamente bipartisan. Un po’ come la riforma della giustizia. Basti pensare ad Umberto Veronesi, già stimatissimo ministro del secondo governo Amato, oggi presidente dell’Agenzia italiana per la sicurezza nucleare. Lo scorso 3 marzo, intervistato da La Stampa, il Prof. Veronesi avvertiva gli italiani: «Spiegherò ai cittadini che si può fare in sicurezza e che non è giusto avere paura. Senza il nucleare l’Italiamuore. Tra 50 anni finirà il petrolio, tra 80-100 il carbone, seguito poi dal gas. Altre fonti non saranno sufficienti a fornire l’energia di cui abbiamo bisogno. Il risultato? Non avremo la luce, non potremo far funzionare i computer o i frigoriferi e neppure far viaggiare i treni. Se lo immagina?». Altro veleno iniettato all’opinione pubblica.
Grazie agli investimenti milionari dell’italiana Enel e della francese Edf, gli autoproclamatisi fans di Enrico Fermi (grande compatriota del quale – questo il messaggio, pìù spudorato che subliminale – i critici del nucleare infangherebbero la memoria) hanno aperto persino un forum su internet, dove una spudorata campagna pronucleare viene spacciata per dibattito laico, pubblico e scientifico, strumentalizzando biecamente il metodo del web 2.0 (la compartecipazione degli utenti alla definizione dei contenuti). Andando a sbirciare oltrela cortina fumogena di questo Truman Show
Naturalmente tra i principali animatori di questa campagna “antideologica” non mancano gli esperti “di sinistra”. Uno su tutti: Chicco Testa. Già presidente di Legambiente, nel 1987 commentò così l’esito del referendum che aboliva il nucleare in Italia: «Il risultato è di grandissimo interesse politico. La battaglia è stata dura per i grossi interessi in campo». Un successo che gli aprì prima le porte del Parlamento – deputato del Pci/Pds fino al 1994 – e poi quelle dei grandi consigli di amministrazione: dall’Acea del Comune di Roma (94-96) ai cda di Enel e Wind. Infine presidente del Kyoto Club, organizzazione non profit nel 1999 e costituito da imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali, impegnati nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra assunti con il Protocollo di Kyoto. Un curriculum che gli conferisce una certa credibilità, eppure si sa: “solo gli stupidi non cambiano mai idea”. Quante volte abbiamo ascoltato questa affermazione da parte di chi, a torto o a ragione, viene accusato di essere un voltagabbana? Dall’estate 2010 Testa è, appunto, presidente del suddetto Forum Nucleare Italiano, ennesima organizzazione non profit che, grazie all’aiuto di grandi finanziatori (molto generosi e poco disinteressati), in pochi mesi sta invadendo le case e i cervelli degli italiani. Si tratta probabilmente della più grande campagna di promozione di un sito web mai vista in Italia: dallo scorso dicembre è un susseguirsi di spot televisivi, pubblicità sul web e dvd allegati a quotidiani. Con l’obiettivo di moltiplicare clic e letture sul sito www.forumnucleare.it. Chi paga? Oltre a Enel e Edf, ecco l’elenco degli altri “soci” del Forum: Alstom power, Ansaldo nucleare, Areva, Confindustria, E.On, Edison, Federprogetti, Flaei-Cisl, Gdf Suez, Politecnico di Milano, Sapienza – Università di Roma, Sogin, Stratinvest Energy, Techint, Technip, Tecnimont, Terna, Uilcem, Università di Genova, Università di Palermo, Università di Pisa, Westinghouse.
In realtà lo scontro tra nuclearisti e antinuclearisti in Italia si era riacceso da tempo. Blob ha trasmesso più volte un imperdibile match televisivo in cui l’apparentemente mite Chicco Testa minacciava di “spaccare la faccia” al geologo Mario Tozzi, colpevole di aver spiegato ai telespettatori (in modo televisivamente efficace) l’irragionevolezza delle argomentazioni pro nucleare. Un nervosismo che l’allarme Giappone ha trasformato in panico: vaglielo a spiegare alla casalinga di Voghera che non ha motivo di preoccuparsi perché ormai il nucleare è sicuro. Questa volta, forse, giornali e tv non riusciranno a ipnotizzare il popolo dei telespettatori.
