È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …
L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …
“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …
Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …
Quella che oggi vorrei raccontare è solo parte di una storia che ci introduce nel mondo malvagio e perverso dell’anoressia mentale. Credo che, tanto per avvicinarci ai Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), sia bene far parlare l’anoressia (1), riporto, quindi, una chiacchierata intercorsa con una Paziente, che chiameremo Giorgia, che da tanti, troppi anni è afflitta da queste sindromi.
Ci provi a raccontare che cosa significa essere affetti da sindrome anoressica ?
Per me l’anoressia adesso è diventata una compagna di viaggio … viaggio nel mio presente, nel mio passato e … nel mio immaginario mi parrebbe anche … nel mio futuro.
Descriverla è complesso perché è come vivere in una gabbia, imprigionata, ma … una gabbia dorata. Vivo di ossessioni, di rituali, di schemi che so, razionalmente, essermi imposti da questa cosa che mi pervade che si chiama anoressia. La grande forza del mostro, il suo splendore tanto da rendere la gabbia dorata, è la sua capacità di rendermi (farmi sentire) forte, nonostante tutti dicano che sto scomparendo, riesce a farmi sentire viva, parte di un qualcosa.
Parte di qualcosa, mi stai dicendo… ma di che cosa ?
Mi sento parte di un mondo che nel tempo mi sono costruita. Un mondo retto da schemi, rituali, organizzazioni, ossessioni nei confronti del cibo. Sento di appartenere, di essere solo quando sono nel MIO mondo, in altro modo sono il nulla, sento solo un grande vuoto.
Quindi non è un mondo reale ?
No, è un mondo parallelo a quello reale. Ci sono solo dei momenti, delle situazioni particolari nelle quali io riesco a staccarmi dal mio mondo e ad entrare in quello reale vedendo così la mia anormalità. Il problema è che quando sono immersa nel mio mondo, concentrata in me stessa, vedo solo quello come la normalità.
Dici di sentirti protetta, ma… protetta da cosa ?
Protetta, sì protetta, ne ho bisogno come se non sapessi più che cosa vuol dire vivere naturalmente … semplicemente, serenamente, spontaneamente, infatti spesso mi domando: “che cosa sarà mai la normalità per gli altri ?”
Mi descrivi il mondo che definisci come parallelo ?
Quando riesco a scollarmi dal mio e guardo le persone che incontro per strada, guardo la vita reale che mi circonda … allora vedo persone che sorridono o che chiacchierano. Vedo persone che piangono, che ridono, che mangiano, che si divertono, che risolvono i problemi, che si assumono le responsabilità … solo che … tutto questo, anche sentendolo adesso pronunciare dalle mie labbra, mi sembra … anzi, io lo vivo come un grande problema… Come se il guarire dall’anoressia volesse dire diventare improvvisamente “grandi”, adulti, assumersi le responsabilità. Vivere come non ho mai fatto. Sinceramente non mi ricordo in passato come vivevo e quindi, non ricordandomi come vivevo in passato, avendo in mente solo il mio presente, mi terrorizza l’idea del futuro, di come potrebbe essere la mia vita futura … quella normale
ma cosa vuol dire assumersi le responsabilità ?
Non avere scusanti. Avere persone che pretendono da te. Dovere fare tutto bene, senza sbagliare, senza commettere errori. Essere messa sempre alla prova.
ma… questo chi te lo ha insegnato ? stai lavorando con alcuni terapeuti da un po’ di anni, non dirmi che non ti è mai stato spiegato che significa assumersi delle responsabilità … e quanto l’assunzione di responsabilità collimi con il concetto stesso di libertà
già, la libertà… anche la libertà è un qualcosa che mi spaventa, mi blocca. Mi domando: “come è possibile essere liberi ?” … questa parola magica… a volte la sogno perché … libertà, secondo me, nel mio profondo, è poter fare ciò che in quel momento sento di volere fare, poter dire a quella persona ciò che sento di dovere o volere dire; mangiare se ho fame; bere se ho sete; ridere se ho voglia di ridere; camminare se ho voglia di camminare, riposare se ho voglia di riposare. Ecco … tutto questo, invece, mi pare che a me non sia concesso!!
Ti rendi conto che è il mostro dell’anoressia che ti impedisce di fare le cose che invece tu desidereresti fare ?
Sì, ma è come se fossi un neonato che si deve accingere a smettere di camminare a carponi
Come fa un bambino per imparare a camminare ?
Inizialmente cammina a carponi, poi cerca di sorreggersi
Da solo oppure cerca l’aiuto di qualcuno ?
Cerca l’aiuto
e quando quell’aiuto ti viene offerto tu cosa fai ?
Tutte le volte che ascolto le vostre parole, esco dai nostri incontri sempre rinvigorita, come se una voce dentro di me mi dicesse: “sì, ce la puoi fare! Ascolta le loro parole”, ma subito dopo diventano … fumo! Il tempo le trasforma in fumo! Le vostre parole, i ragionamenti che insieme abbiamo costruito aleggiano nell’aria ma la mia mente ritorna con prepotenza alla sua ossessione, viene invasa da quei pensieri che arrivano come uno sciame di vespe e si insediano senza fare troppi complimenti.
