La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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Domani chiude, addio

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Germania: come la mafia comprava i voti del senatore Di Girolamo

25-02-2010

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Hannover  –  Era stato “Tempi”, il settimanale legato a Comunione e Liberazione, a denunciare per primo presunti, massicci brogli che sarebbero avvenuti nelle circoscrizioni all’estero. Lo aveva fatto una prima volta nel 2006 e lo aveva ripetuto il 3 aprile 2008 – a una decina di giorni dalle elezioni politiche. Nel suo articolo (“Ho comprato sei voti”) Rodolfo Casadei scriveva: «Ho preso un aereo, sono sceso in una città tedesca dove nessuno mi conosceva e nel giro di 48 ore ho trovato chi mi ha venduto il suo voto. Potevo acquistarne altri ma mi sono fermato a sei perché lo scopo era raggiunto: dimostrare quanto è facile alterare la regolarità del voto della Circoscrizione Estero”.

Casadei riferiva le sue dirette esperienze effettuate in alcuni locali pubblici frequentati da italiani. Il quadro da lui disegnato aveva per protagonisti emigrati disinteressati alla politica e disposti a mettere all’asta, al miglior offerente, le loro schede elettorali. Forse non sarebbe stato necessario prendere l’aereo, sarebbe stato sufficiente visitare qualche bar nella sua città italiana per incontrare cittadini con altrettanto scarso senso civico. Solo che in Italia – diversamente da quanto avviene all’estero – il voto non si esercita per corrispondenza, quindi la possibilità di brogli è limitata. All’estero la domanda si congiunge con l’offerta, c’è gente interessata a comprare voti e c’è chi è disponibile a vendere il proprio, si presume non ravvedendo alcun significato nell’esercizio del gesto più nobile di partecipazione civica.

Chi fossero questi “altri” il giornale ciellino con precisione non lo diceva, ma lo lasciava ben intendere: l’articolo di Casadei riferiva di un “candidato della Destra” interessato a far incetta di schede. Inoltre, dava voce a un capomastro di origine siciliana, che aveva ricevuto una strana visita nei giorni precedenti: “Si sono presentati due signori giovani e mi hanno detto: “Siamo del partito di Berlusconi. Se la pensa come noi ci dia per favore le buste. Ci pensiamo noi a votarle”. E concludeva l’articolo ammettendo di aver lui stesso acquistato senza difficoltà sei schede (poi restituite) e di averle pagate 150 euro, “cinque volte più del valore di listino”.

Non mi è noto se il giornalista di Tempi, al termine della sua indagine, sia andato a denunciare con nomi, cognomi e circostanze precise i fatti di cui era venuto a conoscenza. Né se qualche magistrato abbia voluto sentirlo. Certo è che – alla luce delle accuse gravissime oggi mosse dai magistrati al senatore Nicola Di Girolamo – Casadei andava preso seriamente in considerazione. Era Di Girolamo il “candidato della Destra” interessato all’acquisto delle schede? C’era la ‘ndrangheta dietro alla compravendita di schede elettorali che a quanto pare parecchi italiani si sono sentiti proporre?

Gli inquirenti ne sono convinti. Hanno detto che «l’elezione del senatore Nicola Di Girolamo è stata fatta anche attraverso il contributo determinante di una famiglia della ‘ndrangheta, in particolare la famiglia Arena di Isola di Capo Rizzuto» ed hanno aggiunto che «le indagini hanno documentato che esponenti della ‘ndrangheta si sono recati in Germania, nel collegio di Stoccarda, ed hanno raccolto i certificati elettorali dei nostri immigrati. In questo modo hanno poi espresso i voti in favore di Di Girolamo».

Che la ‘ndrangheta sia attivissima in Germania – a Stoccarda come a Colonia – è arcinoto. Per anni questo paese è stato considerato ideale non solo per investire i proventi di attività criminali (all’est nell’edilizia, soprattutto negli anni della ricostruzione post ’89; all’ovest nel settore della ristorazione), ma soprattutto una base sicura, in cui ripiegare quando il terreno in Italia diventava più scottante. Il delitto di Duisburg del 2007 – sei persone uccise in un ristorante nell’ambito di una faida tra cosche rivali – ha scritto col sangue quello che la polizia tedesca da tempo va ripetendo: la ndrangheta, così come la mafia, la sacra corona unita e la camorra hanno un raggio d’azione che va ben oltre le regioni d’origine o la stessa Italia. In uno studio del 2009, il Bundeskriminalamt, l’Ufficio Federale della polizia criminale, ha stimato in oltre 900 persone gli aderenti alla ‘ndrangheta, localizzando le loro maggiori aree d’influenza nel Nordreno-Vestfalia, nell’Assia, nella Baviera e nel Baden-Württemberg, che sono i quattro Länder tedeschi a maggior presenza d’italiani.

