In Brasile il messaggio di Paulo Freire è sempre attuale. Torna puntualmente nel dibattito culturale e politico. Per le prossime elezioni nazionali i temi di fondo della pedagogia degli oppressi diventeranno terreno di propaganda politica. Ma al di là del recupero posticcio del grande pedagogista brasiliano, interessa la trasformazione della società come lui la pensava, ossia come liberazione dall’oppressione e come comunità di uomini e donne solidali e forti nella dignità di essere cittadini a tutti gli effetti.
Ne parliamo con Leonardo Boff, uno degli uomini simbolo del Brasile, il più rappresentativo teologo della liberazione in America Latina
Leonardo Boff, qual è stato secondo lei il maggior contributo che ha portato Paulo Freire con la sua testimonianza e la sua opera?
Il maggior merito di Paulo Freire è stato quello di mostrare che il povero ha potere e ha cultura. Non è un povero, è un impoverito che è stato fatto povero da relazioni umane ingiuste. Egli ha dentro di sé energie, intelligenza e cultura, un mondo che, una volta risvegliato, può fare di lui un soggetto della propria liberazione. Freire ha fatto uscire allo scoperto il potenziale trasformatore dei poveri. Ha avuto fiducia in loro e li ha fatti essere soggetti di un altro tipo di società che non riproduce quella in vigore, generatrice di poveri, ma un’altra che sa integrare e umanizzare tutti. Per questo ha creato una pedagogia, un metodo, mediante il quale il povero si scopre a se stesso come portatore di trasformazione, si organizza e comincia a creare qualcosa di alternativo.
Ernesto Balducci aveva letto la vicenda di Freire in Brasile come una sorta di prolungamento dell’esperienza di don Milani in una dimensione planetaria. Oggi, diceva Balducci, la Barbiana di Milani si trova in Brasile, si trova in Sudan, si trova in Afghanistan e rappresenta tutte quelle situazioni di deriva umana, sociale, civile che purtroppo crescono nelle periferie del mondo. In questo senso quanto è attuale il pensiero di Paulo Freire?
Paulo Freire rimane attuale nella misura in che il suo metodo e la sua pedagogia mobilitano gli oppressi per fargli uscire da loro stessi e dalla propria situazione di povertà, non nel senso di inserirsi nella società attuale ingiusta ma nel senso di essere forgiatori di una alternativa. Questo è il momento forte della liberazione. Non a caso uno dei suoi principali libri di Freire si intitola: Educazione come pratica di libertà. Questo metodo è stato assunto dall’Onu e diffuso in tutti i paesi poveri. Freire ha lavorato vari anni in Africa, organizzando l’educazione affinché essa potesse partorire cittadini nuovi e creativi. Fino a quando esisteranno poveri e oppressi Freire sarà sempre attuale. Fintanto che ognuno di noi porterà in sé le proprie oppressioni interne e le società saranno termometri di conflitto, Paulo Freire rimarrà come una fonte di ispirazione e di rappresentazione nonviolenta della realtà. Egli è una specie di Gandhi dei tropici, del terzo mondo.
Che ruolo ha oggi Freire nella chiesa brasiliana?
Paulo Freire era un cristiano cattolico che si professava tale, amico di Dom Helder Camara, del cardinale Dom Paulo Evaristo Arns e mio amico personale. Ė stato sempre considerato uno dei fondatori della teologia della liberazione (ndr – nel saggio “La pedagogia degli oppressi”, scritto nell’esilio francese al quale lo aveva obbligato la dittatura militare, libro tradotto in tutto il mondo, ricorda che la prima parola da insegnar a scrivere a chi vive nelle favelas è appunto “favela”). Ha lavorato con le comunità ecclesiali di base e i movimenti provenienti dalle pastorali sociali della Chiesa. In verità è stato accettato e applicato meglio all’interno delle Chiese che svolgevano un lavoro popolare più che nel sistema scolastico ufficiale del Brasile. Per il sistema Paulo Freire è sempre stato considerato un personaggio scomodo poiché il suo pensiero sottintende il superamento dello stile dominante di educazione che, in fondo, forma le persone per essere riproduttrici di questo tipo di società. Sono educate non per cambiarla ma per rafforzarla essendo buoni funzionari (dirigenti, impiegati, dipendenti statali….) e avendo una professione redditizia. Era esattamente quello che Paulo Freire non voleva. Egli ripeteva sempre: “L’educazione non cambia il mondo, ma cambia le persone che cambieranno il mondo”.
L’educazione popolare, la coscientizzazione, la formazione, l’alfabetizzazione, tutti i grandi filoni di lavoro di Freire che ruolo giocano sul piano politico oggi. Quanto pesa il suo pensiero nel voto che il Brasile ha dato a Lula?
Grande parte delle comunità ecclesiali di base (sono circa centomila in Brasile secondo i dati più recenti) e i movimenti sociali popolari come il Movimento dei senza terra, dei senza tetto, la Pastorale della terra, la Pastorale degli indigeni, la Pastorale dei negri e la Pastorale dei bambini e altre sono fortemente influenzate dal pensiero di Paulo Freire. È stato attraverso di lui che i militanti cristiani hanno conseguito uno spirito critico a fronte del tipo dominante di società e hanno alimentato una mistica di cambiamento. Essi hanno aiutato a fondare il Partito dei Lavoratori ed hanno aiutato a eleggere Lula. Il Brasile, senza i movimenti ispirati in Paulo Freire , sarebbe totalmente differente, ancora sottomesso alle élites tradizionali e con grandi masse depoliticizzate. Paulo Freire ha svegliato la coscienza delle persone, ha aiutato a cercare le ragioni della povertà ed ha fornito un metodo per uscirne, senza violenza, con amore e speranza. Il suo ultimo libro è sulla Pedagogia della Speranza. Pochi pedagogisti nella storia hanno accentuato tanto la forza dell’amore nella trasformazione del mondo come Paulo Freire. Ė l’amore l’energia segreta che fa sognare mondi differenti e suscita i modi per realizzarli concretamente. Egli amava le persone, specialmente i poveri e diffondeva una illimitata speranza che possiamo trasformare questo mondo perverso che non ama la vita e disprezza gli umili in un mondo di fratelli e sorelle, di liberati che abitano la stessa casa comune in collaborazione, fraternità e amore.
(ha collaborato per la traduzione dal portoghese Giuliana Ondertoller)
Francesco Comina (1967), giornalista e scrittore.
Ha lavorato al settimanale della diocesi di Bolzano-Bressanone "il Segno" e
ai quotidiani "il Mattino dell'Alto Adige" con ruolo di caposervizio e a
"L'Adige" di Trento come cronista ed editorialista. Collabora con quotidiani e
riviste in modo particolare sui temi della pace e dei diritti umani. È stato
assessore per la Provincia di Bolzano e vicepresidente della Regione Trentino
Alto Adige. Ha scritto alcuni libri, fra cui "Non giuro a Hitler. La
testimonianza di Josef Mayr-Nusser" (S. Paolo), "Il monaco che amava il
jazz. Testimoni e maestri, migranti e poeti" (il Margine), con Marcelo
Barros "Il sapore della libertà" (la meridiana) e con Arturo Paoli "Qui
la méta è partire" (la Meridiana). Con M- Lintner, C. Fink, "Luis
Lintner. Mystiker, Kämpfer, Märtyrer" (Athesia), traduz. italiana "Luis
Lintner, Due mondi una vita" (Emi). Ha scritto anche un testo teatrale "Sulle
strade dell'acqua. Dramma in due atti e in quattro continenti" (il Margine).
Coordina il Centro per la Pace del Comune di Bolzano.