Quello che mi spaventa di più … io non so se è così per tutte le altre ragazze anoressiche … non è tanto, paradossalmente, il problema del cibo, anche se sono molto turbata dal pensiero di quello che devo mangiare, dalle quantità… del resto quasi tutto il giorno sono a digiuno, quindi … sono umana anch’io e le budella che gorgogliano le sento anch’io, però quello che mi assilla di più e che veramente mi spezza il respiro sono queste ossessioni che mi sono costruita e che mi pervadono senza tregua. Questi rituali, questo dover avere come l’obbligo di fare quelle cose, come se vivessi una sorta di schiavitù. Schiavitù che odio e amo, perché essere schiavi vuol dire essere nella posizione orribile di dovere adempiere a degli obblighi, però al tempo stesso, il fatto stesso che a decidere sia qualcun altro, mi solleva dal peso di dovere scegliere in prima persona con tutte le conseguenze del caso!
Quindi… l’anoressia è la tua padrona assoluta; ti protegge da un lato, ti schiavizza dall’altro. Prevale il vissuto di protezione o di schiavitù ?
Sicuramente adesso sono più le ossessioni che mi fanno stare male, anche se a volte riesco a contrastarle, soprattutto quando cerco di fare entrare le vostre parole nella mia mente, ma… quando non riesco a contrastarle è doloroso, costa fatica. Come se fossi obbligata a fare un qualcosa che ritengo orribile, ma al tempo stesso non ne posso fare a meno, come se non avessi alternative.
Prima parlavamo del bimbo che deve imparare a camminare e che cerca l’adulto per potere imparare in quanto ha paura a sollevarsi, pare dominato dalla certezza di cadere. L’adulto gli mette le mani sotto le braccina, lo solleva, lo sostiene e poi …piano, piano gli insegna a mettere un piedino davanti all’altro; poi molla la presa, gli fa fare un piccolo pezzetto di strada … poi lo lascia per permettergli di sperimentarsi in un percorso sempre più lungo… sempre più lungo… sino a che lo lascia, consapevole delle capacità acquisite. Questo è l’aiuto che possiamo darti noi, che abbiamo, in questi anni cercato di darti noi, ma … il bimbo che cosa deve nutrire nei confronti dell’adulto ?
Fiducia … lo so, ma il bimbo ha paura di cadere ?
Certo che ha paura di cadere, si fa male … inevitabilmente cade e … quando cade … si fa male
ecco, è la paura di cadere che proprio adesso, in riferimento all’anoressia, mi impedisce di lasciarmi andare … soprattutto quando tu mi dici: “fidati di me! Permettimi di essere la tua guida” … purtroppo, per quanto riguarda il cibo, io lo vivo come fosse un tabù, avendo vissuto la bulimia, come tu ben sai, la paura mi inonda! Sono troppo spaventata, ho troppa paura che dopo anni di anoressia, e quindi di privazioni, io possa riavvicinarmi al cibo in maniera famelica… so di avere una fame da morire!
VIDEO: lettera ad una ragazza bulimica
VIDEO:
La ragazza del video vomita 15 volte al giorno, mangia il suo stesso vomito per vomitare di più. Non si lava i denti perché teme di introdurre eventuali calorie contenute nel dentifricio. Questo è il peggior caso di anoressia di Anoressia e Bulimia che abbia mai visto. Spero vivamente che avrete la forza di guardare il video per intero
Ti ricordi che noi abbiamo lavorato insieme per combattere la bulimia… e ce l’hai fatta. Come l’abbiamo superata la bulimia ?
Passo dopo passo… sconfitta dopo sconfitta … sino alla vittoria … fidandomi … prima dei tuoi consigli, poi di me!
e ridando il significato adeguato al cibo: il cibo non è un nemico, è un amico e non può rappresentare l’arma di trasgressione. Quando tu vivevi la sindrome bulimica utilizzavi il cibo per ribellarti. Era il tuo modo per emanciparti, te lo ricordi ?
Sei riuscita ad arrivare a quel punto di equilibrio o pseudo-tale nel quale riuscivi comunque a dosare le quantità di cibo prima di scivolare nell’anoressia… in quanto c’è stata una pausa libera
la pausa nel corso della quale non vomitavo più, però mi è sempre mancato l’aspetto del cibo come amico. Ho sempre vissuto sensi di colpa tutte le volte che mangiavo e ho sempre mangiato o troppo, o troppo poco. Conseguentemente, non avendo un termine di paragone, tante volte mi domando dove sta il limite, il giusto… vorrei potere osservare le persone come mangiano per rendermi conto di quali sono le quantità adeguate, qual’è il giusto modo per mangiare
Tu mi hai insegnato l’importanza dell’ascolto di se, dei propri bisogni, ma ho paura di non saperlo più fare …
tu non ti fidi degli altri, così come non ti fidi di te stessa… ti fidi solo della sindrome
sì, per quanto riguarda il cibo sicuramente sì
che cosa rappresenta il cibo per te … in questo momento ?
Il cibo rappresenta la mia culla: le piccole cose che mi concedo, anche se sono veramente piccole, mi sono carissime, nel senso che mi danno un appagamento terribile… anche se mi rendo conto che è un nulla quello che introduco. Dall’altra parte il cibo è il mio peggior nemico, io sogno di pregustare … non so… quel determinato alimento, quando sento l’odore di quell’altro sono assalita dalla voglia … ho tante voglie represse che… lo so che se mi lasciassi andare … sarebbe la fine.
