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Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

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Domani chiude, addio

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Aumentano ogni anno i depressi del mondo. In Italia sono 4 milioni, soprattutto donne. Nel 2030 per curare la depressione si spenderà più di ogni altra malattia. Dalla Yale University, la speranza: "Abbiamo trovato la chiave genetica per guarire chi ne soffre"

Depressione fa rima con globalizzazione (e neo liberismo): ecco come guarire

25-10-2010

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Global Mental HealthIl Movimento per il Global Mental Health ha organizzato il primo Global Mental Health Summit ad Atene dal 2 al 6 settembre 2009, rappresentando, così, la prima iniziativa a livello globale che focalizzasse l’attenzione sulla crescita dei disturbi mentali, in particolare la depressione. Si è parlato parecchio dei disturbi mentali nei Paesi in via di sviluppo e della correlazione con le violazioni dei diritti umani, quali cause scatenanti. Il mondo sottoposto alla globalizzazione neoliberista, impone una serie di mutamenti comportamentali, una sorta di metamorfosi economica, sociale, politica ed etica cui diventa piuttosto difficile adattare l’essere umano che incorre in possibili disequilibri mentali, oltre che porre in essere disordini sociali, tante volte correlati.

Secondo il National Institute of Mental Health (NIMH) i disturbi mentali presto avranno un’incidenza maggiore delle patologie cardiovascolari assumendo la caratteristica pandemica; i dati dell’Oms rivelano che attualmente oltre 450 milioni di persone soffrono di disordini mentali. L’incertezza del futuro, le difficoltà in ambito lavorativo, la crescente inflazione e la crescente disoccupazione, il tentativo di omologazione culturale, responsabile dell’insorgere del vissuto di inadeguatezza sociale, non contribuiscono a migliorare la situazione.

DepressioneAnche se al momento non vi sono studi approfonditi in questo senso, il Convegno di Atene ha dato l’opportunità agli esperti di confrontarsi circa quella che si può definire una sorta di crisi sanitaria globale. Come ha spiegato alla Bbc World Service, Shekhar Saxena, del Dipartimento di Salute Mentale dell’organizzazione Onu, i dati dell’OMS dimostrano che l’onere causato dalla depressione ha buone probabilità di aumentare, tanto che si prevede nel 2030 un costo sociale superiore a quello di tutte le altre patologie.

Per costo sociale intendiamo gli anni di vita persi per prematuro decesso o per grave menomazione provocata da determinate malattie, in questo caso la depressione che, sempre secondo l’esperto, è molto più comune di tante altri malattie considerate di allarme sociale, come il cancro e l’AIDS.
Si intuisce come il crescente disagio sarà un problema, tanto per cambiare, particolarmente gravoso per i Paesi in via di Sviluppo che hanno a disposizione scarse risorse da destinare alle malattie mentali, si consideri che la gran parte delle nazioni a basso o medio reddito ha soltanto uno psichiatra infantile ogni 1-4 milioni di abitanti.

Questo primo vertice mondiale già ha fatto seguito all’introduzione, nel 1987, della normativa nota come Mental Health Act che tentò di indurre la modificazione della maggior parte delle disposizioni in materia, in quanto oramai considerate obsolete e sicuramente non commisurate al ritmo di cambiamento, parrebbe ora solo precedere altri incontri che diffondano consapevolezza circa la consistenza di questa silenziosa, quanto tragica, pandemia. Comunichiamo che nell’ottobre 2011 (dal 17 al 21) si terrà il Secondo Global Mental Health Summit in Sud Africa al Cape Town International Convention Centre, alcuni importanti relatori hanno già confermato la loro presenza:

