Ne parlavo proprio di recente con un’amica giornalista, per un pezzo che riporterò prossimamente. “E a Lanusei come vivi?”, mi ha domandato Ilaria. “Tante persone col cuore puro, veri sardi. E questo fa un paese”, le ho risposto. “Sì, ma… come vivi?”
È dal 2005 che vivo a Lanusei, in Sardegna, con mio marito e i miei quattro figli. La gente è semplice e cordiale quanto basta (potrei dire il contrario della mia gente?), dedita in linea di massima ad agricoltura e pastorizia, pettegolezzi da paese, vicoli stretti e strade da rifare. Per le vie, vecchie da rosario, odore di minestrina calda. Il mare sardo, con le sue rocce rosse, lo vedo dalla finestra della mia cucina. Pochi veri amici, gli stessi sacrifici di troppe famiglie in questa Italia che piange a sangue la bardatura a festa e gli interessi puntuali dei malati di ‘cholulismo’, come chiama mio marito lo smaniare di qualcuno per apparire ‘in foto con’ o ‘amico di’.
Disturbi fisiologici nel mio mestiere, un po’ come il mal di stomaco legato all’influenza di stagione: ci si abitua col passare del tempo. Spesso ripenso a Peter Russell, un caro amico scomparso per il quale, a lungo, mi sono battuta con amici giornalisti al fine di fargli ottenere la cittadinanza italiana e relativi favoritismi socio-economici che tale condizione comporta o dovrebbe comportare. Un grande poeta inglese di nascita ma, in realtà e come tutti i grandi, di appartenenza del mondo, pluripremiato, più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura.
Ci penso anche quando leggo della Fondazione a lui dedicata in Pian di Scò, luogo che l’ha visto attraversare i suoi ultimi anni in disperazione, miseria e quasi cecità, nell’indifferenza generale. Penso a quante cose potrebbero realizzarsi grazie ad una cultura della cultura e a chi vive per la cultura in dignità e purezza, a quanto si può crescere e far crescere grazie alla e nella cultura, quanto si può diventare ciò per cui si è chiamati al mondo: uomini. Perché uomini si diventa, non si nasce.
Ecco, con Ilaria parlavo di Lanusei e di un sindaco, Virginia Lai, da ‘toccata e fuga’ che avalla pomposamente, sostenuto dalla sua sedicente giunta, la promozione rocciosa della “Coltura della Non Cultura”: assente ingiustificato a ogni sollecito di progetto culturale che non sia la ciclica Sagra del Carciofo Variegato all’Amarena (& similitudini), proposta dagli amici degli amici come cultura.
Davvero, ho motivo di credere che la mia impulsiva presenza sortisca nella sindachessa curiosi effetti indesiderati, visto il suo sfuggire a ripetizione un dialogo con me. Suvvia signora, assicuro che sono una brava ragazza in fondo, anche se non amo andare a messa. Eppure in giro si sa che la Mulas vive onorata, nonostante quattro figli e il secondo marito argentino. Si sa che vive solo di parole ed è risaputo che le parole non le bastino a comprare il pane (lettera aperta dal mio sito ufficiale: E io scrivo. Quando la dignità è scambiata per masturbazione mentale).
Vita d’artista italiana, insomma. Rammento un bel tempo (a seguito di una mia missiva di denuncia a Napolitano e un’altra al prefetto di Nuoro) nel quale la signora Lai venne a trovarci direttamente a domicilio scusandosi con me e più di una volta per non avermi mai, e sottolineo il mai, fatto mandare avanti chesso’, un laboratorio di letteratura in zona, un reading nel paese dove vivo e dove, guarda un pò, lavorano a rotazione gli amici degli amici. E gli amici miei e di mio marito sono altri.
Ma sì, diciamola tutta. Correva il Natale del 2009. Io, mio marito e i ragazzi vivevamo in paese da cinque anni con giornate, come quella odierna, nelle quali non avevamo da dare il latte ai nostri figli. La signora si scusò tanto, benedicendoci alfine. Dal momento delle scuse a oggi io, mio marito e i figlioli abbiamo avuto dal comune di Lanusei un carico di legna.
