Ve li ricordate? Ipocriti, melliflui, untuosi, le saccocce piene di promesse non mantenute. Due facce della stessa medaglia: una pronta a farsi carico del vostro problema (recto), l’altra a scaricarlo non appena vi foste allontanati (verso). Mai una pedata nel didietro. Semmai una spintarella. Che, data con eccesso di vigore, poteva trasformarsi in una spinta, quando non in uno spintone con conseguente ruzzolone. Con loro era facile cadere e risollevarsi. Dopo avere inciampato ed essersi ravveduti. Democristiani, spesso incastrati tra le ante degli armadi delle sacrestie e gli sportelli della banche.
Vessati dalla petulante arroganza berlusconiana, soffocati dal padrone che si erge a pontefice massimo dei nostri destini, ci eravamo dimenticati della loro eterna esistenza. Della loro abilità nel dissimulare e stemperare, redarguire e rinviare, nel sorridere e dimenticare, nel chiedere senza chiedere, nel togliere fingendo di dare.
Ci eravamo dimenticati della loro curiale potenza, della sconfinata capacità di peccare e di redimersi, della loro plastica duttilità a essere veneti, calabresi e persino emiliani. Così diversi e già così federati. Divergenti e paralleli.
Sconcertati dalla sterminata clonazione che continua a generare sosia di Berlusconi come in un esperimento riuscito del dottor Mengele, ci eravamo dimenticati del mimetismo dei democristiani, Zelig di periferia in grado di somigliare ai modelli del centro, alle non facce di Mariano Rumor e Toni Bisaglia, perfetti identikit per qualsiasi democristiano di provincia che aspiri a non apparire ma a decidere.
Democristiani, creature venute dallo spazio profondo e insondabile dell’ambizione, capaci di possedere corpi non loro. Di trasferirsi da un partito all’altro, di trasformarsi fuori senza cambiare dentro, negli anni della cosiddetta seconda Repubblica. Metamorfosi non rilevabile dal detector di un’Italia che ha dato a intendere di avere cambiato tutto, ma non si è rifatta neanche il letto in cui ha giaciuto con tanti.
Ci eravamo dimenticati di come e quanti fossero i democristiani.
Ci è tornata la memoria il giorno in cui siamo andati a fare una vasca in centro e ne abbiamo incontrati tanti e tutti in buona salute. Ci hanno salutato e sorriso. Come per dire: tra poco torneremo. Già, ma quando mai se n’erano andati?
Ivano Sartori, giornalista, ha lavorato per anni alla Rusconi, Class Editori, Mondadori. Ha collaborato all’Unità, l’Europeo, Repubblica, il Secolo XIX. Ultimo incarico: redattore capo a Panorama Travel.