La ‘ndrangheta è un organizzazione criminale che è ha saputo crescere e propagare in tutto il mondo radicandosi profondamente nei cinque i continenti.
Sono stati ritrovati libri che riferiscono delle sue inviolabili regole eppure la struttura interna che la compone non è ancora chiara alla maggioranza delle persone. La ‘ndrangheta, in misura maggiore rispetto alle altre mafie, opera circondandosi di silenzio e questa prerogativa rappresenta una delle sue forze più grandi. E’ a fronte di questa considerazione che può risultare utile ridisegnare quello che sappiamo della corporativa ‘ndranghetista così da poter meglio decifrare la sua condotta.
La ‘ndrangheta è una congregazione che si trova all’interno della collettività pure non facendone pienamente parte, impernia i suoi valori e i relativi doveri su qualità molto differenti da quelle che si possono generalmente trovare in una società civile, nella ‘ndrangheta tutto si concentra in maniera esasperata solo sul proprio essere.
Il cardine centrale è rappresentato dal nucleo famigliare, la ‘ndrina, che è la sua cellula costitutiva e opera in maniera totalmente autonoma sul territorio di sua pertinenza, questo è il motivo per cui l’organizzazione non si manifesta nella sua interezza con un assetto unitario.
I vincoli di sangue che legano gli appartenenti alla ‘ndrangheta rappresentano il motivo per cui questo tipo di apparato ha conosciuto nella sua storia un limitatissimo numero di pentiti, è difficile trovare qualcuno disposto a denunciare gravi reati commessi dai propri parenti. Anche per i soli affiliati il deterrente a pentirsi passa attraverso la famiglia di origine; se l’uomo dovesse violare l’obbligo all’omertà la sua punizione verrà pagata innanzitutto dai familiari più intimi.
La gerarchia interna alla ‘ndrangheta è disciplinata da un rigoroso codice che scandisce ogni momento della vita degli aderenti. Nei riti utilizzati si riscontra una straordinaria attitudine a confondere il sacro col profano sfiorando non poche volte l’esoterismo. Sono previsti numerosi riti caratterizzati da analogie con quelli della chiesa Cattolica e sovente ricorrono immagini di croci, santi e preghiere.
Il primo statuto rinvenuto dalle forze dell’ordine che descriveva quella che all’epoca veniva chiamata picciotteria venne trovato nel 1897 a Seminara (Reggio Calabria) dal maresciallo dei carabinieri Michele Mocchetti.
Si è appreso che si diventa ‘ndranghetista in maniera duplice. Per casato in virtù della discendenza da una importante famiglia mafiosa, in questo caso il percorso di iniziazione comincia automaticamente poco dopo la nascita, si verrà chiamati giovani d’onore e si sarà considerati mezzo dentro e mezzo fuori fino a quando non verrà raggiunto il quattordicesimo anno di età , momento in cui sarà possibile entrare ufficialmente a far parte dell’organizzazione mediante il rito del battesimo. Altre volte diventare ‘ndranghetista è una scelta che si compie consapevolmente, le ragioni che solitamente portano a compiere questo passo sono rappresentate dall’incapacità di far fronte in modo alternativo alle esigenze quotidiane. In questo caso ci si affilia ad una famiglia. Questa scelta può avvenire anche da molto giovani, se il candidato dovesse avere meno di 14 anni assume l’appellativo di contrasto onorato in attesa di poter, anche lui, ricevere il battesimo.
Il battesimo è il rito iniziatico che legherà il giovane alla famiglia fino alla morte. Il cerimoniale prevede che il ragazzo venga presentato da sette persone la cui onorabilità sia riconosciuta, una di queste deve garantire con la sua stessa vita l’effettiva affidabilità dell’adepto; il giovane presta giuramento nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e acquista così la prima dote diventando picciotto d’onore, o picciotto liscio; un soldato semplice arruolato nelle fila della ‘ndrangheta. Al termine del rito del battesimo il picciotto si sottopone ad una prova che serve a dimostrare il suo coraggio,si ferisce con un pugnale sul palmo della mano sinistra provocando una cicatrice che permetterà di riconoscere l’uomo per sempre come appartenente alla ‘ndrangheta. Le funzioni del picciotto si limitano alla mera esecuzione degli ordini impartiti del capo della ‘ndrina, chiamato capo bastone, a cui deve cieca obbedienza.
Acquisendo esperienza si ottiene la dote successiva di camorrista, camorrista in corona se è stati giovani d’onore. Il rito che sancisce il passaggio è chiamato contraddittorio durante il quale due consociati devono elencare l’uno le doti e l’altro le qualità negative del picciotto. Terminato il contraddittorio ha luogo il giuramento di sangue, chiamato pungitina, si punge l’indice della mano destra del picciotto e si fanno cadere alcune gocce di sangue sull’immagine di Santa Annunziata, il santino viene poi viene bruciato per suggellare il gesto. Per il camorrista sono inoltre previsti diversi gradi, le così dette sopra doti: camorrista semplice o di società, camorrista di fibbia, camorrista formato, libero e vincolato. I camorristi si ripartiscono anche in base al ruolo che viene loro affidato. Si è camorristi di sgarro se si ha il compito di riscuotere le tangenti , camorristi di sangue quando si ha la funzione di organizzare spedizioni punitive o gruppi di fuoco, camorristi di seta nel caso si abbia il compito di condurre le trattative e stipulare contratti.
