Giova ricordare che ancora oggi definiamo “servizio pubblico” un’istituzione che, già 30 anni, fa fu consensualmente spartita in 3, con il primo canale alla Dc, il secondo ai socialisti, e il terzo canale ai comunisti, ma tutti dimenticarono di ridefinire il “servizio pubblico” come “servizio ai partiti” e fu abbandonato definitivamente il progetto di una Rai indipendente dalla politica e al servizio dei cittadini, come indispensabile contrappeso al blocco di notizie controllate da forze economiche, politiche, religiose.
L’Italia a livello informativo non è una democrazia, ma una piena dittatura in mano a ristrette oligarchie economiche, politiche (partitiche), religiose.
Ciò che mi fa venire il mal di fegato è che in tutti questi anni i movimenti, nati fuori dai partiti che si sono divisi la RAI, non abbiano mai messo al primo posto nei propri obiettivi quello di buttare fuori i partiti e proporre di trasformare l’azienda in “public company”, di proprietà dei cittadini azionisti che pagano il canone, senza pubblicità, il cui direttore generale, con ogni potere, fosse eletto, in regolari elezioni (in concomitanza con elezioni politiche o amministrative), tra personalità di assoluta indipendenza da economia, partiti, religioni.
Solo questa impostazione ci porterebbe vicino ad una reale democrazia mediatica, mentre oggi la avvilente realtà è quella di 5 reti nazionali agli ordini di un solo padrone che ottiene da esse il consenso elettorale.
Oggi si parla di Santoro alla TV7, che presto dovrebbe essere controllata da un “padrone buono” (De Benedetti), di tendenze monopoliste anche esso, in quanto possiede già Repubblica e l’Espresso Ndr- più una catena di giornali provinciali ) e forse potrebbe tornare in possesso della Mondadori scippatagli da Berlusconi (ndr- oppure intascare 800 milioni che fanno piangere il Cavaliere ); De Benedetti legato al Pd e quindi inevitabilmente espressione di interessi economici e politici di parte.
Se alla 7 accorreranno i vari Fazio, Floris, Santoro, Gabanelli, Dandini, la Rai è destinata a morte certa e la torta pubblicitaria sarebbe spartita tra i due poli privati, De Benedetti e Berlusconi, con evidente soddisfazione di entrambi, e la questione “servizio pubblico” seppellita e superata dallo strapotere del denaro che stabilisce la propria egemonia su informazione e politica.
Probabilmente in Italia accadrà ciò che è diventato “sistema” negli USA, in cui il “pluralismo” consiste nel fatto che le 50 principali TV private sono tutte di proprietà di multinazionali o sette evangeliche, e di “servizio pubblico” nemmeno l’ombra.
Paolo De Gregorio, nato a Roma, ha lasciato l'attività professionale e la grande città: oggi abita in Sardegna, dove ha realizzato un orto biologico. Partecipa alla vita politica e sociale pubblicando on line riflessioni e proposte.