In autunno esce un libro che affronta un paragone inatteso: se per Garcia Marquez il colera era il peggiore di tutti i mali, il precariato diventa il colera che angoscia le famiglie 2000. Marito, moglie, due bambini nei gironi di un lavoro sempre provvisorio. Cronaca di una famiglia – la sua, ma di tante altre famiglie – che Nicoletta Bortolotti continua a raccontare dopo “Il filo di Cloe”, Sperling&Kupfer; “Neonati allo stato ibrido”, Baldini Castoldi Dalai. Non solo i problemi quotidiani di una giovane donna divisa tra l’essere madre e raccontare le difficoltà del mondo col quale deve fare i conti; soprattutto i problemi che le nuove regole del lavoro impongono alle coppie giovani con prole. Nicoletta Bortolotti si occupa di editoria, collabora all’Agenzia Grandi& Associati, ha ideato progetti per ragazzi nel sito Loveteca, ha scritto “Il diario di Patty”, Mondadori Ragazzi, dalla telenovela di Sky. Guarda i bambini con l’ansia di un genitore dalla vita complicata dal virus che si chiama precariato.
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Il Filo di Cloe racconta la vicenda della famiglia Mulinonero, alterego imperfetto e incasinato della famiglia Mulinobianco. Figli piccoli e genitori pendolari, alle prese con precariato e disoccupazione… Anche il romanzo di prossima uscita, pur con una trama più fitta e densa di mistero, parla di una famiglia nel contesto della crisi economica.
Quanto c’è di autobiografico in quello che scrive?
“A farmi venire voglia di scrivere c’è quasi sempre un personaggio, una situazione, o un’atmosfera, più che una trama. L’intreccio viene dopo, quando gli attori si delineano meglio. A volte mi sembra di costruire ogni personaggio come un omino di lego, in cui i mattoncini rappresentano elementi presi in prestito da persone che ho conosciuto, che mi sono state vicine o da me stessa. Per esempio Cloe e Lorenzo, i bambini presenti nel Filo di Cloe, ma anche Cristian e Valentina, i bambini protagonisti del nuovo romanzo richiamano certamente per alcuni aspetti i miei figli. Ma ho proiettato in loro anche parecchie cose che appartenevano alla mia infanzia… Il precariato e la disoccupazione, quelli sì, sono autobiografici, li abbiamo vissuti io e mio marito sulla nostra pelle ed è stata un’esperienza molto difficile, che ha rischiato a tratti di mettere in crisi anche la coppia: mio marito è stato messo in mobilità proprio quando stava nascendo la nostra seconda figlia e io mi destreggiavo fra contratti a progetto rinnovati a “tempo indeterminato”.
Nel Filo di Cloe, la voce narrante è quella della figlia minore, Cloe, che osserva il tragicomico affannarsi degli adulti per sopravvivere a un quotidiano “tirchio” con occhio ironico, ingenuo e poetico. Come è nata l’idea di parlare di una realtà attuale e “seria”, come la perdita del lavoro, dal punto di vista di una bambina?
“I bambini hanno la capacità di dire cose serie senza prendersi sul serio. E, spesso, osservano da muti testimoni le vicende di chi sta loro intorno, percependo molto più di quello che lasciano intendere: le sfumature emotive, gli stati d’animo, i pensieri. Tutto ciò s’imprime come un marchio nella loro carne e ne condizionerà in parte il destino… Anche nel nuovo romanzo vi sono parti in cui la voce narrante appartiene ai bambini. Il loro è uno sguardo che, stando in qualche modo ai margini della realtà, vede di più, intuisce l’essenza, comprende più profondamente e distingue ciò che è importante da ciò che non lo è. Inoltre, anche da un punto di vista linguistico, il registro infantile è ricchissimo: si può passare da un tono umoristico, poetico, onirico, fantastico o anche fumettistico “.