  • Ms Janet Amagatcher, Pan African Network of Users and Survivors of Psychiatry: The Consumers’ Lecture
  • Professor Kamaldeep Bhui, The Wolfson Institute of Preventive Medicine London: The Margaret Mead Lecture
  • Professor Marianne Farkas, Boston University: on The Recovery Model in Mental Health
  • Professor Vikram Patel, Centre for Global Mental Health, London School of Hygiene and Tropical Medicine: Social Determinants of Mental Health
  • Dr Shekhar Saxena, Director, Mental Health and Substance Abuse, WHO: The Alan Flisher Memorial Lecture: “Scaling up services for people with mental disorders in low resource settings”
  • Ms Vuyiseka Dubula, Treatment Action Campaign, South Africa: Mental Health and HIV/AIDS
  • Professor Pumla Gobodo-Madikizela, Department of Psychology, University of Cape Town: The Mary Hemingway-Rees Lecture: “Spirituality and Mental Health”

A tutt’oggi, come denunciano gli esperti, i dati sono impressionanti: si calcola che il 20% della popolazione minorile mondiale (bambini e adolescenti) soffra di patologie legate alla salute mentale o comunque problemi correlati. I suicidi ogni anno si aggirano intorno agli 800.000, dei quali un 80% concentrati nelle nazioni più povere, ed oltre la metà ha un’età che va dai 15 ai 44 anni; in Europa la maggiore incidenza la si registra in oriente.

Il professore Martin Pince, docente di epidemiologia psichiatrica al King’s College di Londra, ha tentato di fare un calcolo, in termini di costi sociali, riferendosi a questo gravoso problema sanitario: “In primo luogo bisogna calcolare la perdita di produttività perché le persone con una depressione seria trovano con maggiore difficoltà impiego e difficilmente lo mantengono. A questo va aggiunto, almeno nelle nazioni più avanzate, il costo degli ammortizzatori sociali. Tutti questi costi sommati in Gran Bretagna ammontano a circa 12 miliardi di sterline all’anno, circa l’1% del prodotto nazionale lordo, che e’ davvero una somma enorme”.

Considerato dunque che il peso sociale della depressione è destinato a crescere nei prossimi anni, l’Oms sostiene che va cambiato l’atteggiamento nei confronti della malattia mentale: “La depressione è una malattia esattamente come tutte le altre patologie e la gente che ne soffre ha il diritto di ricevere cura e terapia corrette, allo stesso modo che per le altre patologie sanitarie”.

Convegno CagliariIn Italia sono più di 4 milioni le persone in trattamento, per lo più donne, e nel 60% dei casi le cure sono inefficaci. Nel corso del congresso della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) che si è svolto a Cagliari dal 22 al 25 settembre 2010, è stato rilanciato l’allarme, sottolineando quanto e come la depressione sia una patologia con pesanti ripercussioni non solo su chi ne è affetto, ma sulle loro famiglie e sul mondo del lavoro. Una persona depressa tende a cronicizzare e, purtroppo, a risentire di riesacerbazioni frequenti e gravose da tollerare, obbligatoriamente deve assumere psicofarmaci per tempi lunghissimi e non sempre risentendo favorevolmente della loro azione.

“Le terapie finora a disposizione non alleviano immediatamente i sintomi depressivi: il malato può avvertire prima gli effetti collaterali dei farmaci, come quelli gastrointestinali e sul sonno, ma anche disturbi della sfera sessuale e aumento di peso che spesso portano all’interruzione del trattamento”, ha sottolineato il presidente della Sinpf, Giovanni Biggio, durante il congresso di Cagliari.

Oltre alle criticità, le giornate di studio cagliaritane si sono concentrate su un aspetto di recente acquisizione nella conoscenza dei disturbi depressivi: l’interazione tra gene e ambiente. Spiega il prof Biggio: “Sappiamo con certezza che se una donna durante la gravidanza abusa di alcol o di sostanze, viene maltrattata o subisce forti stress, il feto riceve segnali che modificano i geni coinvolti nello sviluppo del cervello; per questo parliamo di ‘fenomeni epigenetici’, cioè di come i geni dell’individuo vengano modificati, non nella struttura ma nella funzione, da input ambientali. Oggi finalmente abbiamo prove biologiche che l’ambiente esterno è in grado di modificare i geni”.