Tu hai bisogno di argini che da sola non sai costruirti in questo momento… in questo consiste “l’affidarsi”. Ci vuole qualcuno che insieme a te costruisca questi argini … entro ai quali tu potrai stare. Un po’ come il bambino che sta imparando a camminare, rifacendoci all’esempio che abbiamo portato in precedenza, … per poi, piano piano, arrivare a costruire i tuoi argini. Dopo non ci sarà nessuno che potrà importi cosa sia meglio per te. Potrai ascoltare il tuo stomaco, il tuo cervello … costruirai le tue abitudini, quelle abitudini che caratterizzeranno il tuo modo di essere
Esatto! Io purtroppo non riesco a capacitarmi di come il cibo e tutto ciò che è correlato al cibo, all’alimentazione possa un giorno entrare in sintonia con l’equilibrio mentale. Il non sentirmi più in colpa, il non entrare nell’incubo di dovere camminare sino allo sfinimento per potere consumare tutto ciò che ho ingurgitato. Ho bisogno di sentirmi in pace con me stessa, ma ho paura che queste due linee non riusciranno mai ad incontrarsi.
Sinché non ti affidi è possibile che questo accada.
I messaggi che ti arrivano dal sistema mediatico in riferimento alla sindrome anoressica come li percepisci ?
Diciamo che il più delle volte mi turbano. A volte è capitato di sentire molto vicino ciò che viene detto e in quei casi ne traggo beneficio, ma per lo più … prevale il turbamento, quasi l’affossamento nella mia già difficile situazione. Il più delle volte si dicono stupidaggini destinate solo a scioccare la platea e questo mi fa arrabbiare, si banalizza una patologia che, invece, fa soffrire tantissimo. Mi è capitato di vedere un filmato che mostrava immagini che mi hanno riportato al mio passato bulimico e non ti nascondo che mi hanno procurato un forte senso di nausea, di rifiuto tanto da indurmi a dirmi e ripetermi, come a rassicurarmi: “io non mi procurerò mai più il vomito, è una cosa che mi fa troppo male”. Ho ancora in mente l’immagine di quella ragazza che mangiava e subito dopo si provocava il vomito dentro un secchio. Io questo l’ho vissuto sulla mia pelle e il dolore che ho sentito mentre guardavo quelle immagini è stato fortissimo, ma non le voglio dimenticare quelle immagini, le vorrei usare a monito! Alcune volte ho ceduto al cibo, mentre tante altre volte sono riuscita a contenere l’impulso … ciò che ritengo essere maggiormente pericoloso ora come ora nel tentativo di riavvicinarmi al cibo è la paura di … cedere, di non essere più in grado di contenermi! Sappi che, paradossalmente, anche se con l’anoressia come compagna sto davvero male, vivo “da regina” rispetto al ricordo che ho dei tempi nei quali dominava la bulimia ! Con la bulimia ero schiava al 1000 per 1000, non vorrei tornare bulimica per niente al mondo, preferirei una vita anoressica… con tutto ciò che comporta.
Ti sembra che … questa… che conduci si possa definire “una vita” ?
Sto sopravvivendo, mi sono ricavata una mia pseudo-normalità rinforzata dal fatto che nel mondo “normale” non mi impedisce di interagire con alcune persone… vi sono persone che mi trattano, almeno a me pare, normalmente, ossia come non fossi ammalata! Devo ammettere che tale loro atteggiamento mi fa sentire meno ammalata di quanto in realtà io sia! Tu prima mi hai detto: “ti ricordo che tu sei una persona malata sia fisicamente che mentalmente”…. è brutto sentirselo dire, ma… forse a volte me lo dovrei ricordare, insomma ci deve essere intorno a me qualcuno che ogni tanto mi riporti alla realtà. Dimentico di essere malata sia fisicamente che mentalmente in quanto mi sento una persona lucida, non pazza, anche se a volte, quando sono preda delle mie ossessioni, vivo momenti nei quali il picco emotivo emerge, percepisco un forte abbassamento del tono dell’umore che … non posso altro che definire depressivo… mi è successo la settimana scorsa nel corso della quale ho subito una saturazione ossessiva che mi ha provocato tre giorni di ansia molto forte. Il rivivere a volte questa sensazione che pensi di avere archiviato dentro il tuo cassetto fa male, è doloroso, non ti abitui mai a soffrire. Il dolore si può esprimere con l’ansia, con il vomito autoindotto, l’abbuffata, il digiuno, l’ossessione, il rituale… ma non ti abitui mai! É sempre qualcosa di spinoso, continuo… ti si infilza dentro e ti fa uscire il sangue.
Tu hai detto che riesci ad interagire in maniera pseudo-normale con alcune persone
a lavorare mi trattano normalmente
come ti dovrebbero trattare, scusa ?
Non trovo che mi trattino come una persona malata, io penso che loro non lo pensino nemmeno che io sia anoressica. Oppure incontro delle persone dementi quelle che fanno le battute:”diamo a questa ragazza un piatto di lasagne… è troppo magrina così si rimette in forza”- “ ma quanto ti mantieni in forma a furia di andare avanti e indietro per questi corridoi!” … ci scherzano, credono di essere simpatici, di sdrammatizzare, forse non lo fanno in mala fede, forse davvero vogliono farmi sentire normale, ma .. se per un momento provassero la mia sofferenza … forse cambierebbero atteggiamento, forse non riuscirebbero a riderci su!! Devo aggiungere che per il passato, al contrario, mi è capitato di incontrare colleghe che invece … ecco … forse spaventate dalla mia malattia, mi trattavano in maniera sgradevole. Erano scostanti, percepivo la loro diffidenza, la loro paura… mi facevano sentire come un peso morto che loro dovevano sopportare in virtù di una sorta di imposizione del datore di lavoro che comunque mi aveva assunta.