Ma parliamo di un assessore alla cultura lanuseina, Vincenzo Pollaccia, pure lui evidentemente da toccata e fuga ché mai, dal 2005 ad oggi, ho avuto il piacere di ‘scambiarci’ un confronto critico, un minimo di progetto culturale o chessò, visti i suoi stretti rapporti con la sede vescovile locale un’Ave Maria beneugurante che di questi tempi d’ inflazione, guerra in Libia, bunga bunga a Lampedusa e disoccupazione ai massimi storici non guasta neanche per noi mangiabambini.
Parliamo pure dei servizi sociali di Lanusei (devo ancora scoprirne l’orario di apertura) che nulla fanno e hanno di sociale, una simpatica Happy Happy Company: chiare (ir)responsabili inadeguate ma evidentemente, bontà loro, parenti strette degli amici dell’amico. Insomma: una masturbazione mentale in grande stile anche in quello che è un piccolo comune, a buon rendere ai posteri, di riflesso dei poteri alti evidentemente. Happy Social Company portata impunemente e storicamente all’ aiuto del simpatico di turno, non certo del bisognoso. La mia vita ne parla.
Rassegnarsi alle ingiustizie, alle prepotenze, significa accettarle passivamente quindi, in un modo o nell’altro, condividerle. Far si che vegetino e prosperino a scapito del più debole, di chi assente da difesa vuoi per incoscienza, vuoi per ignoranza. Una denuncia condivisa è fondamentale; anche semplici parole, quando manifestate da mente pensante, possono vincolare, veicolare le masse, far riflettere.
E chi decide cosa è bene, cosa è giusto e cosa è sbagliato, se non un uomo come me e te, con tutti i suoi limiti, le sue frustrazioni, le sue aspirazioni? Già il far riflettere oggi, per ogni autore con un minimo di onestà intellettuale, rappresenta meta ambita. Le parole possono rappresentare forte strumento di incitazione al cambiamento: occorre operare caparbiamente e di passione su una politica di consapevolezza ed espansione culturale. Coltivare il pensiero nello stesso modo in cui un piccolo contadino semina e raccoglie: per vivere. Fino a che le menti rimarranno al buio, inconsapevoli di esserlo, prevarrà il nichilismo, lo sciacallaggio mediatico e clericale storicamente imposto per la conservazione del potere: il pensiero, le parole e l’azione di uomini uniti possono sgretolare un sistema ponderato per schiacciare il più debole.
Comune di Lanusei: anche questa è la piccola, becera miseria umana. Miseria mentale: la peggiore. Ci vuole un certo talento per rappresentarla e farlo con costanza, istituzionalmente parlando.
Giovanna Mulas (Nuoro, 1969) è scrittrice, poetessa, giornalista e pittrice. Ventisette libri pubblicati a oggi tra sillogi, poesia, romanzi, saggistica. Presente in centinaia di antologie internazionali con racconti e poesie. Pluri-accademica al merito, 60 primi premi letterari internazionali vinti l'ultimo dei quali ricevuto a Taormina dall'Europclub e la Regione Sicilia, premiati anche Ennio Morricone per la musica, Carla Fracci per la danza, Istvan Horkey per la pittura e la giornalista e opinionista Rai Barbara Carfagna per il giornalismo d'opinione. È stata tradotta in 5 lingue, due volte nomination all'Accademia di Svezia per la letteratura per l'Italia. Membro onorario della GSA, Giornalisti Specializzati Associati di Milano, dirige le riviste di letteratura Isola Nera (in lingua italiana) e Isola Niedda (in lingua sarda), diffuse nel mondo e consigliate UNESCO. Dal format originale in lingua spagnola Isla Negra, fondato dal marito Gabriel Impaglione, poeta e giornalista argentino. Nel 2011 presenzia, ufficialmente per l'Italia e prima artista sarda nella storia dell'evento, al prestigioso Festival Internazionale di Poesia di Medellin, Colombia, primo d'importanza al mondo, Premio Nobel alternativo dal Parlamento di Svezia.