Cari credenti, noi cattolici possiamo ancora ripetere “lasciate che i bambini vengano a me”?
22-04-2010
di
Danilo Ceccome, già funzionario Inam regione Friuli Venezia Giulia. Vive a Trieste
Cronache ricorrenti di una sessualità brada praticata da uomini di chiesa, risvegliano ricordi anche in chi, adolescente negli anni della seconda guerra mondiale, ebbe la ventura di frequentare una chiesa cattolica di Pola. Le parrocchie erano il luogo di aggregazione più comune, per giocare con i coetanei o per servir messa (escludendo gl’insopportabili sabati pomeriggio alla GIL, Gioventù Italiana Littorio, ad armeggiare col moschetto).
D’altronde neanche la Chiesa, da parte sua, ci andava tanto affabile. Per rendere l’idea di quel clima, era l’epoca – per dire- che un giovane di Azione Cattolica, in seguito noto giornalista corrispondente dall’estero, poteva fare lezioni di dottrina, intrattenendo dei chierichetti adolescenti sull’opportunità di dormire con le mani fuori dalle coperte. Da rabbrividire; ma il letto e dintorni è sempre stato un caposaldo di teologia morale, nell’educazione cattolica. Al riguardo, riemerge il ricordo preciso di un frate predicatore -‘special guest’ del mese di maggio. Costui praticava una confessione così ravvicinata, – almeno con i ragazzetti – che la ‘clapa’ dei chierichetti che si erano avventurati su quell’inginocchiatoio, non ci riprovò; ci rise sopra e lo assolse con indulgenza plenaria.
Ora, per trarre qualcosa di propositivo sull’argomento, oltre alle cose dotte che dilagano in questi giorni, si possono consultare anche gli elenchi telefonici. Contengono una piccola, istruttiva serie di cognomi che cominciano con ‘Del’ e si completano con il nome di un ecclesiastico, con la tonaca o col saio o con lo zucchetto rosso. Si può dire che quel patronimico sia il frutto del vizietto, quello’giusto’. Gli ufficiali dello stato civile, con un sorriso sotto i baffi, sono stati la spia maliziosa del diritto naturale.
Ed è il caso di fermarmi qui, per non scalare il versante dell’omosessualità.