Hannover – Sono alcuni decenni che mia moglie mi accusa d’essere troppo noiosamente prussiano. Sentirselo dire da una tedesca fa un certo effetto, ma devo ammettere che qualcosa di vero c’è: mi ostino ad arrivare in orario (a volte, lo confesso, persino in anticipo!), credo che mantenere la parola data sia un obbligo e ho sempre cercato di essere preciso e affidabile nel lavoro. Ovviamente non suono il mandolino, non ho amici mafiosi e cerco d’evitare gaffes. Insomma, mi sforzo di non alimentare i pregiudizi verso gli italiani e di corrispondere il meno possibile all’immagine che i tedeschi, nel corso della storia si sono fatti di noi, quello di un popolo di simpatici cialtroni, fantasiosi pasticcioni, artefici dell’imbroglio, maestri nell’improvvisare e nel nascondere i nostri vizi tramite lazzi, frizzi e battute fuori luogo.
Non credo d’essere un caso eccezionale. Tutt’altro! La Germania è piena d’Italiani fatti così. Non saprei davvero spiegarvi la ragione, ma è un fatto che chi vive lontano dall’Italia dopo un po’ subisce una strana e inspiegabile mutazione che, se non è propriamente genetica, certo è culturale e psicologica. Così l’italiano all’estero si trasforma pian piano in un paladino dell’anti-italianità. O, meglio, di quella che a torto si ritiene sia l’italianità, perché come sappiamo stiamo parlando di stereotipi e fortunatamente gli italiani, quelli veri, sono un’altra cosa. È una battaglia di trincea, in cui si lavora per anni per strappare un centimetro di considerazione in più, come sanno bene quelli che lavorano in qualche modo sull’immagine del nostro Paese all’estero: diplomatici, esportatori, insegnanti d’italiano e via dicendo. Una battaglia in cui ogni sofferta conquista può essere annullata in un baleno da fatti imprevisti o, come accade sempre più spesso da quando il nostro Presidente del Consiglio si chiama Silvio Berlusconi, prevedibilissimi.
Quando il nostro Presidente del Consiglio mette piede in Germania, l’attenzione dei media tedeschi – che vi assicuro sono controllati dai comunisti nella stessa misura in cui l’Ayatollah Kamenei detta legge in Vaticano – si concentra su di lui, non allo scopo di spiegare ai tedeschi la politica italiana (operazione cui hanno rinunciato da tempo), bensì d’informarli sulle stravaganti cadute di stile dell’uomo politico che a torto viene considerato l’italiano per eccellenza.
La versione domenicale della Frankfurter Allgemeine Zeitung lo ha definito qualche anno fa “la prima popstar della politica mondiale” precisando, caso mai qualcuno avesse scambiato l’appellativo per un complimento, che Berlusconi “nella sua lussuosa villa in Sardegna ha torturato vari ospiti di stato con le piatte armonie di Apicella”. Sempre la FAZ, che nel panorama giornalistico tedesco è un autorevole giornale conservatore, già ben prima delle recenti storie di Papi, Noemi, Patrizia & Co. non aveva lesinato critiche ai comportamenti pubblici e privati del nostro Presidente “Con Berlusconi la volgarità non è più un tabù”, scriveva nel 2006.
Da allora molte cose sono cambiate. In peggio, purtroppo. Prendetevi la briga di leggere via Internet ciò che la stampa tedesca ha scritto in questi ultimi mesi e ve ne convincerete.
Die Welt, quotidiano amburghese del gruppo editoriale Springer definisce la decisione del Presidente di avviare una causa legale contro La Repubblica, rea di aver posto dieci imbarazzanti domande, „una novità persino per l’Italia, in cui le scurrilità politiche certo non mancano”. Incredulità per un’iniziativa che sarebbe impensabile in Germania viene espressa praticamente da tutta la stampa tedesca. Il tenore di questi articoli è ben rappresentato da un titolo del quotidiano Hamburger Abendblatt: “La prestigiosa Repubblica pone solo domande. Ma Silvio Berlusconi, il premier immerso negli scandali, le ritiene diffamatorie”.
Stern e Spiegel, riviste da sempre critiche verso Berlusconi e la sua politica, hanno informato dettagliatamente i lettori tra il serio e il faceto sul fenomeno Berlusconi. Stern gli ha dedicato un’ironica copertina e un pepatissimo servizio (“Potere e amore – come Berlusconi governa il nostro prediletto paese delle vacanze”), in cui le vicende che hanno interessato il nostro Presidente del Consiglio vengono attribuite a un inesistente paese sudamericano governato da una clicca dispotica per poi concludere che „l’Italia è più corrotta di certe repubbliche delle banane”. Afferma il settimanale: “Se questa fosse veramente una storia del tutto fantasiosa e non la ricostruzione dell’Affare Noemi fatta da La Repubblica, a questo punto la diciassettenne informerebbe i genitori e questi si rivolgerebbero a uno dei pochi giornali non appartenenti al capo della giunta militare e farebbero diventare pubblico lo scandalo. Ma l’Italia non è solo del tutto reale, bensì molto più corrotta della nostra fittizia repubblica delle banane sudamericana.”
Spiegel si è chiesto con preoccupazione se il fenomeno Berlusconi non sia un’anticipazione di quanto potrebbe avvenire nei prossimi anni nella stessa Germania. Citando il sociologo Peter Kammerer ha scritto che “l’Italia è sempre stata un laboratorio politico. Hitler ha studiato Mussolini, la sinistra ha ammirato l’Eurocomunismo, la Rote Armee Fraktion le Brigate Rosse. In dieci anni, secondo Kammerer, anche la Germania potrebbe avere il suo Berlusconi. I sintomi s’intravvedono già: il crollo della SPD, il vuoto programmatico ovunque, il qualunquismo delle argomentazioni e la mediocrità degli attori politici.”
Mal comune mezzo gaudio? Per gli italiani in Germania certamente il proverbio non vale. C’è da sperare che non cadano nel prossimo futuro dalla padella alla brace Impegnati nella missione impossibile di correggere con i loro comportamenti l’immagine del Paese d’origine, si scontrano con un Presidente del Consiglio che rema loro contro e non perde occasione per rivisitare i luoghi comuni dell’italianità.. Nel frattempo, comunque, anche a costo di subire i rimproveri di mia moglie, continuerò ad arrivare in orario agli appuntamenti e non mi metterò a suonare il mandolino mangiando gli spaghetti con le mani.
Antonio Umberto Riccò, ex dirigente scolastico, si è occupato per molti
anni della scolarizzazione dei figli di emigrati italiani in Germania
Hannover. Cura con altri amici il sito www.aussorgeumitalien.de. Ha
pubblicato presso l'editrice alpha beta di Merano i romanzi "Biscotti al
cardamomo" (sui profughi afgani in Italia, 2009) e "C'era in Germania un
Girasole" (sulla dittatura nella Germania Orientale, sett. 2010). Web:
www.antonioricco.it e www.antonioricco.eu