Seguo solo dalle cronache la kermesse bolognese che riunisce la meglio gioventù del PD. Posso dunque incorrere in qualche superficialità nel commentarne l’innovativo svolgimento. E di ciò chiedo venia. Il mio primo pensiero è stato che feci bene a suo tempo ad abbandonare il campo. Non sopporterei facilmente d’essere sottoposto a un linciaggio generazionale seppur nella forma educata di due persone intelligenti come Civati e Serracchiani.
A parte ciò non mi sfugge il senso tutto politico dell’appuntamento bolognese che anticipa il big bang annunciato da Renzi, il rottamatore. Nella partita già aperta, ma non scontata negli esiti, per la successione a Bersani, la meglio gioventù cerca un proprio spazio di protagonismo e comunque d’influenza. E muove, non a caso da Bologna facendo avanzare sul proscenio Zingaretti e avendo cura di non rompere con Bersani mentre inneggia a Prodi. Son bravi. Manovrano con destrezza, da professionisti, in una situazione assai complicata. E ciò di per sé un evento positivo. Di dilettanti allo sbaraglio ce ne son fin troppi nella politica italiana.
Ma, nonostante i metodi innovativi, anche nell’organizzare il confronto su singoli temi, resta un vuoto. O almeno a me così sembra. Cerco di spiegarmi. Già il professor Galli aveva notato la prevalenza della forma sui contenuti. Un’attenzione a temi come le primarie, il numero dei mandati parlamentari da limitare, insomma un tentativo di disegnare una situazione organizzativa (democrazia partecipata o robe così) tale da far largo ai giovani pur senza giungere agli eccessi demagogici di un Renzi, il quale alla fine, si dimostrerà assai meno scaltro di quanto appaia se uno dei suoi sostenitori emiliani, Richetti, s’espone ad esser rottamato a chilometri zero quando rispondendo all’invito un pochino ruvido di Merola (occupati della regione) risponde che “io voglio occuparmi del mio paese che sta andando a rotoli”.
Vasto programma. Non manca l’ego. Quanto ai contenuti invece convengo appunto con Galli. Siam scarsini. Ben giusto occuparsi del paese sull’orlo del baratro. Anche a fronte della zona grigia nella quale si dibatte l’attuale classe dirigente del PD e del centrosinistra (o come si chiama adesso) bisognerebbe ancora una volta partire dai contenuti. I quali ultimi però rischiano d’essere un’accozzaglia di proposte volte a tamponare questo o quell’aspetto della crisi in corso, poco illuminanti e per nulla trascinanti se non vengono elaborati e concepiti in conseguenza di un’analisi attenta della dinamica della stessa crisi. E dunque posti e proposti dentro un disegno alternativo all’andazzo attuale che intrecci il piano politico con quello economico e sociale.
E’ qui il difetto. Il vuoto che impressiona nel partito riformista di Bersani. Ed è qui che la meglio gioventù deve misurarsi se vuole assurgere a classe dirigente. Adesso è tutto un dire che la crisi attuale del capitalismo finanziario è ben più grave di quella del 1929 del secolo scorso. Lo dicono tutti. Salvo aderire più o meno acriticamente alle cure proposte dalla BCE o dal FMI. Bene. Se così è, forse non sarebbe tempo perso muovere da una comprensione della dinamica della crisi.
Vabbe’, voi lo sapete. Io son tutto meno che un intellettuale. Non sono mai neppure stato un bravo “uomo politico”. Così a volte, come un topo di campagna, vado a rosicchiare tra vecchi libri, curioso come son gli autodidatti che, come tali, posson sempre prendere grandi cantonate. Tuttavia vorrei far notare il metodo, innovativo, col quale Gramsci s’interrogava sulla crisi del ’29, stralciando brutalmente :
“Si potrebbe allora dire, e questo sarebbe il più esatto, che la crisi non è altro che l’intensificazione quantitativa di certi elementi, non nuovi e originali, ma specialmente l’intensificazione di certi fenomeni, mentre altri che prima apparivano e operavano simultaneamente ai primi immunizzandoli, son divenuti inoperosi o sono scomparsi del tutto. Insomma lo sviluppo del capitalismo è stato una continua crisi, se così si può dire, cioè un rapidissimo movimento di elementi che si equilibravano e immunizzavano. Ad un certo punto, in questo movimento, alcuni elementi hanno avuto il sopravvento, altri sono spariti o sono divenuti inetti nel quadro generale.”
Occhei. Adesso semplifico facendo torto alla memoria dell’autore. Ci son differenze date dallo sviluppo storico evidenti, ma vi son anche analogie che almeno sul piano del metodo (per capire quanto sta avvenendo) dovrebbero esser considerate. Tra tutte il venir meno dei fattori immunizzanti riassumibili in una politica e in una dinamica sociale che equilibravano le tendenze, per così dire, spontanee del capitalismo. Ergo, per precipitare nel quadro attuale, è precisamente sullo squilibrio, fattosi nel frattempo enorme, tra politica ed economia che bisogna agire. Ciò presuppone la convinzione di dover andare controcorrente rispetto alle logiche meramente e provvisoriamente “riparatrici”, ad esempio, della BCE.
Fare i conti con “l’inettitudine” della politica. In quest’ambito davvero è del tutto precluso un altro approccio che scongiuri l’idea dominante secondo cui s’abbatte il debito per cadere in recessione come condizione per ridare fiato alla finanza globale? Credo che, nella “dinamica della crisi” si potrebbe/dovrebbe indicare un’altra strada, che incontri quel simbolico (ma poi mica tanto) 99% che ha manifestato in tante città d’Europa e del mondo per farne una forza immediatamente politica. Ritrovare il fattore “immunizzante”.
E con esso avviare nella “dinamica della crisi” il necessario e, a questo punto vitale, riequilibrio. Da qui la mia insistenza su di una robusta e nient’affatto innocua patrimoniale o sulla tassazione delle transazioni finanziarie. Sarebbero primi,decisivi, passi in un assetto di marcia che non può accettare l’aut aut dei centristi: o con la BCE o con i No Tav.
Prima delle alleanze deve venire un progetto tale da porsi pienamente dentro una dinamica di crisi che non può esser guidata da coloro che l’hanno in gran parte prodotta. Ma la scelta è dura assai. Con tutto il rispetto o stai con coloro i quali svolgono, obiettivamente, il ruolo di cani da guardia del capitalismo finanziario oppure li combatti apertamente nel momento in cui non hai quasi più nulla da perdere. Viceversa non resta che accettare di gestire un declino, arretrando continuamente, senza avere la forza e il consenso necessario neppure per alleviare le ferite sociali (profonde) che ancora saranno inferte.
Senza contare che sullo sfondo dello squilibrio attuale è persino insensato non scorgere all’orizzonte bagliori di nuove guerre. Ricordo che quelle che già si son combattute e che son ancora in corso si inscrivono tutte, a ben vedere, dentro la “dinamica della crisi”. Comunque auguri alla meglio gioventù, quella delle primarie o dei due o tre mandati.
Mauro Zani è stato segretario provinciale del PCI e del PDS di Bologna dal 1988 al 1991. Deputato dal 1994 al 2004, poi eletto al Parlamento europeo. Non ha mai aderito al Partito Democratico: nel 2007, all'ultimo congresso dei Ds, fu tra i promotori della mozione n.3 insieme a Gavino Angius e Gianfranco Pasquino. Il suo blog è http://maurozani.wordpress.com