E con le amiche come va ?
le mie amiche sono molto preoccupate per me
come descriveresti i rapporti con le amiche ?
Per quanto riguarda i rapporti con le miei amiche direi che, ora come ora, loro sono veramente spaventate e preoccupate, quindi … puoi ben capire come possano andare i rapporti. Non sono rapporti alla pari: io sono la malata e loro i consiglieri saggi! A volte non le sopporto, anche se so che la loro preoccupazione nasce dall’affetto, ma non mi sento né aiutata, né compresa.
e per quanto riguarda i rapporti con i tuoi famigliari ? Come me li descriveresti ?
Loro mi vivono come “il problema”. Ciò che mi addolora di più che non mi trattano come una persona che nutre dei sentimenti, delle emozioni … che soffre, che gioisce, che ha delle qualità
ma tu riesci a vederli gli altri ? Le esigenze degli altri ?
Tutte queste ossessioni mi inondano, mi “succhiano” l’anima
Questo continuo pensare a me stessa … mi allontana, mi isola
Quando cambio visuale e riesco a guardare in altra direzione , mi rendo conto di stare meglio. Una frase gentile rivolta ad un’altra persona, riuscire ad aiutare qualcuno … sì, mi fa stare decisamente meglio allontanandomi dalle ossessioni. Quello che vorrei è che questo guardare oltre mi capitasse più spesso …
è proprio su questo punto che il lavoro del programma associativo può davvero incidere. Se tu provassi a chiedere aiuto … noi non siamo onnipotenti e onnipresenti, quindi non possiamo sapere quando arriva il momento adeguato alla sollecitazione … soprattutto ora che non abbiamo una vera e propria sede per poterci incontrare con regolarità … ci dobbiamo fidare dello sforzo volto alla richiesta di aiuto che tu dovresti compiere. Quando avevamo l’associazione attiva era tutto più semplice, io potevo vederti ogni giorno, potevo valutare al di là delle tue esplicite richieste… ora, di necessità abbiamo dovuto fare virtù, ti vedo una tantum e devo fidarmi di ciò che mi scrivi, mi racconti, di ciò che mi dicono i colleghi che collaborano nell’ambito del programma di reintegro, ma … rimane il fatto che la sindrome racconta bugie, ti manipola, ti porta a porti in una posizione “contro” e non “verso”
io ti dico sempre la verità
tu mi dici la verità, il problema è che spesso prende il sopravvento quel mostro che si chiama anoressia. Ti conosco abbastanza per potere asserire che tu nutri sentimenti, sei affezionata, ci stimi, sei convinta che il nostro aiuto possa alleviarti le sofferenze che ogni giorno patisci, ma … rimane quel ma … che dire del mostro che agisce dentro di te e spesso al posto tuo ?
Abbiamo fatto un lungo percorso insieme… tante conquiste, tanti scivoloni … ma abbiamo “camminato” ed insieme abbiamo scoperto tanti aspetti del vivere che manco immaginavamo … spero che continueremo questo nostro cammino, sinché arriverà quel giorno nel quale ci saluteremo ma perché tu sarai pronta per affrontare la TUA vita
sì, l’anoressia mi fa lo sgambetto e il più delle volte mi impedisce di compiere qualsiasi passo volto verso la mia liberazione
immagine riflessa distorta dal vissuto anoressico (dismorfofobia)
pare che tu sia arrivata al punto di fidarti davvero e ciecamente SOLO dell’anoressia
Hai timore di venire nel mio ambulatorio, visto che io rivesto l’ingrato ruolo di farti fare gli esami di realtà, visto che ti posso-devo visitare, pesare … o proporre un ricovero … cosa che oggi sarebbe bene fare. A proposito di ricovero… perché, secondo te, non l’ho fatto sinora ?
Perché tu comunque il metodo coercitivo non l’hai mai voluto usare, non fa parte di te
Vorresti che io mi affidassi, che mi fidassi
che significa fidarsi ? Ti ricordi quella metafora che abbiamo usato per il passato ?
Sì, che io sono sul ciglio di un burrone e posso buttarmi con la netta consapevolezza che tu sei là sotto pronta a prendermi al volo
come mai non ti butti ? Pare che tu riesca ad affrontare quel burrone solamente … buttandoti tra le braccia dell’anoressia…
è potentissima l’anoressia … lei è sempre vicina a me !
Proviamo a fare mente locale su di un fatto: quante volte io ti ho ingannata ? Quante volte l’anoressia ti ha ingannata ?
Tu mai, lei …tante … troppe
di solito di chi ci si fida ? Di chi cerca di mostrarti la verità o di chi mente spudoratamente ?
È come se mi fosse entrata dentro le viscere e io adesso non riesco ad estrapolarla
microdeliri da malnutrizione … lo sai, vero, a cosa porta la malnutrizione ?! È come se si cadesse preda di un cortocircuito che induce un distacco psichico da ciò che è reale. Se, poi questo distacco trova terreno fertile in una struttura di personalità disturbata per i motivi più svariati … chiaramente l’onda sommerge e tutto avvolge e coinvolge! Nel momento in cui tu ti senti schiava delle ossessioni, dei rituali, di questa dipendenza dal non vivere, in quanto questa è proprio una dipendenza dalla negazione di essere, di vivere, … ecco stai delirando, sei staccata dalla realtà, forse non la percepisci neppure. Il mio ruolo è quello di riavvicinarti alla realtà
la consapevolezza di essere distaccata dalla realtà ce l’ho
anche il tossicodipendente ne ha la consapevolezza tra una dose di droga e l’altra. Sa che quella “cosa” rischia di farlo morire, ma … soccombe alla dipendenza, il meccanismo che si è impadronito di te è sovrapponibile! Sei dipendente dalla negazione dell’essere viva e quindi dal nutrire dei bisogni, dei sentimenti… conseguentemente credi di non avere nessuna possibilità di poterli esprimere, di potere essere te stessa. Come se il mondo reale ti spaventasse al punto tale da indurti a pensare: “preferisco non vivere, la paura non sono in grado di tollerarla, quindi mi creo un mondo parallelo”.