La mafia, in qualsiasi sua forma, ha bisogno di vivere in simbiosi con il potere politico – qualsiasi potere, a condizione di poterlo condizionare e subordinare. Ovvio quindi che cerchi di farlo anche all’estero, usando il Di Girolamo di turno. Bisogna però chiedersi quali condizioni favorevoli essa incontri nelle mega circoscrizioni create fuori dal territorio italiano. Una di queste condizioni va probabilmente individuata nella legislazione vigente, che favorisce, come ora è sotto gli occhi di tutti, il mercimonio elettorale e si presta – nonostante bizantine procedure o forse proprio grazie ad esse – a brogli d’ogni tipo.

E tuttavia: la legge da sola non produrrebbe danni se in Germania come in altri paesi ci fosse tra gli italiani una diffusa consapevolezza sociale e politica. Purtroppo, è amaro constatare che larghe fasce di elettorato italiano non hanno, nemmeno nei paesi europei per non parlare di quelli d’oltreoceano, una chiara percezione della posta democratica in gioco in Italia. L’informazione è scarsa e passa quasi esclusivamente tramite i canali televisivi del signor B., le possibilità di partecipazione al dibattito politico sono ridottissime. Molti italiani non votano, in Germania, nemmeno per le elezioni amministrative locali, pur avendone il diritto quali cittadini comunitari.

Si può obiettare che l’integrazione è un processo lento; oppure che esistono anche segnali incoraggianti della partecipazione degli italiani alla vita democratica in Germania. Ad esempio, la scorsa settimana il sindaco di Wolfsburg, la capitale della Volkswagen, ha ricordato all’Ambasciatore italiano in Germania, Michele Valenzise, in visita alla città, che ben cinque consiglieri comunali su 47 hanno origini italiane. Esperienze analoghe sussistono in molte città, là dove si è riusciti a motivare gli italiani e a renderli partecipi delle scelte democratiche delle comunità in cui ormai vivono. In questi contesti cresce la sensibilità politica e sociale non solo verso le questioni che interessano il luogo di residenza, ma anche rispetto alle vicende italiane. Forse è proprio questa la strada da seguire per evitare il ripetersi di abusi come quelli denunciati: favorire l’avvicinamento degli italiani al contesto politico locale e in definitiva la loro piena integrazione.

Antonio Umberto RiccòAntonio Umberto Riccò, ex dirigente scolastico, si è occupato per molti anni della scolarizzazione dei figli di emigrati italiani in Germania Hannover. Cura con altri amici il sito www.aussorgeumitalien.de. Ha pubblicato presso l'editrice alpha beta di Merano i romanzi "Biscotti al cardamomo" (sui profughi afgani in Italia, 2009) e "C'era in Germania un Girasole" (sulla dittatura nella Germania Orientale, sett. 2010). Web: www.antonioricco.it e www.antonioricco.eu
 

Commenti

  1. Charles Lambert

    Questa situazione è la consequenza di una decisione che include nel processo politico nazionale persone che non sanno nulla di Italia e che non hanno investito nulla nel paese, e che esclude tutti quelli – come me – che vivono da anni in Italia, lavorando e contribuendo in termini fiscali e assicurativi al bene collettivo. Che sia anche una ulteriore fonte di corruzioni e brogli non dovrebbe sorprendere nessuno.

  2. Lorenzo

    Vergogna e schifo,in questo sistema non mi riconosco più.Nuova lotta di liberazione.Via la mafia dallo stato.

  3. @ Charles

    Attenzione a non fare di tutta un’erba un fascio. La stragrande maggioranza degli italiani che vivono all’estero sono persone oneste e non hanno nulla da spartire con i Di Gerolamo di turno. Inoltre, molti hanno contribuito per decenni con le loro rimesse all’economia italiana e la loro presenza oggi è ancora molto importante sotto il profilo economico (si pensi alla diffusione di prodotti italiani). Senza considerare che sarebbe certo ingiusto penalizzare chi desidera partecipare al dibattito politico italiano e, ovviamente, esprimere il proprio voto.

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