Il 17 ottobre 2010 “Nature Medicine” pubblica un lavoro dei ricercatori della Yale University che hanno trovato un gene che parrebbe essere responsabile dell’insorgenza della depressione. La scoperta riveste enorme importanza in quanto apre la strada per la ricerca di una nuova classe di antidepressivi che a tutt’oggi parrebbe rappresentare l’unica alternativa sensata, sempre associando il trattamento farmacologico alla psicoterapia individuale e/o di gruppo.
Ronald S. Duman, professore di psichiatria e farmacologia all’Università di Yale e autore senior dello studio, ha dichiarato: “Questa potrebbe essere una causa primaria, o almeno un fattore di contributo importante, per la segnalazione di anomalie che portano alla depressione”.

La depressione nei paesi occidentali rappresenta una malattia molto diffusa, negli USA affligge all’incirca un 16% della popolazione con ovvie conseguenze socio-economiche ( si è calcolato un onere economico sociale annuale di 100miliardi di dollari), ragion per cui i ricercatori si stanno adoperando alacremente per cercare di chiarire le cause imputabili.

I sintomi riconducibili alla depressione sono piuttosto variabili in relazione agli individui colpiti, tanto che si ritiene che più processi fisiologici possano rientrare nel disturbo da depressione maggiore. Questo spiega il motivo per il quale si registra una diversa risposta ai più comuni farmaci antidepressivi, farmaci che agiscono prevalentemente manipolando l’interazione del neurotrasmettitore serotonina con i recettori specifici.

World Mental Health Congress 2011In ogni modo si è visto che più del 40% dei pazienti affetti da depressione non risponde all’attuale terapia psicofarmacologica, almeno in maniera adeguata all’immediatezza, si richiedono settimane, se non mesi, per ottenere un minimo di risposta orientata al superamento del disequilibrio. L’equipe del prof. Duman ha studiato il genoma su campioni di tessuto di 21 persone decedute alle quali era stata diagnostica una qualche forma di depressione e l’ha comparato con quello di 18 individui a cui non è mai stata diagnosticata questa patologia. I ricercatori hanno scoperto che un gene chiamato MKP-1 era presente un numero doppio di volte nei tessuti del cervello di individui depressi. Il gene inattiva una via molecolare essenziale per la sopravvivenza e la funzionalità dei neuroni ed il suo danneggiamento pare essere implicato nell’insorgenza della depressione, così come in altri disturbi non ancora ben specificati.

Si è visto che se il gene viene inserito in una cavia, questa mostra una minore reattività allo stress, all’attivazione del gene gli animali sottoposti all’esperimento cadono preda di una sintomatologia sovrapponibile a quella che definiamo depressione maggiore. La scoperta dell’incremento in corso di depressione di un regolatore inibente, identificato nel gene MKP-1, quale chiave del percorso di neurotrasmissione è sicuramente da segnalare in quanto potrebbe trasformarsi nel potenziale bersaglio di una nuova classe di agenti terapeutici indicati per il trattamento della depressione resistente

Altri autori della Yale University: Vanja Duric, Mounira Banasr, Pawel Licznerski, Heath D Schmidt, Arthur A Simen e Samuel S Newton. Il lavoro è stato finanziato dal Servizio sanitario degli Stati Uniti e dello Stato del Connecticut, Connecticut Mental Health Center.

Luisa BarbieriLaureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati. Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico. Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
 

Commenti

  1. Giovanna Arrico

    I dati medici qui indicati sono imponenti soprattutto se si pensa che la depressione non è mai stata considerata una vera malattia, ma un “capriccio” di alcuni, soprattutto delle donne e circoscritto ad alcuni momenti della vita di esse. Perchè la depressione non è una malattia? Forse perchè pochi ne parlano, e pochi medici informano la popolazione? Forse. Il dato disarmante è sapere che la percentuale sarà in crescita, che molto dipende dalla società in cui l’individuo vive o ne è costretto a far parte. La depressione che avanza e nessuno fa nulla, anzi la più parte ne ha paura. Siamo al solito discorso, alla solita conclusione: chi sta male, chi soffre, chi ha patologie croniche o sporadiche fa paura, viene immediatamente allontanato, perchè? I farmaci possono aiutare, ma chi meglio della nostra testa può aiutare il nostro fisico e viceversa? Questa soluzione a volte può essere la migliore cura per noi e per gli altri.

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