Piero Ricca
Piero Ricca è una persona seria. Wikipedia, arcinota e non sempre impeccabile enciclopedia dl nuovo millennio, lo descrive così:
Piero Ricca (Verbania, 22 luglio 1971) è un attivista, blogger e giornalista freelance italiano, divenuto noto per la sua attività politico-sociale e per le aspre critiche rivolte a vari esponenti dell’establishment politico, economico e mediatico. Utilizza Internet come mezzo di comunicazione principale, in particolare il suo blog ed il sito YouTube. È soprattutto noto per i colloqui faccia a faccia, le interviste non convenzionali, le performance al megafono, i volantinaggi e le manifestazioni di piazza.
Nel 2007, anno di nascita del Pd, fu tra i fondatori dell’associazione Qui Milano Libera: “Un gruppo di amici uniti da onesta passione civile”, cittadini che prendono sul serio la Costituzione italiana. “Difendiamo i valori della legalità e dell’etica pubblica; ci opponiamo alla manipolazione e alla censura dell’informazione, dedicandoci alla diffusione della verità scomode; coltiviamo il vizio della memoria; siamo cittadini, non sudditi”.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 5 maggio 2003, Piero è stanco di essere ricordato prevalentemente per l’episodio che lo ha reso celebre: aver gridato a Silvio Berlusconi – all’uscita di un’udienza del processo SME – “Fatti processare buffone! Rispetta la legge! Rispetta la Costituzione! Rispetta la democrazia! Rispetta la dignità degli italiani! O farai la fine di Ceausescu e di Don Rodrigo!”. Berlusconi, non sopportando l’impudenza e il “cattivo esempio”, lo portò in Tribunale. Novembre 2006: Piero viene definitivamente assolto. Ciao ciao Silvio…
Un esempio di quelle re-azioni civili che oggi, fortunatamente, si stanno moltiplicando. Da allora, i politici di ogni colore hanno sempre tentato di liquidare Ricca come un “provocatore”, un “giustizialista”, un “antipolitico”. Tecnica consolidata per tentare di sfuggire a numeri e fatti, da sempre snocciolati (perché studiati) con dovizia di particolari dal barbudo indignado. Le sue incursioni, sempre presidiate da solerti forze dell’ordine, gli hanno procurato guai di ogni genere: caricato in auto e portato in Questura, strattonato dagli armadi della “security”, rischiando più volte di essere linciato.
Per esempio quando il 15 dicembre 2007 si intrufolò nella tana del lupo: manifestazione del Pdl a Milano “contro il carovita”, dove si regalavano pacchi di pasta (marca Barilla) agli aficionados che gridavano “Prodi a casa! Pensionati all’attacco! Berlusconi al governo!”. Gli attivisti di Qui Milano Libera accolsero Silvio con grida non proprio di giubilo: “Forza Mangano! Forza P2! Restituisci la Mondadori! Fate parlare un piduista a Milano, la città di Giorgio Ambrosoli?”, rivendicando libertà di critica e di parola. Sfogo liberatorio e liberante di persone stanche di veder calpestati, da anni e quotidianamente, la propria dignità e libertà di cittadini della Repubblica.
Oggi Piero è un giornalista free lance. Nell’universo della cosiddetta “resistenza costituzionale” è senza dubbio un punto di riferimento, un esempio. Nonostante le tante amarezze di questi anni (una su tutte: il ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi, nel 2008), Piero ha ostinatamente perseguito la strada maestra: scendere in strada e parlare alle persone. Tra i pochi ad aver messo in dubbio, in tempi non sospetti, le magnifiche sorti e progressive e la presunta forza rivoluzionaria di internet, da tempo raccomanda ai propri interlocutori di concentrarsi sulla conosenza. Spesso gli ho sentito esprimere, nei numerosi incontri pubblici a cui partecipa, questo pensiero: “Solo acquisendo informazioni e cultura i cittadini possono avere gli strumenti critici necessari per formarsi un’opinione fondata”. Un pensiero emerso anche durante il dibattito “Riformare la politica”, organizzato da Domani, insieme alle associazioni Articolo 21, A.R.S. e Il Mosaico il 6 maggio 2010 a Bologna, ospiti Luigi de Magistris, Raniero La Valle, Aldo Tortorella e Piero, intervistati da Tana de Zulueta. Gestisce il suo blog (www.pieroricca.org) e collabora con Il Fatto Quotidiano. Continua ad essere un punto di riferimento per chi si ostina a non rassegnarsi al berlusconismo.
Ci siamo conosciuti nel 2004, quando entrambi avevamo, forse, maggiore fiducia nella capacità di ribellarsi del popolo italiano: ribellarsi al regime piduista che, oggi più che mai, opprime la Repubblica di cui, tutte e tutti, siamo cittadine e cittadini.