Passando ulteriormente di dote si diventa sgarrista. Il rito avviene in seno alla riunione della società di sgarro. Il capo società taglia la testa della figura rappresentante San Michele Arcangelo e gli da fuoco, con un coltello incide una croce sul polpastrello del pollice del nuovo sgarrista così da simboleggiarne la nuova carica acquisita. Solitamente agli sgarristi viene affidata l’incombenza di coordinare la riscossione delle tangenti per la ‘ndrina. Se lo sgarrista commette almeno un omicidio viene promosso a sgarrista di sangue.
La sopra dote a cui si può ambire è quella di sgarrista definitivo e viene conquistata tramite dimostrate capacità criminali, questo ruolo rappresenta il più alto grado della società minore e permette di poter prendere il comando di una locale cioè di un complesso di ‘ndrine confinanti tra loro.
In Calabria si stima ci siano almeno 136 locali, storicamente la più importante è quella di San Luca soprannominata la mammasantissima. Ogni locale è formata da almeno 49 ‘ndranghetisti e al suo interno si distinguono diverse cariche. Oltre al capo è previsto un contabile, un ministro dell’economia che gestisce le finanze; il capo-crimine, il ministro della guerra; il mastro di giornata che controlla il territorio e mette in comunicazione gli associati e infine il corpo di società rappresentato da tutti gli altri ‘ndranghetisti.
Con il tempo si sentita l’esigenza di entrare in contatto con altre società esterne alla ‘ndrangheta, come ad esempio la massoneria, che avrebbero potuto facilitare il compito di estendere il predominio finanziario ed economico della famiglia. Le rigide regole imposte sono però molto intransigenti a riguardo e viene fatto assoluto divieto ai membri dell’onorata società di collaborare con altre istituzioni. Per ovviare al problema negli anni sessanta è stato costituito un altro organismo, strettamente relazionato ma non sovrapponibile al precedente: la santa. Alla santa possono accedere gli sgarristi che si sono distinti per delinquenza e che hanno ricevuto il benestare della mammasantissima. Durante il rito viene incisa una croce sulla spalla del nuovo santista. La santa, o società maggiore, deve essere composta da almeno 7 santisti.
Per una migliore organizzazione interna dal 1991 la santa di Reggio Calabria ha introdotto tre commissioni interprovinciali: la Piana che regola gli affari che avvengono nella piana di Gioia Tauro, la Montagna per il territorio della Locride e la città per Reggio Calabria.
I santisti reggini sono soliti riunirsi una volta all’anno, probabilmente ad Africo, un comune in provincia di Reggio Calabria. In questa occasione sono invitati tutti i santisti ma solo i capi zona del reggino possono decidere chi investire del titolo di capo dei capi. ‘U Zianu. Questa figura è il massimo garante del rispetto delle tradizioni più antiche della ‘ndrangheta, solitamente non interferisce negli affari interni alle ‘ndrine limitandosi a sovraintendere all’osservanza delle regole imposte dall’onorata società.
Con l’aumentare del numero dei santisti si è reso necessario introdurre un ulteriore grado gerarchico, quello dei vangelisti, chiamati in questo modo poiché il loro compito consiste nel tramandare e far rispettare l’insieme di regole, riti e doveri che chi appartenere alla ‘ndrangheta è vincolato a rispettare, queste norme sono riportate in un libro chiamato, appunto, vangelo. Il rango di vangelista si ottiene compiendo azioni criminali di rilievo.
Si conosce l’esistenza anche di altre sovra doti , il trequartino, il quartino, il quintino per terminare con l’associazione, ma della struttura di questi incarichi si sa ancora ben poco. Solo alcuni particolari sono trapelati: il trequartino si differenzia dal vangelista per avere una croce incisa su entrambe le spalle; un quintino è riconoscibile per la presenza di un tatuaggio di una stella a cinque punte; la dote di merito dell’associazione è dedicata ai vertici massimi dell’organizzazione e viene esercitata solo in maniera collegiale. L’associazione è una sorta di consiglio di amministrazione formato dai capi delle famiglie che per numero di affiliati, forza di fuoco, alleanze e protezioni sono in grado di condizionare tutta la vita della ‘ndrangheta.
Anche per le donne è previsto un preciso ruolo all’interno della struttura ‘ndranghetista, vengono chiamate sorella d’omertà e la loro incombenza, solitamente, è quella di sovraintendere a estorsioni e riscossioni di tangenti nonché a mantenere i rapporti con i latitanti o i reclusi. In alcune sentenze di fine 1800 già si trova la descrizione di crimini commessi con la partecipazione attiva di donne.
Vi è inoltre un ultima, ben precisa, categoria , quella degli infami. Questi sono coloro che hanno tradito l’organizzazione infrangendo il vincolo più importante: quello di omertà, la punizione prevista per loro è solo la morte. L’omertà infatti rappresenta la linfa vitale di tutta la struttura ‘ndranghetista che, se venisse a mancare, farebbe cadere la base su cui tutta l’organizzazione criminale poggia.
Nella cultura ‘ndranghetista non esiste possibilità di espiazione della colpa, esiste solo il concetto di “vendetta” ed è quasi sempre la ‘ndrina tradita che si occupa in prima persona di punire il rinnegato.
Il modo con cui si uccide un infame lascia intendere per quale colpa è stato punito; la morte mediante sevizie indica una condanna per tradimento; l’asfissia con sassi e terra è la punizione per i delatori; una fucilata alla schiena per i doppiogiochisti; l’impiccagione è riservata ai vigliacchi.
Per chi si è permesso di disubbidire agli ordini del capo supremo è riservato il rituale più coreografico, dopo la morte il cadavere del reo viene dissotterrato, evirato e i suoi
genitali vengono messi nella sua bocca.
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.