“Buongiorno, cerco casa in via Roma.”
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Avrò ripetuto questa frase decine di volte di fronte ad altrettanti agenti immobiliari. La reazione, da parte di tutti, è sempre la stessa.
Inizialmente credono che io li stia provocando e iniziano a propormi abitazioni in altre zone della città. Tanto che devo insistere: “La mia prima scelta è via Roma”.
A questo punto l’agente immobiliare mi osserva e dice: “Ma guardi che via Roma non è bene abitata”. In questo preciso istante, l’agente immobiliare inizia a convincersi che io sia pazzo.
“Mi interessa – rispondo – via Roma. Non mi importa se negli altri appartamenti ci sono immigrati, nemmeno se nelle scale troverò dei panni stesi o dei mobiletti con dentro delle scarpe.”
Si, il problema di via Roma sono proprio loro: gli stranieri.
In questi mesi sto imparando come gli agenti immobiliari siano inconsapevolmente degli agenti in borghese del partito del razzismo. Come con me, la loro opera di convincimento, è quotidiana ed è indirizzata a tutti coloro che cercano casa: gli agenti immobiliari disegnano il volto della città, consigliando agli italiani di non mescolarsi con “quegl’altri”. Le armi che utilizzano non sono particolarmente sofisticate e fanno presa sul sentimento più comune: quella del valore dell’investimento. “Io le garantisco che se compra questa casa la venderà almeno al valore dell’acquisto – sostiene l’agente immobiliare – questo condominio è bene abitato. In via Roma compra a buon prezzo ma non troverà nessuno quando vorrà scappare via da lì.”
Nella casa che mi mostra, nella zona “buona” della città, abitano persone “perbene”: un evasore fiscale che nelle ultime elezioni ha votato orgogliosamente per un presidente del consiglio già iscritto alla loggia P2, un assessore ex comunista che sta aspettando la scadenza del mandato per ricevere la nomina di presidente di un ente pubblico che lui stesso ha creato tre anni fa, una giovane coppia con lei che legge ossessivamente i romanzi di Dan Brown mentre lui guarda aspiranti modelle nel reality di turno e, per ultimo, un avvocato ex sessantottino che scrive le sue opinioni radicali su un giornale telematico dopo essere tornato a casa in Suv dallo studio dove svolge la sua professione.
Ho ben presente cosa potrebbe comportare vivere in via Roma, cioè quello di viaggiare nel mondo restando a casa, ritrovando quindi pregi e difetti di ogni incontro.
M’immagino entrare in una porta di legno vecchia e leggere sui campanelli vocali e consonanti affastellate nel formare nomi che potrebbero provenire da ogni città del mondo. Sono pronto all’idea di una famiglia particolarmente numerosa, proveniente dalla Cina, con l’odore di fritto che esce da sotto la porta verso l’ora di cena. Riesco a distinguere i suoni gutturali e profondi della voce di tre ragazzi senegalesi che abitano al secondo piano e hanno l’abitudine di lasciare le scarpe fuori dalla porta di ingresso. Immagino i ritmi che provengono dallo stereo di una famiglia araba e l’imbarazzo di una donna col velo mentre sposta lo stenditoio che blocca il passaggio che porta all’uscita del palazzo.
So che potrei incontrare anche la casa dove vive una donna mette all’asta il suo corpo, l’appartamento di un gruppo di spacciatori del nord Africa o, nell’appartamento al piano di sopra, trovare una coppia di brasiliani che ogni sera si scatenano in danze fino alle tre di notte.
In questo periodo, da quando ho iniziato a cercare casa in via Roma, ho capito come chi svolge una professione può influenzare i suoi clienti, gli altri esseri umani. Così come una classe politica o i presentatori televisivi inviano messaggi sull’etica e sui valori al nostro paese, così l’esercito degli agenti immobiliari continua ogni giorno nella sua opera di diseducazione e insediamento della paura. Gli agenti immobiliari determinano il significato della parola “ben abitata”, ci raccontano che avere come vicino un evasore fiscale è meglio di una famiglia di ristoratori che viene dalla Cina, che è più affidabile un politico corrotto che un gruppo di operai di colore, che è meglio il rumore del Suv che la litania di preghiera verso La Mecca al tramonto del sole.
Gli agenti immobiliari non hanno molto rispetto per i clienti che vogliono vivere in via Roma, credono che siano dei pezzenti, gente che non ha abbastanza soldi per comprarsi una casa in una via ben abitata, vicino a dove si fa shopping e dove non ci sono botteghe del kebab.
E non comprendono se gli spieghi che in via Roma si è al centro del mondo, in mezzo a persone che hanno ancora storie da raccontare e hanno ancora bisogno di aiutarsi ed essere aiutati. E che, forse, il futuro della nostra città si gioca proprio in strade simili a via Roma.
Ma contro gli agenti immobiliari c’è ben poco da fare. Ne dobbiamo tirar fuori tante di parole per contrastare la loro azione quotidiana, martellante, che sta cambiando la coscienza di ogni persona che cerca casa. “Guardi io ho una casa al numero 39 di via Roma – mi dice l’agente immobiliare – ma la devo avvisare che ci sono degli stranieri che ci abitano. Io cercherei da un’altra parte, ma poi lei è libero di scegliere, io mi sento in dovere di avvisarla.” Sembra incredibile ma nei giornali di annunci immobiliari ogni tanto appare già la scritta “vendesi casa ben abitata”, sono condomini dove è vietato l’ingresso agli stranieri. Tutto questo succede anche a Reggio Emilia.
Gianluca Grassi è coordinatore del Portale Giovani di Reggio Emilia. Si è occupato di giornalismo, comunicazione e associazionismo, è tra i fondatori della televisione di strada Telecitofono e dell'associazione Gabella che ospita la Scuola di Etica e Politica Giacomo Ulivi. Ha curato Madreperla. La casa che non c’era per Diabasis.