Anche in questo caso, come per qualunque argomento di interesse pubblico, la Tv mostra le due “fazioni” l’un conro l’altra armate, secondo lo schema ormai consolidato di una par condicio che mescola e confonde indebitamente fatti e opinioni, impedendo al telespettatore di conosere la verità. Da un lato i promotori del referendum che, il prossimo 12 giugno, potrebbe sancire una volta per tutte l’addio dell’Italia al nucleare: mai più centrali nucleari dopo Chernobyl (e, a maggior ragione, dopo il terremoto giapponese). Dall’altro le cricche economiche che, complice il governo in carica, difendono il risorgimento nucleare, annunciando le magnifiche e progressive sorti di quello “di quarta generazione”.
Fortunatamente in Italia ci sono ancora scienziati degni di questo nome. Uno di questi è Vincenzo Balzani, docente di Chimica Generale ed Inorganica all’Università di Bologna che, dati alla mano, smontà così le affermazioni della lobby nuclearista: «Bisogna ricordare anzitutto che il nucleare produce soltanto energia elettrica e che la potenza elettrica installata in Italia (94 GW) è già oggi molto superiore alle esigenze del Paese (57 GW è il picco dei consumi, per poche ore all’anno), come certificato dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas nell’allegato A al Piano Strategico 2007-2009. Quindi, anche a causa della forte caduta dei consumi (-6,3% nel 2009), non si vede proprio la necessità di costruire centrali nucleari. Le argomentazioni di Testa a favore del nucleare sono le stesse sostenute da Governo ed Enel: “miti” facili da sfatare. Ci viene detto che lo sviluppo dell’energia nucleare è un passo verso l’indipendenza energetica del nostro Paese. Ma l’Italia non ha uranio. Quindi, nella misura in cui il settore elettrico si volesse liberare dalla dipendenza dei combustibili fossili utilizzando energia nucleare, finirebbe per entrare in un’altra dipendenza, quella dall’uranio, anch’esso da importare e anch’esso in via di esaurimento. Si sostiene anche che con l’uso dell’energia nucleare si salva il clima perché non si producono gas serra. In realtà le centrali nucleari, per essere costruite, alimentate con uranio, liberate dalle scorie che producono e, infine, smantellate, richiedono un forte investimento energetico, in gran parte basato sui combustibili fossili. In ogni caso, le centrali nucleari che si intenderebbe installare in Italia non entreranno in funzione prima del 2020 e quindi non potranno contribuire a farci rispettare i parametri dettati dall’Unione Europea (riduzione della produzione di CO2 del 17% per il 2020). Oggi la prima cosa da fare è risparmiare energia ed usarla in modo più efficiente. Autorevoli studi mostrano che nei paesi sviluppati circa il 50% dell’energia primaria viene sprecata e che l’aumento dei consumi energetici non porta ad un aumento del benessere, ma semmai causa nuovi problemi. È possibile diminuire i consumi energetici in modo sostanziale con opportuni interventi quali l’isolamento degli edifici, il potenziamento del trasporto pubblico, lo spostamento del traffico merci su rotaia e via mare, l’uso di apparecchiature elettriche più efficienti, l’ottimizzazione degli usi energetici finali. Quanto alle fonti di energia, l’Italia non ha petrolio, non ha metano, non ha carbone e non ha neppure uranio. La sua unica, grande risorsa è il Sole, una fonte di energia che durerà per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un’immensa quantità di energia, 10.000 volte quella che l’umanità intera consuma. Una corretta politica energetica deve basarsi sulla riduzione degli sprechi e dei consumi e sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili».
Questi i fatti, distinti dalle opinioni (più o meno interessate). Intanto in Germania 60.000 cittadini si prendono per mano e formano una catena umana per dire no ad Angela Merkel, che vorrebbe rimandare il previsto spegnimento delle centrali tedesche. Uno di loro, davanti alle telecamere, lancia un messaggo chiaro al suo governo: “è una follia: se lo farete ce lo ricorderemo alle prossime elezioni”. Seppellire in sicurezza le scorie radioattive è impresa quasi impossibile. Riuscirà il referendum – nonostante il boicottaggio truffaldino di chi ha negato l’election day, facendolo slittare all’inizio dell’estate – a seppellire una volta per tutte le scorie di questa politica e di una informazione teleguidata dai soliti (e noti) interessi privati?
Riccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)