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Sembra che l'eliminazione di uno specifico recettore localizzato sulla superficie delle cellule cerebrali, deputate alla ricompensa, possa aiutare a vincere la dipendenza data dalle sigarette

Fumare è bello, ma non è vero. Lo scrive nel cervello la nicotina

04-08-2011

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Teschio con sigaretta - Van Gogh“Smettere di fumare è facile, io l’ho fatto centinaia di volte”
Mark Twain

La nicotina è la sostanza attiva presente in percentuale variabile (2-8%) nel tabacco (in particolare nelle foglie) al quale dona l’inconfondibile odore. Il pericolo derivante dall’assunzione di nicotina sta nel fatto che nell’uomo crea dipendenza, tanto da essere stata dichiarata droga a tutti gli effetti dall’inizio degli anni ’90 e da allora il suo contenuto nelle sigarette è regolamentato.

Attraverso il fumo inspirato, la nicotina entra nella circolazione sanguigna e, nel giro di pochi secondi, raggiunge il cervello ove agisce sui recettori dell’acetilcolina . A basse concentrazioni stimola i recettori, determinando un aumento di produzione di adrenalina che è un ormone stimolante e che determina un aumento della frequenza cardiaca ed un vissuto di potenziamento fisico e mentale. A concentrazioni elevate la nicotina risulta altamente tossica, tanto da essere considerata un potente veleno naturale e venire utilizzata in agricoltura quale componente di moltissimi insetticidi (agisce bloccando i recettori dell’acetilcolina).

La nicotina stimola la produzione di dopamina andando così a modificare la trasmissione fisiologica degli impulsi nervosi e provocando un effetto “eccitante”. Si vanno ad attivare funzioni cerebrali legate alla concentrazione e al tono dell’umore, cui fa seguito la sensazione soggettiva di riduzione della quota di stress e di aumento della percezione di piacere attraverso un meccanismo biochimico analogo a quello innescato dall’eroina e/o dalla cocaina. La dipendenza da nicotina, non a caso, è legata alla necessità di mantenere elevati livelli di dopamina, neurotrasmettitore del piacere.

Gli effetti della nicotina sul sistema nervoso centrale sono duraturi e si auto-alimentano attraverso l’inalazione del fumo della sigaretta reinnescando il meccanismo che nel fumatore non si interrompe mai e che si va ad inquadrare nella dipendenza. La nicotino-dipendenza deriva quindi principalmente dall’attivazione del sistema mesolimbico dopaminergico, considerato il centro del piacere e della gratificazione, responsabile della tossicodipendenza, in quanto l’individuo dipendente dalla sostanza e all’astensione va in craving, ossia cade preda del desiderio compulsivo, fortissimo ed incontrollabile che, se rimane insoddisfatto, può provocare sofferenza psico-fisica, ansia, insonnia, aggressività, depressione del locus ceruleus, responsabile dello stato di veglia e di vigilanza. La nicotina, stimolando questa parte del cervello, determina un miglioramento delle funzioni cognitive associate ad un aumento della capacità di concentrazione, oltre ad una riduzione dell’entità delle reazioni da stress, determinando così un vissuto di maggior rilassamento in situazioni critiche associato ad aumento dell’autostima.

Il 27 luglio 2011 su The Journal of Neuroscience è stato pubblicato il risultato di una ricerca condotta da Tresa McGranahan, Stephen Heinemann, PhD, e TK Booker, PhD, del Salk Institute for Biological Studies che potrebbe aiutare a comprendere meglio il meccanismo di azione della nicotina sulle cellule cerebrali umane: la rimozione di uno specifico recettore nicotinico dalla superficie delle cellule cerebrali produttrici di dopamina rende meno probabile nei topi la ricerca di nicotina, inoltre non si è osservata una riduzione dei comportamenti ansiosi simili a quelli osservati dopo trattamento con nicotina (i fumatori comunemente denunciano il sollievo dall’ansia quale fattore chiave per continuare a fumare o recidivare nel comportamento, anche se riconosciuto dannoso).

Lo studio dimostra chiaramente che il vissuto di ricompensa e la riduzione dell’ansia provocati dalla nicotina giocano un ruolo chiave nello sviluppo della dipendenza da tabacco e che sono determinate dall’azione su cellule specifiche cerebrali.

Precedenti studi avevano dimostrato che bloccando il recettore nicotinico alfa4 all’interno dell’area ventrale tegmentale (VTA), dalla quale prende origine il sistema dopaminergico, diminuiscono le proprietà gratificanti della nicotina, ma poiché i recettori alfa4 sono presenti sulla superficie di diversi tipi di cellule nel VTA, non era chiaro in quale modo la nicotina producesse sensazioni piacevoli.