I bambini portano anche speranza…
“Rappresentano il futuro e per citare la stracitata frase di Kahil Gibran “abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.” Del resto, il nome della piccola protagonista Cloe, che si chiama come mia nonna, vuol dire in greco “erba verde” e richiama proprio l’immagine della gioventù e di un domani più luminoso dove i nostri figli saranno accolti. Nell’ultimo libro, toccherà proprio ai bambini, Cristian e Valentina, scoprire il significato del mistero che concluderà la storia degli adulti “.
Al centro dei suoi romanzi c’è quasi sempre una famiglia e oggi non sono molti gli autori che ne parlano o che la descrivono “così com’è”, senza idealizzazioni da happy family o previsioni catastrofiche che, sulla base delle statistiche di divorzio, ne preannunciano la morte… Mi ha colpito molto questo passaggio, che ho avuto modo di leggere sul romanzo non ancora uscito: “Chi sta dicendo che non vuole fare la stessa fine? La fine di questa famiglia? Che non giocherà mai e poi mai in difesa? E non abbasserà le aspettative perché coincidano con la realtà? E non scenderà al compromesso dell’imperfezione? Scacco matto. Matto non è.”
” Penso che la famiglia sia quello spazio dove si tende a giocare tutto, il dolore, il riscatto, l’odio, l’amore, le ferite del passato e il bisogno di risarcirsi, di riscrivere la propria storia credendo che la nostra sia migliore di quella dei nostri genitori… Ma la famiglia non va intesa come modello assoluto e, proprio in tempi di crisi, credo che possa resistere se si mantiene flessibile, se i suoi membri conservano ogni tanto la libertà di allontanarsi un po’ per poi tornare dentro… Comunque mi piace parlare della famiglia perché è un tema controcorrente. Adesso vanno più di moda i libri o i film sul precariato e sull’inquietudine giovanili. A parte “Giorni e nuvole” di Soldini… La famiglia non è trendy e soprattutto non lo è il padre quarantenne che perde il lavoro e non lo sono i suoi figli”.
Le sue storie hanno un’ambientazione molto particolare e intrinseca alla trama… Cito una frase dal Filo di Cloe: “La ferrovia attraversa i campi di mais. Immensi come il verde quando è giallo. Oppure come il giallo quando è verde. Oppure come le bugie quando dicono la verità…”
“Ci sono paesaggi che premono per essere raccontati, la cui anima s’intreccia talmente a quella degli esseri che li abitano da diventare un tutt’uno. Per quanto mi riguarda, riesco a descrivere solo posti che conosco bene, che sono entrati dentro di me fino quasi a plasmare la mia biografia. Il Filo di Cloe si svolge in un hinterland milanese, che guarda caso è il luogo in cui vivo dalla nascita del mio primo figlio, dove nelle villette a schiera ci sono padri a schiera, figli a schiera e madri a schiera. Sembra uno di quei posti apparentemente senza poesia, quartiere dormitorio attraversato da una ferrovia che “parte dall’arrivo e finisce alla partenza”. Il treno in particolare, una specie di non luogo che porta da A a B, diventa luogo d’ispirazione”.
Davvero scrive in treno ?
” A volte, tra lavoro e famiglia, il treno è l’unico “luogo” dove riesco a tirare il fiato.
l’ultimo romanzo – colera uguale a precariato – dove si ambienta?
” In due “sud del mondo”. Una parte della storia si svolge in Indonesia, per scrivere la quale ho utilizzato dei miei appunti di viaggio. Un’altra parte si svolge ad Alghero, dove vado in vacanza d’estate. È una città bilingue, catalana e italiana, particolarissima e poco conosciuta “.
Lo spirito di una bisnonna, Alma, va a trovare Cloe e anche nell’ultimo libro. Questa dimensione sovrannaturale sfumata di umorismo, un po’ ricorda il mondo magico degli scrittori dell’altra America, mondo latino…
” Mi ha sempre affascinato il realismo magico e la scrittura è uno spazio di magia in cui tutto può succedere. Puoi crearti la realtà che desideri. La mancanza di lavoro è meno pesante, se c’è una bisnonna a cui chiedere consiglio. Lei ha citato i sudamericani e, infatti, uno dei personaggi letterari che amo di più è Dona Flor, di Amado. Mi piace il suo ottimismo. Ma alla capacità di “riderci sopra” si arriva con l’età, l’esperienza e un pizzico di autostima in più… Da ragazza ero così timida e seriosa che mi vergognavo come una ladra anche solo a raccontare una barzelletta.
