Fumare o non fumare? Alle porte del paradiso con l’inferno tra le dita
05-08-2010
di
Ivano Sartori
Mi hanno sempre suscitato una certa invidia i fumatori languidi e contemplativi. Sapete, quelli che aspirano con lenta voluttà mentre fissano il vuoto. Da quando è proibito fumare al chiuso, i loro sguardi spaziano fino alle porte dell’ignoto. Sia che guardino con insistenza la linea immutabile dell’orizzonte come volessero metterla in imbarazzo e incuterle soggezione, sia che osservino con insistenza i passanti con la penetrazione dei raggi X, sia che puntino la luna o il comignolo di una casa, la fissità dei loro sguardi ha qualcosa di soprannaturale che sconcerta e affascina. Anche se si stanno arrabattando in qualche pantano del loro intimo, l’impressione che ti danno è quella di inseguire l’infinito trapassando il reale per raggiungere i confini della galassia. Se qualcuno si abbandonasse a simili contemplazioni senza una piccola brace tra le dita, sarebbe scambiato per un caso di trance da cui girare al largo.
Lo sguardo del fumatore contemplativo non è considerato catatonico perché è accompagnato da impercettibili segni di presenza a se stessi e di appartenenza al mondo dei vivi e svegli, a cominciare dal movimento meccanico della mano che, assistita dal braccio, si avvicina con misurata lentezza alla bocca, sosta il necessario per una boccata, e se ne allontana con eguale compostezza per ciondolare lungo un fianco lasciando dietro di sé impalpabili briciole di cenere come coriandoli di pensieri che si dissolvono nell’aria acida della realtà.
Per non fare durare queste parole scritte oltre la durata di una fumatina, azzardo concludere che la società non ti offre altra possibilità di abbandonarti a te stesso, dentro la folla e lontano dalla sua pazzia, se non con una sigaretta tra le dita. Lasciapassare che né la pipa, né il sigaro e tanto meno un cono gelato, tutti accessori bisognosi di attenzione e partecipazione, potrebbero concederti. Fissare il vuoto con un cono in mano e il gelato che ti cola tra le dita, senza la lingua che intervenga sollecitamente, creerebbe allarme sociale. Quel buon samaritano del prossimo vi rivelerebbe un segnale dell’avvenuto distacco tra cervello e corpo. Solo un non fumatore pieno di ammirazione per i fumatori estatici sa che fumare con lo sguardo perso nel vuoto è un esercizio di contemplazione sulla strada della beatitudine.
Naturalmente so bene che il fumo uccide. Non so però se quello stato di estasi possa generare qualche meditazione o riflessione socialmente utile. Conosciamo i malefici fisici del fumo, ma nessuno ne ha ancora scoperto gli eventuali benefici spirituali e creativi.
Io sono però anche un non fumatore prudente e prego mia moglie di allontanarsi mentre scrivo queste parole con la stilografica e il sole del 2 agosto asciuga l’inchiostro prima ancora che tocchi il foglio. La brace della sua sigaretta aggiunge calore al calore. Non capisco come si possa guardare la linea dell’orizzonte sfocata dall’afa con quel piccolo tizzone dell’inferno tra l’indice e il medio. Sono misteriosi questi fumatori. Ma quando l’ultimo di loro si sarà estinto ne rimpiangeremo la puzza e l’ignota ragione del loro fumare. E avremo nostalgia per un mondo che dava loro licenza di prendere le distanze da sé e guardare nel vuoto purché accettassero di avvelenarsi accendendosi una sigaretta.
Ivano Sartori, giornalista, ha lavorato per anni alla Rusconi, Class Editori, Mondadori. Ha collaborato all’Unità, l’Europeo, Repubblica, il Secolo XIX. Ultimo incarico: redattore capo a Panorama Travel.