Ho appreso solo stamani, quasi per caso, che ci stiamo lentamente ed inconsapevolmente suicidando, nel dissetarci, da una diecina di anni perlomeno, dato che l’acqua che esce dai nostri rubinetti, specie in alcune regioni, contiene di tutto e di ogni, in fatto di sostanze cancerogene e dannose per fegato e reni: arsenico, vanadio, boro, trialometani, nitrati e nitriti – questi ultimi, forse, accompagnati dagli ululati e dai miagolii, da mal di ventre, degli utenti. I quali, fra l’altro, pagano, da sempre, bollette sempre più salate per devastarsi, in lento, ma continuo progresso, nel fisico e nella mente. La situazione è grave soprattutto in Lombardia, Trentino-Alto Adige, Toscana, Lazio e Puglia, soprattutto per la presenza esorbitante di metalli pesanti. L’UE si è stancata delle continue deroghe, richieste e concesse a raffica, per le quali l’Italia, ça va sans dire, detiene il record e ha intimato un altolà, dal gennaio 2011. Infatti, finora, parecchi Comuni di 13 regioni su 20, quando si accorgevano di non rientrare nei limiti consentiti dalla legge in fatto di sostanze potenzialmente dannose presenti nell’acqua potabile, inoltravano regolare domanda di deroga alla Regione, che la passava al Ministero della Salute, poi al Consiglio Superiore della Sanità, che non rifiutava mai di soddisfare le varie richieste. Il tutto in barba ed alla faccia della salute dei concittadini ed anche della propria. Ora, è vero che l’Italia, per la sua conformazione orografica e la presenza di numerose zone vulcaniche, attive e non, già presenta, di suo, inevitabili rischi per la presenza di sostanze insalubri nelle falde freatiche o nei bacini idrografici destinati all’erogazione di acqua potabile. Ma a ciò si aggiungono i regalini che ci fanno certe attività agricole e gli stessi processi di potabilizzazione dell’acqua, specie con il cloro, che, aggregandosi ad alcuni microorganismi, produce trialometani, che danneggiano reni e fegato, aumentano i rischi di morte intrauterina e sono anche cancerogeni. E’ anche vero che le deroghe sono concesse, solitamente, in subordine a interventi di potabilizzazione ulteriore e di bonifiche degli acquedotti, con l’obbligo di informare la popolazione dei rischi che corre, ricorrendo all’acqua che sgorga dai rubinetti. Ma qui sorge il dubbio ragionevole che tutte queste promesse vengano poi mantenute e non siano di appartenenza marinaresca. Si pensi che a Velletri, quando il massimo consentito di arsenico è di 10 mcg\litro, se ne trovano invece ben 50, anche se poi la popolazione è stata avvertita. I bambini sotto i 3 anni di età non dovrebbero bere acqua con concentrazioni di arsenico oltre i 10 mcg; eppure in Italia sono 128 i comuni che sorpassano la dose di ben 20 mcg. A Roma l’ASL ha vietato l’acqua potabile ai minori di 14 anni e molte industrie alimentari del Lazio si sono dovute dotare di un proprio depuratore, per continuare l’attività. Ci sono comuni, attorno al lago di Vico, che usano l’acqua di questo bacino, la quale, oltre ad essere fortemente inquinata dall’arsenico, produce anche un tipo di alga rossa, che si combina con alcuni microorganismi, dando origine a microcistina cancerogena. Ora, pungolati dalla Commissione europea che ha perso la pazienza, si spera che possiamo, tutti noi italiani, bere dai nostri rubinetti un’acqua perlomeno più sana; ma per molti potrebbe essere troppo tardi, avendo accumulato in corpo, per lunghi periodi di tempo, una congerie immonda, subdola e silente di veleni, che li hanno dissetati a morte. Ma che ci hanno mai dato, da anni, e che ci vogliono ancora dare a bere, in Italia, oltre alle panzane della politica? Beati quei tempi lontani e perduti, quando il serafico Poverello d’Assisi poteva cantare:”Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.” e più tardi, l’elegante e forbito ser Petrarca sospirava: “Chiare, fresche e dolci acque…”. Quale alternativa ci soccorre, noi, che, assetati, vorremmo rinfrescarci le aride fauci, senza avvelenarci? Le acque minerali, attinte alle stesse fonti da cui esce l’acqua all’arsenico? Il liquor di Bacco, distillato prezioso dagli acini dell’uva che assorbe linfa dal terreno, l’acqua piovana, sempre più acida? Esattamente due secoli orsono, Carlo Porta aveva previsto: “Per mì l’acqua, se l’è bona, l’è dumà per lavà i piatt!”; come dargli torto, alla luce di certe recenti cattive nuove?
Franco Bifani ha insegnato Lettere in istituti medi e superiori dal 1968 al 2003. Da quando è in pensione si dedica essenzialmente alle sue passioni: la scrittura, la psicologia e il cinema.