Deve essere l’angoscia per i 560 milioni da pagare a De Benedetti a far perdere i numeri della “persecuzione” a Marina Berlusconi, braccio del padre in Mediaset. Non ai giornalisti-domestici alle dipendenze del Cavaliere: sanno e mescolano le carte con un furbizia alla quale dà una mano Maurizio Lupi (onorevole Pdl, cattolico fervente, figlio di operai, cresciuto in periferia quindi vicino al popolo) e i soliti Gasparri e il robot Capezzone programmato come uno spot. Fanno finta di dimenticare che mai i Giudici Rossi sfiorano il Cavaliere Politico: solo normali contestazioni ai reati di un italico imprenditore che imbroglia come imbrogliano senza pagare le multe all’Europa “matrigna” i mungitori di latte iscritti nelle leghe della libertà.
Appena le sue Tv o i suoi giornalisti Rai gli aprono doverosamente i microfoni, il presidente del consiglio protesta per essere costretto da anni a trascinarsi da un tribunale all’altro dove alla fine viene sempre riconosciuto innocente, ma è un’innocenza – lamenta – pagata a caro prezzo: avvocati che costano centinaia di milioni senza contare il tempo rubato a chi sta salvando l’Italia. Necessario precisare che Berlusconi si è seduto appena 21 volte in 20 anni davanti ai giudici: 13 per dichiarazioni spontanee (libero di insultare anche la madre dell’Ariosto, signora che ha testimoniato sui soldi distribuiti per la corruzione), appena 8 per rispondere ai procuratori che facevano domande. Non si sa quali onorari elargisca ad avvocati che gli devono gratitudine: prima Pecorella, poi Ghedini e tante toghe parlamentari che paghiamo noi. Lo difendono non solo nei tribunali; fanno prevenzione alla Camera e al Senato elaborando leggi che sciolgono i reati del loro Cavaliere. L’ultimo cavillo voleva bloccare la sentenza dei 560 milioni, ma il presidente Napolitano ha fatto sapere che non avrebbe firmato, arriva la catastrofe. Ecco la cronistoria “sull’’arroganza della magistratura killer”.
Prima condanna, Assise di Venezia 1989. B nega di essersi mai iscritto alla P2 e querela i giornalisti che lo sostengono. Viene condannato per aver dichiarato il falso alla corte. Salvato dall’amnistia.
Seconda condanna, 1993. Processo All Iberian, illecito finanziario a favore di Bettino Craxi: milioni e milioni. “2 anni e 4 mesi di pena, prove e documenti ineccepibili”. Ma i grandi difensori trascinano le udienze. La prescrizione lo salva.
Terza (mezza) condanna, 1996: falso in bilancio e frode fiscale. B e i suoi avvocati-onorevoli aprono il capitolo di una nuova legge scaccia guai. Nel 2002 il processo si ferma; il falso in bilancio ha smesso di essere un reato. Sigillo del governo del Cavaliere.
Comincia lo svuotamento dei processi che lo riguardano:
1996, fondi neri consolidati Mediaset. Riduzione dei termini della prescrizione e abolizione del falso in bilancio legano le mani alla giustizia. Le prove diventano carta straccia nel 2002.
1997, altri fondi neri, Medusa Film. Chi indaga insegue e trova dove sono nascosti 10 miliardi di lire distratti dai bilanci Finivest (nonna di Mediaset). Carlo Bernasconi socio e amico storico del Cavaliere li ha distribuiti in libretti al portatore Silvio Berlusconi il quale nega di essere stato a conoscenza della cosa. E Bernasconi lo conferma: si è dimenticato di informarlo. Viene condannato ma l’anno dopo muore. Caso chiuso. B, assolto per insufficienza di prove, ricorre per avere pieno riconoscimento della sua onestà. Il tribunale respinge il ricorso.
1999, altro falso in bilancio. Cade sotto la prescrizione abbreviata e sparisce: per la nuova legge B non è più reato.
1999, ancora All Iberian: assolto per modifica della legge.
2001, lodo Mondadori, storia arrivata ai nostri giorni con la sentenza del tribunale civile. L’avvocato fraterno Cesare Previti, (portato in parlamento, ministro della Difesa), é condannato per aver trasferito 425 milioni di lire ricevute da Finivest (consulenze non precisate) sul conto corrente del giudice Meta che stava per decidere se dare ragione a De Benedetti o al Cavaliere. Operazioni fra banche svizzere. Previti protesta: sono colpevole solo di esportazioni di capitali all’estero. Cosa sara mai? Rovesciando la sentenza precedente, il giudice mette la Mondadori nelle mani Finivest e intasca la mancia. Viene condannato assieme a Previti il quale finisce anche in galera: B. non ne sapeva nulla. Adesso deve pagare il danno procurato dai suoi fidi maramaldi all’editore al quale ha sfilato la Mondadori.
2002, processo Sme –Ariosto. Compagna dell’avvocato Dotti, legale di B e naturalmente suo onorevole in parlamento, l’Ariosto è testimone del passaggio dei soldi di una tangente fra i naviganti ospiti del Barbarossa, barca a vela dell’avvocato Previti. Inorridisce. Si inquieta col suo avvocato il quale sfuma: insomma, comincia una crisi che finisce nell’abbandono e l’Ariosto racconta ai giudici l’orribile baratto. Il processo non arriva a conclusione: solita prescrizione abbreviata, modifica della legge che taglia definitivamente le gambe al ricorso nel 2003.
2004, frode fiscale diritti Mediaset. Dibattito ancora in corso per i rinvii che mirano alla prescrizione prevista da un’altra legge finalmente cancellata dal referendum: il famoso “legittimo impedimento” che il ministro Alfano aveva blindato in parlamento.
Fra qualche giorno la “nipote di Mubarak” arriverà davanti ai giudici. Come tutto il mondo sa il Cavaliere è imputato di concussione e abuso di prostituzione minorile. I suoi onorevoli avvocati sperano di trasferire il processo al tribunale dei ministri: la prescrizione breve può evitare la vergogna. Braccio di ferro in atto.