Come nasce l’idea per un romanzo e come la sviluppa?
” L’idea può venire da una frase, una suggestione, un film, un libro, una persona. Il problema è poi costruire il racconto attorno all”intuizione, che deve racchiudere un mistero e suscitare nel lettore la voglia di chiedersi perché, una storia credibile. Nel Filo di Cloe la prima scena che mi era venuta in mente era stata quella di un uomo seduto che aspetta la metropolitana. Uno zingaro gli si avvicina per chiedere l’elemosina e l’uomo gli firma un assegno con un sacco di zeri. Perché lo fa? Poi è venuta fuori la voce della bambina. Ho scritto il libro un po’ a strati. Nell’ultimo romanzo mi ha catturata un’immagine, una situazione: due bambini in una grotta in riva al mare trovano qualcosa… che potrebbe anche essere un cadavere e con esso fanno giochi da bambini, fino alla rivelazione finale. Seguo uno schema, singoli episodi e mi viene meno l’ansia della pagina bianca. Non so mai quale sarà la conclusione “.
Nei giochi d’estate torna la vecchia domanda: una madre che lavora quando trova il tempo scrivere e quale angolo preferisce ?
Dipende… Sul treno oppure alle cinque del mattino, dopo aver preso il caffè nel silenzio della cucina, prima che inizi il trambusto della giornata. È il momento migliore, la mente è fresca e aperta alle intuizioni. Ebbene sì, scrivo a mano, sul quaderno come una scolaretta e poi butto tutto dentro al computer .
Un tema accompagna sempre la sua scrittura: la maternità…
“La nascita dei miei figli è stato un evento sconvolgente, meraviglioso, terrificante, che mi ha messa a confronto con paure profonde e mi ha sbloccato energie potentissime. Dopo non sei più la stessa e tutto acquista una diversa prospettiva. Durante la maternità ho anche ripreso a scrivere, perché è stata per me un’occasione preziosa per fermarmi, ascoltarmi e riscoprirmi. Attraverso la dedizione a un altro essere, mi sono sentita anche più madre di me stessa “.
Il romanzo della piccola famiglia nei tempi del precariato…
“Sono due storie apparentemente lontane fra loro che poi confluiranno una nell’altra. Ambientate in due “sud del mondo”. In Indonesia, una donna extracomunitaria ha un passato difficile. Da bambina è stata abbandonata nella giungla e salvata da una sciamana… Ad Alghero, città sarda bilingue, catalana e italiana, crogiuolo mediterraneo, una famiglia dei nostri giorni è colpita dalla perdita del lavoro del padre Massimo, licenziato a causa del rifiuto di gonfiare un bilancio. Massimo avrà una breve relazione con la donna extracomunitaria, venuta in Italia e costretta a prostituirsi, subendo violenza. Qui entrerà in gioco la moglie Alessandra… Il contesto è quello della crisi economica e dell’assenza di lavoro. La storia si tingerà di mistero poiché i bambini, Cristian e Valentina, scoprono in una fenditura rocciosa in riva al mare qualcosa… che chiamano Uomo Nero. Sarà l’elemento chiave intorno a cui si coaguleranno le due storie e tutte le altre tessere del romanzo, fino alla conclusione. I temi sono quelli che mi stanno più a cuore: la famiglia contemporanea, la crisi, l’incontro con culture diverse in un mondo globale, lo scambio di ruoli nella coppia (Massimo per sopravvivere farà il badante…), la violenza sulle donne, il potere della televisione e di Internet, i bambini. Sullo sfondo un Mediterraneo che diviene mare interiore, su cui si affacciano Italia, Spagna, Marocco, Tunisia, passato e futuro… ”
Titolo….
“ Diciamo che può essere ‘ La famiglia Mulinonero – L’amore ai tempi del precariato’ “.