Tu credi che per riuscire a vivere nel mondo reale occorra forzosamente aderire a dei modelli di perfezione imposti in maniera imperativa, oppure l’idea di potere vivere anche al di là della perfezione, ma come essere umano in qualche momento ti pare possibile?
Non lo so, una parte di me dice che sicuramente essere se stessi è la cosa migliore in quanto le persone sapranno apprezzarti per quella che sei… dall’altra parte sento che purtroppo ovunque ti volti la gente sparla, ti guarda, ti critica, ti giudica e comunque dentro di me c’è questo volere raggiungere la perfezione
ma … cos’è la perfezione ?
Non esiste… ne sono consapevole
io sono convinta che tu da un certo punto di vista abbia ragione, è vero … viviamo in un mondo profondamente ammalato, ma sono anche convinta che la tua risposta, il tuo modo di difenderti da questo mondo profondamente disturbato utilizzando l’autolesionismo… non sia la strada giusta. In associazione avevamo trovato una strada che era quella di contrastare con il ragionamento, con la criticità, cercando di avvicinarci agli altri; cercavamo di vedere il mondo, di interagire. Ora come ora abbiamo perso l’opportunità in quel contesto, ma nessuno ci impedisce di perseverare nel cercare di vedere l’altro, per potere vedere ciò che accade nel mondo.
Il mondo non ha nulla di perfetto … oppure … è talmente perfetto nella sua imperfezione tanto da esprimere il suo fascino proprio in questo… nella imperfezione! L’essere umano raggiunge il massimo della sua perfezione nell’accettazione della sua imperfezione! Essere noi stessi significa esprimersi a 360° andando incontro all’altro, rendendosi conto che esiste l’altro. Questo non significa negare i nostri bisogni, le nostre emozioni, i nostri sogni, ma vuol dire intrecciarli con quelli dell’altro, interagire e quindi crescere.
Tu hai paura di crescere… che cosa significa crescere ? Non significa forse essere liberi, nella posizione di potere effettuare delle scelte ? La responsabilità … la responsabilità non è effettivamente un peso da sopportare, è volare!
Vorrei vederla in questo modo …
ma il “vorrei vederla in questo modo” permettendo al mostro di condizionare il tuo vissuto non è la strada … è il “voglio vederla”, sappi che non è un “voglio” in solitudine. Tu in questo momento hai bisogno di avere qualcuno accanto per riuscire ad osservare “oltre”. Qualcuno ce l’hai, ma … l’anoressia ti impedisce di farlo affiancare e ti induce a volare da sola, il problema è che non riesci nemmeno a spiccarlo il volo…
non vorrei nessun altra persona oltre a te e agli altri medici che fanno parte di questa mia fase di vita-non vita. Non voglio ricominciare da zero … assolutamente! Si tratta di fidarsi di voi e di me stessa!!
Tu sai che una modalità per contrastare il mostro è quello di prendersi cura. L’ideale sarebbe quello di arrivare a prendersi cura di se, però sappiamo tutti quanto sia difficile. Come base di partenza risulta più facile, più immediato, prendersi cura dell’altro. Vedi l’esperienza che da qualche tempo stai facendo al canile: prendersi cura dei cani ti riempie di soddisfazione, ti avvicina al concetto di vita. Percepisci da parte loro istintivamente l’espressione della vitalità, dell’affettività, della gratitudine e, gioco forza, ti si risveglia quella parte vitale che comunque rimane dentro di te, non si è mai spenta, è solo assopita o vessata dal mostro. Quando tenta di alzare la testa tu la reprimi… mi correggo, la tua parte anoressica la reprime! Perché non perseverare in questo discorso del prendersi cura ?
Il fatto stesso che tu mi abbia suggerito di scrivere ogni piccolo cambiamento che cerco di operare quotidianamente mi ha aiutato molto. Ho cercato sino a violentarmi per attuarlo. Questo per me è un grande aiuto. So di avere come linea guida l’ascoltarti rispetto ai cambiamenti e so che devo farlo in quanto so che dopo mi pervade una sensazione di benessere, di vittoria
Rimanendo sul concetto del “prendersi cura” in questo momento attraverso questa chiacchierata non credi di potere in qualche modo aiutare qualche altra ragazza con il tuo stesso problema ? Cosa vorresti dirle ?
Che perseguendo su quella maledetta strada si sta spegnendo, si sta uccidendo e che la direzione verso la vita è un’altra
fattivamente che consigli le daresti ?
Di riprendersi in mano la propria vita e quindi di fidarsi di qualcuno e di fidarsi di sé stessa iniziando a percepire e a soddisfare i suoi bisogni
quali sono questi bisogni ?
