Nella storia d’Italia sono ben 27 i quesiti referendari proposti al popolo italiano che non hanno smosso l’apatia dell’elettorato, che ha costantemente fatto mancare il “quorum”, che prevede la validità del referendum solo se vanno a votare il 50% più uno degli elettori aventi diritto.
Bisogna constatare amaramente che i nostri concittadini preferiscono delegare alla “CASTA” le decisioni politiche e tutte le favole propagandistiche che la democrazia è partecipazione, sono appunto favole da raccontare ai lobotomizzati televisivi che, purtroppo sono la maggioranza, con incidenza maggiore nei ceti popolari ignoranti e disillusi abbandonati dalla sinistra alle amorevoli cure di preti e Tv.
Le attuali frenetiche manovre governative, per eliminare dal voto del prossimo 12-13 giugno i referendum che avrebbero potuto schiodare i cittadini dalla loro atavica passività e fatalismo, ci fanno capire quanto in realtà sia temuto il giudizio popolare e che si farà di tutto affinché l’onda emotiva per il disastro nucleare giapponese non si traduca in partecipazione referendaria, anche perché la gente potrebbe estendere il proprio voto contrario alle pretese del Caimano di avere un trattamento giudiziario diverso da quello riservato ai normali cittadini (legittimo impedimento).
La cricca al potere, con 5 reti televisive a disposizione, mostra di conoscere bene i suoi polli, pardon sudditi, le cui convinzioni non propriamente granitiche, possono essere orientate e sopite con sapienti campagne mediatiche di cui il regista unico e impareggiabile rimane il nostro “caro leader”.
Un popolo serio, di fronte allo scippo dei referendum, di fronte allo sperpero di denaro pubblico (350 milioni di euro) per non abbinare il voto referendario alle amministrative (per paura del raggiungimento del quorum), sarebbe insorto e avrebbe punito senza appello i responsabili di queste sporche manovre.
Ma 30 anni di telecrazia privata e la predicazione pretesca di rassegnazione e passività hanno fabbricato docili pecorelle che ormai accettano tutto, anche i pregiudicati in Parlamento e che il premier pagava Ruby (nipote di Mubarak) per non farla prostituire. Se le convinzioni degli italiani sono così incerte e labili, al punto di non andare a votare il 12-13 giugno contro il legittimo impedimento, che significherebbe far finire l’era berlusconiana, questo è un paese senza futuro, di sudditi frustrati, con genitori che aspirano solo a mandare le loro figlie a rendere servizi sessuali al sultano.
Quanto alle regole che disciplinano l’istituto referendario, la prima ad essere abolita dovrebbe essere quella del quorum, perché se un milione di cittadini si attiva e si organizza per abolire una legge, ciò è sufficiente per dare legittimità alla consultazione. Inoltre, in una democrazia reale e compiuta sarebbe necessario avere l’istituto del REFERENDUM PROPOSITIVO, sottoscritto con un milione di firme, per poter integrare l’attività legislativa del Parlamento con contributi di democrazia diretta.
Paolo De Gregorio, nato a Roma, ha lasciato l'attività professionale e la grande città: oggi abita in Sardegna, dove ha realizzato un orto biologico. Partecipa alla vita politica e sociale pubblicando on line riflessioni e proposte.