Aldo Moro e Peppino Impastato, vittime del terrorismo e delle mafie
Quest’anno la giornata della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi è dedicata in particolare ai magistrati caduti mentre servivano la Repubblica italiana. Non solo Falcone e Borsellino: l’elenco dei giudici ammazzati dal dopoguerra ad oggi è sterminato. Tra i meno ricordati il giudice Mario Amato, sostituto procuratore a Roma che indagava sul terrorismo nero. Il mattino del 23 giugno 1980, mentre attende l’autobus, viene avvicinato da una moto guidata dal minorenne Luigi Ciavardini (poi condannato per la strage alla stazione di Bologna, insieme ai leader dei NAR Valerio Fioravanti e Francesca Mambro): il neofascista Gilberto Cavallini scende dalla moto e gli spara un colpo alla nuca. Mario Amato aveva chiesto protezione ed aveva informato persino il Csm che la destra eversiva stava per compiere attentati tremendi. Infatti poche settimane dopo, il 2 agosto, una bomba “fascista” ucciderà 85 persone ferendone circa 200.
Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, ha le idee chiare.
– La giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi è stata istituita solo nel 2007. Come mai ci sono voluti tanti anni?
I tempi della politica… A dire il vero la situazione si sbloccò con l’elezione di Sabina Rossa (eletta nel 2008 nelle liste del Pd – ndr), figlia di Guido Rossa, il sindacalista ucciso dalle Br: una nostra proposta di legge, inserita nella legge quadro per le vittime del terrorismo, è stata finalmente presa in considerazione e si è riusciti ad istituire questa gioranta della memoria.
– L’anno scorso, in una città commissariata, si celebrò il 30° anniversario della strage di Bologna. La vostra associazione nacque nel 1981. Negli ultimi tempi lei ha parlato spesso del processo di Brescia per la strage di Piazza della Loggia. Un processo oggettivamente oscurato dai media, almeno fino all’ultima, discutibile, sentenza. Vi sentite spesso con i familiari di Brescia? Quali forme di collaborazione siete riusciti a costruire negli anni con questa e con le altre associazioni?
Le iniziative delle associazioni dei familiari sono numerose. In tanti anni di lavoro non abbiamo mai smesso e non smetteremo di pretendere verità e giustizia. Noi abbiamo seguito sempre con attenzione i procedimenti riguardanti le altre stragi, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia. In particolare le indagini fatte dai magistrati di Brescia hanno permesso di fare dei passi avanti anche nella conoscenza di determinate situazioni che riguardano la strage alla stazione di Bologna. Alcuni elementi legati al terrorismo veneto e lombardo, finora da molti considerati figure di secondo piano, si sono rivelati personaggi di primissimo piano nella costruzione di legami tra terrorismo, mafia e massoneria. Ora i rapporti tra una serie di ambienti malavitosi ed alcuni ambienti politici della destra eversiva sono molto più chiari. Questo può consentire anche ai giudici di Bologna di fare notevoli passi avanti nella ricerca dei mandanti, andando oltre il livello degli esecutori materiali e dei depistatori, già condannati.
Noi abbiamo ottimi rapporti con le altre associazioni dei familiari. Ricordo che esiste da tempo l’Unione dei familiari delle vittime per stragi, di cui fanno parte le associazioni di Piazza Fontana, Brescia, Italicus, Rapido 904 e Via dei Georgofili. Abbiamo un ottimo rapporto anche con l’associazione AIVITER. (http://www.vittimeterrorismo.it/index.htm)
– La data è quella dell’anniversario dell’omicidio di Aldo Moro (9/5/1978), anche se in realtà lo stesso giorno fu ucciso anche Peppino Impastato. A distanza di 33 anni quella tragica coincidenza assume un significato simbolico: le indagini, i processi e le ricostruzioni storiche ci hanno mostrato che gli intrecci tra terrorismo e mafia sono più che occasionali.