Mangiare, dormire, bere … andare in bagno, quando bisogna andare in bagno … ascoltare della musica, uscire di casa se ne sente il desiderio, incontrare persone, rimanersene in solitudine se invece sente quel bisogno, ma con serenità
quante volte riesci a parlare così a quella parte di te stessa che è ancora vitale ?
A volte… a volte, però solo per alcuni aspetti. Sicuramente non per il mangiare, sicuramente non per l’uscire. Devo ammettere che nei momenti in cui riesco a farlo ne traggo beneficio., perché mi ascolto, mi prendo cura e questo mi fa stare bene. Quello che voglio è riuscire a lanciare una sfida contro me stessa orientata però alla conquista della capacità di volermi un po’ più bene, volermi quel bene sano che mi permetta di sentirmi viva!
Secondo te cosa mi impedisce di uscire da questa assurda situazione ?
É diventata la tua ancora di salvezza, in quanto sei pervasa da un’enorme paura di affacciarti al mondo, hai paura di non esserne in grado. Il tuo narcisismo è talmente prepotente … potente che … ti impedisce di vedere “oltre il tuo naso”. Esisti solo tu! Paradossalmente gli altri potrebbero morire tutti… sì, ti commuoveresti, ma … in onore del tuo narcisismo, sicuramente non per la perdita! Il mondo può scoppiare, l’importante è che tu non ti faccia male…
visto così … mi dipingi come un mostro
l’anoressia è un mostro!
… però c’è un’altra parte di me che così non è
è quella che sta soffrendo ed è quella che tutti noi amiamo
la percepisci anche tu quella parte di me ? Quella che soffre ?
Certo che la sento, non saremmo qui a parlarne. Su quella parte dobbiamo fare leva, esattamente come facemmo tanti anni fa quando eri affossata nella sindrome bulimica. La parte vitale era ben presente anche ai tempi della bulimia … perché anche la bulimia non è una compagna di viaggio meravigliosa… che ne dici ?Anche adesso la parte vitale la si percepisce, tanto che a volte si propone in maniera prepotente, si sente la sua voglia di uscire allo scoperto, è combattiva, ha voglia di vita! Il problema è che perseverando nella ritualità altro non fai che rinforzare la parte anoressica a discapito di quella vitale, vera, quella che, invece dobbiamo insieme fare riemergere con forza.
Lo so,sembra che io non voglia guarire, in realtà non voglio essere costretta a mangiare, essere costretta a cambiare le mie “coccole”… ciò che mi è rimasto. Io ce la vorrei fare insieme a voi, ma … c’è sempre ”lei” … “lei” che cambia le carte in tavola!
La tua ribellione la possiamo affrontare insieme.
Ho paura del “che cosa ci sarà dopo”… forse dovrei solo provare
quando ci si butta da un burrone… non si può sapere. Di sicuro volare non si vola… perseverando in questa metafora … direi che in tutti questi anni penso di averti dimostrato di essere in grado di “prenderti al volo” … devi buttarti. Ricordi ? Così stava succedendo prima che chiudessimo la sede, ti eri riavvicinata al cibo… pur senza quell’equilibrio che stiamo cercando, però… qualcosa si stava muovendo.
Sì, ma vedi anche l’ingiustizia che abbiamo subito con la conseguente chiusura della sede … certo non mi ha aiutata! Ciò che mi manca è il non sapere che cos’è l’equilibrio, non lo ricordo … o forse non l’ho mai saputo!
Gli argini li dobbiamo costruire insieme … dobbiamo imparare a rapportarci al mondo, a noi stesse, ai nostri bisogni.
io non ti voglio perdere perché sei il mio salvagente, però … ho paura di tuffarmi
La storia di Giorgia
La prima presa in carico di Giorgia, corrispose ad una fase di scompenso depressivo in sindrome bulimica. Giorgia presentava una depressione psicotica gravissima che pareva la conseguenza di anni trascorsi ad abbuffarsi e vomitare, in realtà la bulimia (2) rappresentava “solo” il sintomo che denunciava uno scompenso psicotico in grave disturbo di personalità.
Iniziò il programma terapeutico proposto dal nostro gruppo di ricercatori clinici: veniva seguita in parallelo dalla psichiatra (psicoterapia psicodinamica) e da me (empowerment clinico e medicina interna) con l’ausilio di specialisti scelti in relazione alle problematiche organiche che nel corso della terapia emergevano. Dopo qualche tempo di trattamento ambulatoriale si decise per un ricovero in ambiente psichiatrico, fermo restando che le nostre figure, quali terapeuti, rimanevano presenti sul campo anche durante la permanenza in quella clinica con la quale la collaborazione del nostro gruppo era attivissima.
Il ricovero ci aiutò nell’azione di contenimento della sindrome, di riequilibrio dei parametri organici e di rimessa a punto del cocktail psicofarmacologico e durò circa 40 giorni.
Seguirono due anni di terapia ambulatoriale che portarono Giorgia a condurre una vita “normale”, fermo restando che il cibo, anche se assunto in maniera adeguata, rimaneva uno strumento che sapevamo avrebbe potuto, in momenti particolari, vedi i cambiamenti ritenuti importanti, riaccendere una sindrome da Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).
Giorgia si innamorò, si fidanzò… nel frattempo lavorava… curava l’aspetto facendo emergere una serie di caratteristiche vitali adeguate e gradevoli; si dedicò allo studio della recitazione frequentando una nota scuola della città … tutto filava liscio. Frequentava l’associazione medica che nel frattempo si era istituita, quasi a dimostrazione per chi, invece, era in pieno scompenso, della possibilità di potersi riequilibrare.