Vera informazione, ironia, indignata irruenza, intransigenza intellettuale. Ecco le “i” che, dal 2001 ad oggi, hanno rappresentato il terreno comune – un terreno solido su cui fissare paletti inamovibili – delle riflessioni e delle azioni di un numero crescente di cittadine/i consapevoli.
Impossibile, per noi, non diventare amici. Prima di conoscerci, avevamo entrambi vissuto in prima linea la stagione dei “Girotondi”, esordio di una resistenza civile – tuttora in atto – inaugurata dal grido di dolore di Francesco Saverio Borrelli: era il 12 gennaio 2002 quando l’ex procuratore generale di Milano pronunciò parole che rispecchiavano (rispecchiano) i sentimenti e le preoccupazioni della parte più sana e consapevole dell’Italia: «Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave».
Alla vigilia delle elezioni comunali di Milano, di fronte ai mal di pancia dei grillini “duri e puri”, Piero dichiarò pubblicamente il suo convinto sostegno a Pisapia. Dopo tanti anni la sinistra (non solo i partiti) ha riconquistato Palazzo Marino.
Da quando si è ricominciato a scrivere e parlare di P2 – specie in seguito alle inchieste sulle varie cricche – ripenso spesso ad una delle “azioni di informazione” che mi capitò di condividere con Piero. Era l’inizio del 2006 quando alcuni amici toscani ci informarono di una (per noi) clamorosa iniziativa del Comune di Pistoia: accogliere presso l’Archivio di Stato, con tanto di cerimonia, l’archivio personale di Licio Gelli (“gran maestro” condannato in via definitiva per aver depistato le indagini sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980). “Un archivio personale – spiegò la docente di archivistica generale Linda Giuva, consorte di Massimo D’Alema – è come un monumento che una persona fa per lasciare una certa immagine di sé. E lo stesso vale per Gelli. Una parte dei documenti in suo possesso potrebbe non essere pervenuta all’archivio di Stato”. Nella nostra ingenuità, due furono le domande che lanciammo sul web: “possibile che rappresentanti delle Istituzioni ed esponenti della Sinistra non avvertano imbarazzo nell’omaggiare personaggi così compromessi nelle trame più torbide della storia italiana? Ed è forse opportuno, in nome della neutralità della cultura, distinguere il mecenate dal piduista?”.
Nel frattempo Gelli aveva approfittato dell’occasione per lanciare uno dei suoi famigerati messaggi al Palazzo: a margine della cerimonia che lo vide protagonista, definì “presuntuoso” Berlusconi per essersi accostato a Napoleone… E dichiarò di non sapere ancora per chi votare, anche perché “non so se alla fine la sfida sarà tra Prodi e Berlusconi”. In realtà Prodi vinse, faticosamente, le elezioni politiche del 2006. Anche a causa della legge elettorale di Calderoli, ne nacquero un governo ed una maggioranza parlamentare azzoppati che, tra i suoi primi atti, partorì l’indulto salva-Previti. Chissà: forse, dopo gli scandali che hanno coinvolto persone a lui molto vicine, anche per Massimo D’Alema è giunto il tempo di pagare – quanto meno politicamente – le conseguenze (nefaste) delle sue azioni (politiche e non).
Sono trascorsi quasi dieci anni dall’inizio di questa resistenza cvile nonviolenta. Eppure i protagonisti della politica e dell’economia sono sostanzialmente gli stessi di allora. E, soprattutto, c’è ancora lui: il vero Maleducante, l’unto dal Signore che ha plasmato questo disgraziato Paese a sua immagine e somiglianza. Da allora è successo di tutto: le primarie, Beppe Grillo, il Popolo Viola, la “riforma Gelmini”, Fini, Napolitano, Marchionne, la Fiom, la guerra in Libia (di cui non si parla/scrive più).
Poche le personalità che, in questi dieci anni di attivismo, hanno avuto il coraggio di stimare Piero pubblicamente: Giovanni Sartori, Gian Carlo Caselli, don Luigi Ciotti, Furio Colombo, l’attore Scamarcio e il cantante Cristicchi, che addirittura gli ha dedicato una canzone. Marco Travaglio lo ha definto “un esempio da imitare”.
Chi è, dunque, Piero Ricca? Un uomo che, commentando l’ennesimo tormentone mediatico (l’ormai nota pagina Facebook “I segreti della casta di Montecitorio”), non teme di andare controcorrente: “Valvola di sfogo dello sdegno virtuale, innocuo gossip post finanziaria “lacrime e sangue” delle gazzette estive, la storia del portaborse che svela i presunti segreti di palazzo, si sta rivelando una trovata di marketing. Quelle notiziole sono già note. I privilegi dei parlamentari, pur gravi, rappresentano un problema secondario rispetto alle ragioni strutturali del disastro nazionale”.
Chapeau!
Riccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)