La storia crimale d’Italia è fatta di rapporti tra servizi segreti, massoneria, mafia, politici, ecc. inseriti all’interno di un disegno politico-criminale che ha condizionato enormemente la storia del nostro Paese. Questi fattori non possono essere analizzati singolarmente, altrimenti rischiamo di avere solo delle mezze verità: è necessario avere una visione d’insieme. Peraltro gli stessi esecutori della strage di Bologna hanno avuto contatti con la massoneria e con personaggi siciliani legati sia alla massoneria che alla mafia. Evidentemente questi criminali venivano manovrati da qualcuno che tirava i fili da Roma, all’interno di una strategia politica di altissimo livello.
– Eppure negli ultimi anni la massoneria (in particolare il Grande Oriente d’Italia) sembra volersi dare un’immagine meno inquietante. All’inizio di aprile tremila massoni si sono riuniti a Rimini per festeggiare il 150° dell’Unità d’Italia, in un meeting che sembrava il controcanto a quello di Comunione e Liberazione. Ma la trasparenza, almeno su una parte degli iscritti, continua ad essere un tabù.
Non conosco l’attuale situazione della massoneria. Ma ho ben presente quella degli anni ’80, anni in cui la massoneria che si conosceva era la P2 di Licio Gelli, e non mi risulta che da allora ci siano stati grandi sforzi per togliersi di torno certe figure e fare chiarezza al suo interno. Faccio fatica a capire il senso di questa massoneria contemporanea che vorrebbe presentarsi come “democratica”. Finora certi ambienti hanno rappresentato più che altro un pericolo per la democrazia. Recenti indagini fatte in Sicilia hanno portato alla luce alcune logge che hanno al loro interno personaggi chiacchierati, se non addiritura mafiosi.
– Nell’Italia di oggi si candidano alle elezioni giudici, avvocati, imprenditori, sportivi, attori, cantanti, ballerine: un po’ di tutto… In passato anche qualche rappresentante dei familiari delle vittime fu candidato al Parlamento (per esempio Daria Bonfietti, presidente dei parenti delle vittime di Ustica, parlamentare dal 1994 al 2006 – ndr). A lei nessuno ha mai chiesto di candidarsi alle elezioni politiche?
No. A dire il vero nessun familiare delle vittime di una strage di stampo terroristico è mai stato candidato né eletto in Parlamento. In effetti due o tre familiari potrebbero dare un contributo utile per raggiungere i nostri obiettivi: l’abolizione del segreto di stato e la divulgazione di tutte le carte utili a ricostruire la verità. Detto questo, se si vogliono fare dei passi avanti in questo senso, non dimentichiamo che la responsabilità principale è di chi opera all’interno delle istituzioni.
– Dal 2004 esiste la legge 206 sui risarcimenti. A che punto siamo?
L’attuale governo ha preso bellamente in giro i familiari delle vittime. Il ministro Alfano ha fatto grandi promesse: tutte non mantenute. Facciamo un esempio. C’è un problema che riguarda quattro vittime di tre stragi diverse (Bologna, via dei Georgofili e Rapido 904) all’epoca dei fatti erano minorenni: avendo un’invaliità pari o superiore al 80%, gli era stata assicurata una pensione. In realtà anche questa “pratica” è ancora in un cssetto e sta andando alle calende greche… Non è una questione di soldi, Sembra piuttosto una ripicca nei confronti dei familiari e questo ci fa molto male. Questo la dice lunga sulla effettiva volontà di questo governo di essere al fianco dei familiari.
– Aldo Moro durante la sua prigionia, rivolgendosi alla classe dirigente democristiana, scrisse “il mio sangue ricadrà su di voi”. Questa profezia, dopo 33 anni, si è avverata.
Dalla morte di Moro, ogni anno in occasione dell’anniversario veniva fuori un tassello in più che si affiancava alla verità ufficiale. Evidentemente ancora oggi c’è qualcosa che non tutti sanno. Da tempo chiediamo che i documenti in possesso dei vari servizi segreti vengano messi a disposizione dei magistrati che indagano su questi avvenimenti. Finché questo non succederà Bisogna anche dire che a suo tempo, come hanno dimostrato studiosi del calibro di Giuseppe De Lutiis, molte delle indagini sul caso Moro furono condotte in maniera dilettantesca. In confronto l’ispettore Clouseau era veramente un grande professionista…
Riccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)