Il suo interesse per gli stimoli che lo staff operativo di N.A.Di.R. forniva venivano accolti in parte, in quanto il suo interesse per il mondo circostante rimaneva piuttosto limitato, ma presente quel tanto che la facesse sentire partecipe.
Una ragazza bellissima, enormi occhi verdi accendevano un viso dai lineamenti regolari e ben definiti, quel modo tutto suo di abbigliarsi saltava all’occhio e non lasciava indifferenti. Noi eravamo molto orgogliosi del lavoro svolto insieme a lei, del resto quando si partecipa al riequilibrio psicofisico di un individuo e alla conseguente affermazione nel branco diventa poi molto difficile per i tecnici descrivere le emozioni che emergono!
Come per tutte le coppie arrivò anche per Giorgia e il fidanzato (che chiameremo Carlo) il momento di allontanarsi dalle rispettive famiglie di origine creando, così, un nuovo nucleo famigliare. I due giovani comprarono una casetta nell’immediata periferia della città e cominciarono piano, piano a prendere le distanze dalle loro rispettive famiglie.
Era in atto un cambiamento molto potente … troppo, forse, per Giorgia che improvvisamente cominciò ad accusare improvvise variazioni del tono dell’umore che nel giro di breve tempo si associarono a disequilibri nell’ambito del comportamento alimentare.
Mi chiese aiuto e riprese qualche incontro in terapia individuale, ma … il meccanismo era nuovamente scattato: questa volta il cibo non veniva ingurgitato in maniera spropositata e quindi espulso, ma veniva categoricamente rifiutato.
L’impressione che ne ricevemmo all’immediatezza fu quella del rifiuto alla crescita, alla responsabilizzazione, al distacco da una famiglia sostenuta da dinamiche estremamente invischianti. “Se non puoi crescere lo devi dimostrare al mondo”, quindi .. quale modalità migliore dell’acquisizione di un corpo prepubere ? Scattò la dipendenza alla negazione dei bisogni primari con conseguente rapidissimo dimagramento, amenorrea e depressione. Iniziarono i microdeliri che avevano come tema dominante il cibo, il corpo, la magrezza, il movimento. Iniziò la persecuzione delle ossessioni, gli antichi rituali che un tempo la portavano ad ingurgitare enormi quantità di cibo ed immediatamente dopo a ripiegarsi sulla tazza del water per “ripulirsi”, ora la inducevano a negare ogni spinta vitale … tutto era fermo, immobile!
La regressione psichica la faceva da padrona e la famiglia, colta di sorpresa da tale espressione comportamentale, si invischiò, se possibile, ancora di più rinforzando l’idea delirante di mantenere “vivo” quel cordone ombelicale che, invece, portava solo “morte” .
Giorgia ora esprimeva con “sapienza” la sindrome anoressica; Carlo, dopo qualche tentativo orientato al recupero del rapporto affettivo con quella che credeva potesse divenire la compagna di vita, si allontanò, afflitto dal peso di un’enorme sofferenza, ma non poteva fare altro per il suo bene e anche per quello di Giorgia.
Si avviò la seconda fase del percorso terapeutico che questa volta aveva a disposizione anche i locali e il programma dell’associazione medica.
Giorgia non venne ricoverata, in compenso accettò l’accoglienza diurna presso N.A.Di.R., nel corso della quale, oltre ad essere sottoposta a costante supervisione nell’ambito del setting (3) allargato da parte degli operatori, si impegnò in una serie di attività che in qualche modo contribuissero a contrastare le ossessioni e i deliri. Si puntò parecchio sulla sua innata passione per il teatro e l’opportunità di collaborare con poeti ed artisti impegnati in campagne sociali e solidali di grande spessore ci aiutò davvero tanto.
Si tentò di prendere in carico anche la famiglia coinvolgendoli nei gruppi di genitori (4) condotti da due dei nostri psicologi, ma non funzionò, ragion per cui la famiglia veniva coinvolta una tantum ed alternativamente da me e dalla psichiatra. Il loro dolore e il potente vissuto di impotenza parevano non arginabili, del resto come non tentare almeno di comprenderli ? Io sono parecchio in disaccordo con alcune tesi cliniche che tendono a “puntare l’indice” verso questo o quel componente la famiglia del portatore di disagio, credo che il giudizio non spetti a noi, già sarebbe grande cosa se noi tecnici riuscissimo a comprendere, in quanto solo attraverso tale atteggiamento si può tentare di aiutare la famiglia ad apportare qualche modifica nell’ambito della dinamica che la sostiene.
Purtroppo e per cause le più disparate (chissà… forse un giorno scriverò qualcosa a riguardo) si dovette chiudere la sede di N.A.Di.R. (vedi immagine) che, pur rimanendo vitale, sospese la più parte delle attività non avendo a disposizione gli spazi per svolgerle. Questo evento risultò tragico per tantissimi Pazienti che usufruivano del programma … dovemmo procedere a ricoveri e ci scapicollammo per contenere scompensi psichici inevitabili. Giorgia subì le inesorabili conseguenze del caso, si sentì tragicamente abbandonata, l’evento la sconvolse andando a rinforzare la spinta anoressica che stavamo reprimendo.
Quello che ho riportato è solo una chiacchierata intercorsa qualche tempo fa, credo possa risultare utile a chi avrà la pazienza di leggere per riuscire a comprendere la sofferenza profonda e il vissuto di impotenza che procura la sindrome anoressica.
