Se ne va il governo dei ripetenti o dei ministri (Bossi) diplomati alla scuola per corrispondenza Radio Elettra di Torino (insegnava come costruire un televisore in casa). O della signora Gelmini che gira mezza Italia per trovare la promozione ad avvocato. Sono i nuovi ministri a fare domande: la Lega non si presenta perché non sa le risposte
Ivano SARTORI – Governo Monti, la rivincita dei professori
17-11-2011Nell’elenco dei ministri del nuovo governo Monti nessun nome (o quasi) è noto. Meglio così. Ma non è il punto. Si sapeva. Si voleva fosse così. Quando Mario Monti leggeva la lista all’uscita dal Quirinale, mi ha colpito che il neo presidente del consiglio abbia premesso a molti nomi, compreso il suo, l’appellativo «professore». A parte un ammiraglio, un ambasciatore, una signora commissario prefettizio, i ministri del governo sono tutti titolari di cattedra. E non di scuola media.
Quanti erano i professori nel governo precedente? Non ne ricordo uno. Anche se non escludo che qualcuno di quella compagine abbia fatto l’insegnante alle serali o nell’apprendistato di una carriera deviata poi verso la politica. Chi lo sa? La stessa Daniela Santanché, prima di sposare il chirurgo di cui continua a portare il cognome (ma non ce l’ha uno tutto suo?), forse qualche supplenza alla scuola materna di Cuneo l’avrà fatta.
Non c’erano professori, nel governo precedente perché nei loro anni verdi molti di quei ministri erano stati un po’ discoli, cattivi studenti e pessimi scolari. Come Maria Stella Gelmini, che ha dovuto fare il giro d’Italia per arraffare una laurea. Ed è il caso eclatante, per non dire scandaloso, di una mediocre studentessa nominata ministro dell’Istruzione. Ma certi pretoriani del Pdl avevano la sfrontatezza di ribattere che almeno lei era laureata, mentre non lo era Benedetto Croce, ministro di un’Istruzione ancora Pubblica.
Bene che andasse, nella piccola corte ministeriale del Re Sole di Arcore, spiccavano gli autodidatti. Per esempio, l’Umberto Bossi diplomato alla Scuola Radio Elettra di Torino, quella che negli anni Sessanta insegnava per corrispondenza come costruirsi un televisore in casa. Un governo, quello che ci ha lasciato pochi giorni or sono, composto da studenti ripetenti e bocciati (termini cancellati dal vocabolario dagli eufemismi del politically correct), che consideravano la loro attività come la rivincita della svogliatezza contro la voglia di studiare. La vendetta degli ultimi della classe che erano riusciti a diventare i primi del Paese, per una fortuita serie di coincidenze e per nostra colpevole negligenza.
Ora la ricreazione è finita, i professori sono tornati in cattedra e i cattivi studenti sono stati mandati dietro la lavagna con le orecchie d’asino in testa. Pare che i competenti abbiano avuto la meglio sui dilettanti. Considerazioni politiche a parte, meglio un tecnico che sa quel che fa di un dilettante che spaccia il disbrigo dei suoi interessi personali o di partito per interesse nazionale.
Purtroppo, anche chi, in tutti questi anni, se ne è rimasto composto al proprio banco, con gli occhi sui libri anziché spiare le gambe della prof Carfagna nei calendari, anche chi nel frattempo ha studiato ed è rimasto disciplinato, pagherà le catastrofiche conseguenze di quella baraonda senza veri e seri professori. Una situazione ingovernabile creata o alimentata dall’elezione di capiclasse sbagliati, fieri di scrivere «abbasso la squola» sulla lavagna, come ha dimostrato la loro stitichezza nell’erogazione dei finanziamenti per l’istruzione. Degni allievi di un Grande Maestro, tessera P2 numero 1816. Ma questa è un’altra storia. È un’altra lezione di storia.
Ivano Sartori, giornalista, ha lavorato per anni alla Rusconi, Class Editori, Mondadori. Ha collaborato all’Unità, l’Europeo, Repubblica, il Secolo XIX. Ultimo incarico: redattore capo a Panorama Travel.