Il timore di essere giudicati, catalogati, rinchiusi in un’idea, è insito in ognuno di noi. Siamo animali da branco e abbiamo bisogno di percepirci parte. In questa vitale operazione spesso si inceppa il meccanismo che ci porterebbe a proporci al gruppo semplicemente così, come siamo. Entra in gioco il timore di non essere adeguati alle aspettative degli altri, che pur essendo fisicamente fuori dal nostro mondo, lo modellano, lo supportano, lo integrano.
Come se ad un certo punto il nostro cervello si trasformasse in un moltiplicatore di difficoltà, ogni respiro si appesantisce ad inspirare ciò che sta interagendo con il nostro mondo ideativo che, nel frattempo, rallenta, scivola in un vuoto che non conosciamo e che ci spaventa, mentre il cuore aumenta il ritmo come a volerci fare sentire vivi.
Una vera e propria definizione di timidezza non è facile da trovare e/o da proporre, in quanto una persona timida è caratterizzata da un insieme di elementi non così chiaramente identificabili e definibili, si può presentare con modalità e/o in situazioni le più disparate. Generalmente un timido manca di disinvoltura, è impacciato magari solo con alcune persone e/o in determinate situazioni, però le risposte alle situazioni sono talmente varie e relative alla storia di ogni individuo, che si può arrivare a dire che forse un po’ di timidezza caratterizza ognuno di noi.
Ci sono zone oscure, oppure solamente ombreggiate, nel nostro mondo interiore, ed è proprio quando incappiamo in una di queste che esce la paura di non essere adeguati e si perde la spontaneità che invece ci caratterizza usualmente, in quanto dominati da un vissuto di inferiorità rispetto alla circostanza che dobbiamo affrontare, circostanza che rientra nella nostra parte oscura. È come se si restringesse la capacità di osservazione, il campo di coscienza, in quanto la situazione/persona che provoca la timidezza assume delle connotazioni che solo noi percepiamo, attraverso una decodifica relativa ai nostri vissuti. Solitamente la persona timida coinvolta in questa circostanza cade preda di una sorta di paralisi ideativa reagendo in modo inadeguato, tanto da apparire a chi sta fuori della sua bolla, quasi stupida.
Il fenomeno della timidezza è stato studiato all’Università di Berkeley, in California, e se ne trova pubblicazione sul Journal of Personality and Social Psychology del 19 settembre ’11, il lavoro di ricerca suggerisce che le persone timide sono anche le più affidabili e le più generose, quindi la timidezza, lo dice anche la scienza, non è un difetto, bensì un pregio teso al miglioramento della comunità sociale di appartenenza, in quanto, come dice Robb Willer (coautore dello studio): “L’imbarazzo è una firma emozionale di una persona a cui si può affidare risorse preziose. Fa parte del collante sociale che favorisce la fiducia e la cooperazione nella vita quotidiana”. Chi è alla ricerca di partner a cui risulti facilissimo lavorare in modo cooperativo e affidabile deve fare riferimento a persone che mostrino almeno qualche tratto di timidezza.
La timidezza, da non confondersi con l’ansia sociale o con la vergogna, considerata espressione di valenze culturali e morali di parte, sarebbe bene considerarla una virtù e sicuramente non va contrastata, ma accolta. Il gesto più tipico di imbarazzo, come mostra l’immagine che ritrae il dott. Dacher Keltner, psicologo pro-sociale coautore dello studio, a dimostrazione della tipica gestualità che suggerisce imbarazzo, è uno sguardo volto verso il basso, la testa lievemente spostata di lato, mentre una mano copre parzialmente il viso sia che esso sia impegnato in un sorriso compiaciuto, sia che esso esprima smorfie.
I risultati derivano da una serie di sperimentazioni, eseguite su 60 studenti universitari, destinate a studiare la relazione tra l’imbarazzo e la pro-socialità, basate sull’utilizzo di video testimonianze, di giochi di società incentrati sulla fiducia nell’altro e sorvegliando le dinamiche che sostengono le loro relazioni interpersonali.
In un primo approccio sperimentale i ragazzi sono stati videoregistrati mentre raccontavano esperienze imbarazzanti da loro stessi vissute, cose di poco conto, ma che avrebbero potuto creare grande disagio, come ad esempio una flatulenza in pubblico o una reazione negativa dinanzi ad una situazione apparentemente in un modo, ma in realtà differente, come lo scambiare una persona spettinata in un mendicante o confondere una donna in sovrappeso con una in stato di gravidanza. I video sono poi stati decodificati dai ricercatori a definire il livello di imbarazzo che i soggetti mostravano nel raccontare il loro coinvolgimento in tali situazioni.
A tester si è utilizzato anche il “Gioco del Dittatore”, ampiamente utilizzato nelle ricerche economiche a valutazione dell’altruismo. Per fare un esempio: ad ognuno è stato dato un blocchetto di 10 biglietti della lotteria, è stato poi richiesto di tenerne in parte ed il resto destinarlo ad un partner, i risultati hanno mostrato che coloro che mostravano maggiori livelli di imbarazzo tendevano a dare via un maggior numero dei loro biglietti, il ché indica una maggiore generosità.
I segnali di imbarazzo indicano maggiore predisposizione sociale, di conseguenza è consigliabile fare affidamento in persone che diano chiari segnali di timidezza nelle loro risposte. Questo non significa, per definizione, che le persone troppo conviviali non siano affidabili, lo studio non ha approfondito in questo senso, ma ciò che risulta e che, sicuramente va tenuto in considerazione, è che la timidezza non va contrastata.
Note di approfondimento
by Yasmin Anwar, Media Relations | September 28, 2011
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).