Il referendum FIAT si è concluso come sappiamo: 54% SI’, 46% NO. Marchionne può dire di aver vinto, ma anche la FIOM può dirsi contenta di un risultato inaspettato. E qui c’è la prima lezione di Mirafiori: gli operai non vanno mai sottovalutati, anche quando sono – e questo era il caso, come lo è stato a Pomigliano – sotto il ricatto della perdita del posto di lavoro.
Se la FIOM aveva ragione a chiedere il referendum sul contratto nazionale del 2009 che non ha firmato, e sono stati CISL e UIL a negarglielo, ora ha torto se non riconosce il risultato del voto di Mirafiori.
Anzi, e qui c’è un’altra lezione, la democrazia deve essere la regola nella definizione della rappresentanza sindacale che sigla i contratti per conto di tutti i lavoratori, i quali devono avere il diritto, in determinate situazioni, di esprimersi con il referendum. Susanna Camusso e il Direttivo della CGIL di ieri hanno avanzato proposte sensate alle altre confederazioni e alle associazioni imprenditoriali per un accordo sulla rappresentanza sindacale, che attui l’art. 39 della Costituzione. Ma le reazioni degli altri sindacati sono state fredde, e questo non è un buon segnale.
E non è accettabile che chi non ha firmato l’accordo di Mirafiori non sia rappresentato. Visto l’ottimo risultato dei NO, la FIOM dovrebbe trovare il modo di rientrare, accogliendo l’invito fatto nei giorni scorsi da Susanna Camusso.
E c’è una lezione per Marchionne. Ora che ha ottenuto il risultato che voleva, deve spiegare bene in cosa consistono i 20 miliardi di investimento del progetto Fabbrica Italia, di cui solo uno è quello che si riferisce alla riorganizzazione che si avvierà ora a Mirafiori.
Come ha ricordato più volte Eugenio Scalfari nei suoi editoriali su Repubblica, il lavoro pesa solo per il 10-15% sul costo complessivo del prodotto-auto. Se si vuole mettere in condizione FIAT-Chrysler di competere sui mercati mondiali bisogna fare come fanno i marchi tedeschi, investire molto nell’innovazione, nella tecnologia e nella ricerca. La FIAT ha intenzione di farlo? Come? Dove? Sono domande più che legittime alle quali Marchionne deve dare risposte più convincenti di quelle date finora.
E c’è una lezione per la FIOM. Non si può onestamente pensare, senza cadere nella retorica nuovista che ha portato molti a catalogare ingiustamente la FIOM come un ferro vecchio, che i lavoratori e i loro diritti si possano tutelare con il sistema contrattuale del passato in un mondo dove tutto è cambiato. E’ evidente che è ormai indifendibile una funzione del contratto nazionale di lavoro come quello che finora ha svolto, e che la contrattazione si dovrà sempre più sviluppare a ridosso della fabbrica, tenendo conto della diversità delle esigenze per i gruppi multinazionali che operano nel mercato globale come la FIAT.
Infine c’è una lezione per tutti. Penso anch’io, come hanno detto in molti, che lo scambio bassi salari-bassa produttività del lavoro non regga più, e che i lavoratori italiani si meritano i salari degli operai tedeschi, francesi, inglesi e così via.
Ciò significa che l’intero sistema delle relazioni sindacali va rivisto, verso un modello di tipo tedesco nel quale vige il principio della responsabilità dell’impresa e della partecipazione dei lavoratori alla proprietà delle aziende.
C’è un altro articolo della Costituzione da attuare, il 46, che riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. Il tema della democrazia economica deve diventare di grande attualità.
È senatore del Partito Democratico. Fa parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato e della Commissione bicamerale per le questioni regionali. Dal 1993 al 1999 è stato sindaco di Bologna.