(3) http://www.mediconadir.it/com_aperta.htm in ambito psicoterapicoil setting rappresenta la “matrice funzionale” che media la costruzione della relazione tra paziente e terapeuta rendendola clinicamente efficace. Il setting è costituito dal set, ossia dall’ambiente fisico e funzionale all’interno del quale ha luogo la relazione terapeutica, dalle regole organizzative del “contratto terapeutico”, e dalle regole relazionali che mediano il rapporto analista-analizzando (assenza di contatti extra-analitici, etc.). Più in generale, il setting è il “significante strutturale” dei significati che si implementano nelle forme della relazione clinica, e che costituiscono l’assetto di base del rapporto analitico. Quando si parla di setting allargato si intende un’ambientazione fisica e psichica corrispondente ad un contenitore aperto ed interattivo ma al contempo supervisionato e sottoposto a regole terapeutiche precise e concordate. Tale setting permette:
· Una migliore osservazione del Paziente nel processo di interazione
· Facilita la diagnosi
· Favorisce l’intervento terapeutico
· Implica un impegno costante dello staff: osservazione, supervisione, interrelazione con il singolo e con il gruppo a proposito delle dinamiche interattive e del singolo e del gruppo
(4) http://www.mediconadir.it/gruppo_genitori.htm : “Un’esperienza gruppale presso l’Associazione Medica N.A.Di.R.: GRUPPO PER GENITORI DI PAZIENTI AFFETTI DA D.C.A. (Disturbi del comportamento alimentare); Carlo Trecarichi Scavuzzo
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
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Commenti
Giovanna Arrico
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Finalmente Dottoressa,finalmente sei riuscita a tirare fuori qualcosa che unisce molte delle tue pazienti e molte delle persone di questa società malata.Qualcosa che mi coinvolge in prima persona.Ho visto le immagini e ho letto con attenzione la conversazione.Un dialogo simile nelle nostre situazioni.La paura di essere noi stesse,la paura del giudizio altrui.L\’unico pensiero onnipresente:il cibo.La paura a fidarsi e a provare emozioni,l\’unico pensiero è il conto delle calorie,oppure il modo di sbarazzarsi di ogni caloria ingerita,se pur possa essere un goccio di acqua.Il gonfiore,la pienezza,l\’espulsione.Si sta parlando da anni,si sta parlando da sempre,ma dove sono le strutture che possono aiutare ragazze che soffrono dei disturbi dell\’alimentazione?Ci hanno tolto l\’Associazione,perchè non schierati politicamente e quindi privi finanziamento,privi di soldi,siamo,anzi siete stati costretti a chiudere,con conseguente disastro economico per voi e psichico per noi.Non solo chi seguiva un percorso all\’interno della NADIR stava meglio,o iniziava a muovere i primi passi,ma anche chi ogni tanto si allontanava per poi ritrovare la sua famiglia per sentire calore e affetto veva comunque i suoi benefici.Enti,Dottori che ci ascoltano,ma ascolto vero,che ci mettano in discussione e che ci facciano capire che fidarsi di loro è a volte l\’unico modo per uscire non ce ne sono,i pochi,come la Dott.ssa Barbieri vengono aditati come anche loro Diversi…Bene io come paziente,con un passato spero di ex anoressica e di ex bulimica,dico spero,perchè oramai sono amiche nella mia vita,mi aiutano ad andare avanti togliendo però tutte quelle ingessature che solo chi controlla il cibo riesce ad avere,spero si possa andare avanti e avere nuovamente un luogo dove svolgere le nostre attività,un luogo che possa dare la possibilità di aiutare e di essere aiutate.I filmati indicati fanno vedere come una persona malata si sente,sempre e soprattutto sola,perchè continuare a rimanere in disparte?Io personalmente non ho timori,ho passato da qualche mese la fase del non sentirmi giudicata,o del fregarmene se qualcuna mi dice che sono diversa…ma diversa da chi e da che cosa?Ho trascorso troppi e tanti anni a violentare il mio fisico e la mia mente per essere ciò che gli altri volevano.Risultato?Abbandono più assoluto.Ora cerco di essere me stessa nel bene e nel male,cerco di vivere il presente,con l\’ombra del passato come insegnamento.Continuo asbagliare e credo lo farò sempre,non sono una super donna e tantomeno perfetta.mi lascio andare alle paure,ai pianti,ai sorrisi,alla voglia comunque di prendere in mano dopo momenti di sconforto la mia vita…proprio come ho sempre detto a Luisa,io sono la protagonista della mia vita ora…sbaglio,cado e mi rialzo,a volte con forza,altre volte con più fatica,ma provo.Mi sono fidata della Dott.ssa,continuo a farlo,ma ora mi fido anche di me,delle mie capacità.Non penso con ossessione al cibo,c\’è un mondo aperto a tanto perchè pensare solo a quello e ai falsi miti che televisione e riviste ci propinano?Forse siamo meno belle,ma siamo vere.
Ale
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Documentare il male che coviamo dentro è un atto di coraggio. Essere informati su ciò che accade nel mondo è un dovere sociale che permette l\’esercizio della criticità a scoprire non tanto che vivamo in un mondo ingiusto, bensì in un mondo imperfetto. Le guerre, la violenza, il consumismo, la cattiveria…sono tutti aspetti dell\’imperfezione che appartiene alla condizione di tutti gli esseri umani. Finire di soffrire è in parte capire proprio questo: non sono inadeguata perché imperfetta in un mondo perfetto, sono semplicemente parte del mondo.