Vi sono due eventi primari, indiscutibili, che hanno caratterizzato il fenomeno della immigrazione da ventanni a questa parte: uno è quello di aver costituito un esercito di riserva a disposizione dei datori di lavoro che ha determinato il costante arretramento dei diritti dei lavoratori, l’altro è quello di aver portato buona parte delle classi popolari a votare per la destra, visto che il disagio provocato dalla immigrazione si è riversato sui quartieri popolari, così come la concorrenza tra i poveri per il lavoro. Fatalmente il risentimento si è riversato sugli immigrati e non sui burattinai della destra padronale che li hanno fatti entrare, ben sapendo che il fenomeno si sarebbe risolto a proprio vantaggio.
Se vogliamo un esempio dimostrativo, inequivocabile, eccolo servito, dove i padroni leghisti del Nord hanno assunto centinaia di migliaia di immigrati, salvo poi cavalcare il risentimento popolare contro un fenomeno ormai troppo esteso. Se depuriamo il fenomeno dalle balle cattoliche dell’accoglienza o del rifiuto di tipo razzista, e gli togliamo qualsiasi connotazione ideologica, il fenomeno della immigrazione nel suo complesso ha determinato un imbarbarimento nelle vita quotidiana, mentre da un punto di vista economico, con la perdita di molti mercati per la crisi, è diventano più un problema che una risorsa.
La famosa integrazione è una barzelletta e le statistiche ci dicono che questa emigrazione non ha risolto il problema della sovrappopolazione e, nel caso dell’Africa, sono aumentate popolazione, fame, disoccupazione. Se togliamo anche questo alibi al fenomeno migratorio, cioè che risolverebbe l’aumento demografico di alcuni paesi, esso si può cominciare a definire profondamente irrazionale, favorevole nella sua gestione politica alla destra, funzionale alle mire espansionistiche di matrice islamica, ben visto dalla Chiesa cattolica che ha bisogno di masse di bisognosi e disperati. Non solo, il fenomeno migratorio priva delle migliori energie giovanili i paesi africani, con la scusa di essere dei profughi, mentre i veri patrioti sono quelli che combattono i dittatori in patria e questi che arrivano a Lampedusa sono dei menefreghisti irresponsabili. Oggi in Italia non c’è lavoro, non ci sarà perché la crisi non è ciclica ma strutturale, e non ci sono soldi pubblici da spendere per accogliere altri emigranti.
Ho sentito a Rainews24 il presidente della regione Toscana, Franco Rossi, che pontificava sul fatto che siamo una grande nazione, dobbiamo accogliere tutti, e se non fosse per gli immigrati la Toscana sarebbe in declino per numero di abitanti e le concerie per i pellami senza personale, perché i toscani non vogliono fare più quel lavoro puzzolente e inquinante. Vorrei dire al presidente: l’Italia è una piccola nazione, sovrappopolata, con oltre il 30% di disoccupazione giovanile, con l’80% di territorio a rischio idrogeologico e di terremoti, che nel caso di una crisi petrolifera non avrebbe autosufficienza energetica, né alimentare e presto ci uccideremmo l’uno con l’altro.
Diminuire di numero, come saggiamente hanno cominciato a fare i toscani, significa forse meno ricchezza, ma più spazi e più risorse per i cittadini. Se gli operai toscani non vogliono più lavorare nelle concerie, tutto l’ambiente gliene sarà grato e la peggior forma di razzismo è far fare questi lavori sporchi ai neri immigrati, i nuovi schiavi.
Vi sono migliaia di onlus che prendono soldi da tutti, che in Africa non risolvono alcun problema, ma non ce ne è una soltanto che diffonda anticoncezionali e faccia educazione sessuale con l’esplicito obiettivo di ridurre drasticamente le bocche da sfamare. Non sarebbe ora di andare alla radice del problema e non subire gli effetti di una irresponsabilità riproduttiva alimentata dalle religioni e dalle tradizioni? Non riesco a vedere un’altra strada praticabile. In Africa sono quasi un miliardo (a fronte di 200 milioni di inizio ’900), le risorse alimentari diminuiscono per la desertificazione e non intervenire con la scienza e la ragione mi sembra una enorme crudeltà che apre a enormi sconvolgimenti e sofferenze.
Paolo De Gregorio, nato a Roma, ha lasciato l'attività professionale e la grande città: oggi abita in Sardegna, dove ha realizzato un orto biologico. Partecipa alla vita politica e sociale pubblicando on line riflessioni e proposte.