Della serie “ricorrenze”: il 2011 segna un secolo esatto dello sbarco delle nostre truppe a Tripoli per una guerra di conquista crudele, che comportò deportazioni, stragi, gas asfissianti e condanne a morte, come quella di Omar Al-Mukhtar, destinate a dare fondamento a una memoria storica ostile. Con il trattato di Losanna l’impero ottomano ormai comatoso cedette all’Italia la Cirenaica e la Tripolitania, ancor oggi le due principali divisioni regionali del paese. L’occupazione durò fino alla cacciata delle truppe italiane operata dagli alleati nel 1942, mentre l’indipendenza viene riconosciuta dall’Onu nel1949 e resa effettiva nel 1951.
Il petrolio da allora condiziona definitivamente la storia libica, soprattutto dopo la rivoluzione dei giovani ufficiali e la presa del potere da parte di Muammar Al-Gheddafi. Che aspirava a diventare l’uomo politico del riscatto africano e fu anche presidente dell’ Organizzazione dell’unità africana; di fatto e, forse, di necessità fu un autocrate che, se mantiene consenso, fu perché nessun paese dell’area godeva di libertà e i metodi dittatoriali e le violazioni dei diritti umani non scandalizzavano, tanto meno il mondo occidentale avido di petrolio e gas.
Come italiani del terzo millennio, abbiamo memoria recente del baciamano di Berlusconi al dittatore, accolto a Roma con le sue amazzoni, i cavalli berberi e la tenda beduina. E non dimentichiamo il trattato di Bengasi con cui Berlusconi ha impegnato l’Italia a pagare 5 miliardi di dollari a estinzione dei risarcimenti per l’occupazione militare e, soprattutto, per bloccare l’immigrazione clandestina. Berlusconi non si lasciava sfuggire gli interessi del partenariato e, tanto per incominciare, ha reso l’Italia primo fornitore d’armi alla Libia gheddafiana (di chi saranno i missili scoperti dai nuovi rappresentanti?), non senza compromettere l’Unicredit, Capitalia, Finmeccanica, Impregilo (che già di per sé non sono mai stati stinchi di santo), perfino la Juventus…
Anche ai tempi della prima Repubblica, quando Gheddafi sosteneva il terrorismo in Europa, il comportamento italiano è stato all’insegna dell’ambiguità totale. Nel 1986 Gheddafi tirò un paio di missili su Lampedusa come ritorsione per il bombardamento americano e Craxi non solo reagì debolmente, ma si è scoperto che aveva addirittura avvertito il dittatore dell’iniziativa di Reagan per consentirgli di salvarsi. Petrolio e gas hanno avuto sempre la priorità nella politica italiana. Nel giugno del 1986 qualche interrogazione parlamentare fece riferimento alla vendita di materiale bellico alla Libia: il governo aveva invocato il segreto, ma era trapelato che comprendeva “mezzi militari in dotazione dell’esercito italiano”.
Lo aveva dichiarato il generale Ambrogio Viviani indicando “mezzi di trasporto defalcati ai reparti” presenti nel carico. Fu coinvolto il generale Jucci dei servizi di sicurezza, con divertimento di chi provocatoriamente aveva chiesto – e magari era antimilitarista – come mai il governo si permetteva di sottrarre mezzi alla difesa della patria… La furbizia italica interessata fino all’autolesionismo.
Giancarla Codrignani, docente di letteratura classica, giornalista, politologa, femminista. Parlamentare per tre legislature