I ricercatori allevarono in laboratorio cavie che presentavano una mutazione volta ad impedire una risposta cerebrale alla nicotina: non sviluppavano i recettori alfa4 sulle cellule dopaminergiche. I topi che avevano subito la mutazione erano meno predisposti alla ricerca di nicotina rispetto a quelli normali, suggerendo che questo tipo di recettore risulta necessario per la percezione degli effetti gratificanti da nicotina che, inoltre, non riusciva a ridurre i comportamenti ansiosi nei topi mutanti, come invece riusciva a fare in quelli sani.

Considerando i gravissimi danni provocati dal tabacco, si parla di 5milioni di morti all’anno, riuscire a capire meglio il percorso che porta alla dipendenza da nicotina potrebbe portarci allo sviluppo di nuovi farmaci sia per il trattamento della dipendenza che per alleviare i disturbi d’ansia, vista la connessione tra gestione dell’ansia e assunzione di nicotina. Inoltre il rendersi conto, attraverso chiare dimostrazioni, di quanto e come una sostanza da noi assunta “volontariamente” possa inserirsi nel circuito fisiologico del nostro sistema nervoso centrale modificandone di fatto il funzionamento, potrebbe, forse, agire da motivazione per smettere di fumare, eliminando così un comportamento deleterio per la salute, quale è il fumo di tabacco.

Note di approfondimento

Luisa BarbieriLaureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati. Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico. Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
 

Commenti

  1. Paola Fantazzi

    Questo è un argomento che mi tocca da vicino..sono un ex fumatrice di quelle accanite da due pacchetti al giorno ..da una vita desideravo uscire da questa dipendenza che ovviamente detestavo consapevole dei danni procurati….sono riuscita a smettere leggendo un libro…….sono cinque anni che non fumo e penso che non fumerò più pero sento che sono ancora dipendente psicologicamente….ci penso ancora tanto ……ecco posso dire che questa dipendenza è difficilissima da sradicare forse dai troppi anni di meccanismi fisici e mentali….

  2. Jaime Nazar

    Perché non detto, deduco che nella sperimentazione citata, la nicotina sia stata somministrata in qualche modo (neanche lo si dice) alle cavie.

    Sono più di trent’anni che non fumo, dopo 15 anni passati a fumare 3 pachetti al giorno=60 sigarette.
    Due sono state le informazioni che mi hanno permesso di affrontare la sfida di smettere e di superare il vizio:
    Il primo, l’aver dimostrato, mediante una semplice inchiesta formulata del dipartimento di biostatistica della facoltà dove ero docente, che il legame con la sigaretta ha come cause motivazioni di carattere psicologico. Per esempio, la correlazione positiva più intensa (se non ricordo male,vicina allo 0,8)fu quella tra il grado di accanimento al fumare e il grado d’impedimento a farlo da parte dei genitori del fumatore.
    Il secondo, sapere che la nicotina è un alcaloide volatile a temperatura ambientale, e che nella fiamma della sigaretta vi sono attorno agli 800 gradi centigradi. Quindi, mediante il fumo ispirato, della nicotina non può esserne traccia.
    Quindi, non rimaneva altro che un fattore psicologico di tipo associativo, a momenti particolari ma comunque abitudinari da parte del fumatore: trovarsi tra amici; scendere dall’autobus; prendere una tazza di caffè; aspettare il pranzo, finirlo e accompagnare il solito caffè post-pranzo; subito dopo la prima colazione; leggere il giornale o un libro, escrivere; dopo l’aver fatto l’amore, ecc., ecc.
    Così, decisi di mettermi alla prova, e ogni volta che mi veniva la voglia di accendere la sigaretta, cominciavo a contare lentamente fino a dieci, pensando a tutt’altra cosa. Scoprì che l’istinto di fumare era passato. Sapevo che ritornerebbe, ma ripetevo la manovra e così successivamente, tutte le numerose volte durante le prime giornate. Dopo circa un mese senza fumare e contando sempre fino a dieci pensando ad altro, notai che le frequenze erano notevolmente diminuite, il che rafforzava la mia decizione di smettere (precondizione obbligata, la decizione di smettere). A quel momento, avevo cominciato a eliminare il catrame che invadeva i polmoni; i mal di testa e il torpore matutini erano scomparsi. Il desiderio di fumare mi accompagnò per diversi mesi, forse quasi un anno, esendo sempre meno intenso, ma sapevo che non sarei ritornato a fumare, perché ogni volta contavo fino a dieci pensando ad altro e il desiderio scompariva. Ora,il solo sentire il fumo da altri fumatori, mi fa venire certa nausea.
    Questo mio “metodo” è stado eseguito da altre tre persone con identici risultati positivi.
    Ho scritto questo, con la speranza che qualche fumatore lo legga e lo aiuti ad abbandonare la sigaretta.

  3. Giovanna Arrico

    Interessante l’articolo, la correlazione tra l’ansia, l’assunzione della nicotina e il modificare volontoriamente il circuito fisiologico. Piacevole, passatemi il termine, leggere le esperienze altrui per aiutare anche altre persone.

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