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I tempi della profezia sono maturi

Lettera agli amici

09-06-2009

di

Nella Bibbia quando Dio vuole mandare un castigo al suo popolo, gli toglie “la Parola” e la siccità diventa sinonimo di mancanza di profeti e profezia. Quando invece vuole benedire il suo popolo, manda i profeti e la Parola scorre come la pioggia e ne impregna tutta la terra. Il profeta Gioele (sec. IV a.C.) annuncia che l’era messianica vedrà una abbondanza straordinaria di profezia: “Sopra ogni carne effonderò il mio Spirito. I vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri vecchi avranno dei sogni, i vostri giovani vedranno visioni”(Gl 3,1). Questo testo non distingue tra Israeliti e non Israeliti (credenti e atei), ma afferma che lo spirito di profezia sarà effuso su tutti: “su ogni carne”.

Pensavo a queste parole profetiche, quando lessi l’e-mail di Maurizio Chierici il quale mi comunicava che oltre tre mila persone in quattro giorni avevano letto la mia “Lettera aperta al cardinale Angelo Bagnasco: “Senza la profezia rimane la complicità””. Sono rimasto colpito dalla valanga di adesioni e ho sentito immediatamente la mia responsabilità aumentare. Oltre al sito del settimanale “Domani”, (http://domani.arcoiris.tv/?p=602), la lettera è stata ripresa dal sito di Paolo Moiola (http://www.paolomoiola.it/) e del Tafanus (http://iltafano.typepad.com/il_tafano/) e so che moltissimi l’hanno mandata ai loro contatti e conoscenti. Veramente la rete è uno strumento di democrazia e di libertà.

Con la mia lettera aperta non ho compiuto un atto di coraggio, né ho voluto cercare consensi a buon mercato, ma ho adempiuto un voto di coscienza, cioè un obbligo interiore che mi deriva dal mio essere cittadino di uno stato democratico e laico e di essere al tempo stesso un credente che svolge la funzione di prete nella Chiesa Cattolica. Parlare di coraggio e di paura è fuorviante, oggi è sufficiente essere solo se stessi per emergere in un oceano di servilismo e di omertà. Io non rappresento la Chiesa e non intendo essere un capo popolo, ma nello stesso tempo non posso rinunciare ad essere me stesso e solo me stesso: perché valgo soltanto per il grado di autenticità nella verità che sono capace di dare con la mia vita, la mia dirittura e il mio disinteresse. Non temo le conseguenze di alcun genere perché non ho mai avuto mire di carriera, e oggi sono parroco di una parrocchia senza territorio e senza parrocchiani, mentre don Milani stava meglio: era parroco di 40 persone.

Credo in Dio e il mio Dio ha il volto di Gesù Cristo che ha sempre preso le distanze da ogni forma di potere, che ha messo in guardia dall’esercizio del potere, basato sullo sfruttamento e ha imposto ai suoi discepoli un comportamento e scelte diametralmente opposti. Gesù non ha cercato il compromesso con l’esistente, non è venuto a patti con il potere, né civile né religioso, ma ha indicato le responsabilità e le connivenze, additandole al disprezzo della coscienza illuminata dalla Parola di Dio a favore del principio invalicabile che è la persona umana. A questo scopo non ha esitato a schierarsi contro “il sabato”, come dire che ha negato la ragione stessa dell’esistenza della religione. Davanti ai nostri occhi, gli atei travestiti da laici e gli psudo-credenti, travestiti anche da vescovi e cardinali, stanno facendo scempio delle regole della convivenza sociale e umana, basata sui bisogni dei più piccoli e incapaci di badare a se stessi. Costoro contrabbandano i principi e i cosiddetti “valori” con gli affari e le convenienze, con gli intrallazzi e i tornaconti.

E’ tempo della Parola e delle parole di senso: in un mondo seppellito da “morte parole”, facciamo sentire il suono e la musica della Parola che libera la coscienza e impegna la volontà per fare argine davanti al degrado politico, sociale, istituzione e religioso in cui stiamo affondando perché abbiamo permesso che un pazzo “malato” di egotismo andasse al governo per guidare l’intera Nazione verso l’abisso della decadenza. Non si può più restare muti senza diventare complici. E’ l’ora che i credenti non chierici e i laici custodi dell’autonomia dello Stato, sorgano dalle loro comode poltrone, e rompano il silenzio di rassegnazione di fronte all’emergenza educativa che sta attanagliando il nostro Paese, divenuto zimbello del mondo intero a causa di un presidente del consiglio che si comporta e agisce come un malato mentale assetato di narcisismo auto celebrativo. I cattolici e in modo particolare i vescovi non possono tacere di fronte a questa deriva che ha toccato livelli da sub-basso impero, senza sentire la colpa di essere responsabili “in solido” di quanto sta accadendo.

I vescovi possono parlare di emergenza educativa, ma solo se ammettono la loro responsabilità di avere sostenuto un uomo indegno di governare il nostro popolo e a condizione che si assumano la responsabilità piena delle conseguenze del loro sostegno. Il governo sta compiendo scelte scellerate nel più totale disinteresse rassegnato: il decreto sicurezza che ripropone le schedature dei bambini, dei senza fissa dimora, ecc., riportandoci indietro alle schedatura di stampo nazifascista che credevamo finita per sempre con l’avvento della democrazia e la costituzione dell’Europa. Non possiamo tacere di fronte ai poveri che affrontano l’esodo della salvezza verso la Terra Promessa del benessere, senza dimenticare che l’occidente, mèta dei diseredati, è colpevole dello sfruttamento dei paesi da cui essi scappano. Abbiamo depredato l’Africa da oltre due secoli per il nostro benessere (materie prime) e per il sollazzo di pochi imbecilli (safari), stiamo ammazzando l’Africa con le scorie radioattive, vendiamo armi alle bande in permanente guerra, succhiando l’anima all’intero continente e abbiamo anche il coraggio di respingere il barconi della disperazione. L’aggravante sta nel fatto che tutto avviene anche per opera di un governo che si dichiara ispirato ai principi cattolici, appoggiato dal mondo cattolico e sostenuto dai vescovi, i quali di fronte all’immoralità dilagante si girano dall’altra parte come il prete e il sacrestano della parabola del Samaritano (Lc 10,30-33).

Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in occasione dell’80 anniversario del Patti Lateranensi (11 febbraio 2009) ebbe a dire che mai le relazione con un governo in Italia erano state così eccellenti come con l’attuale governo. Dopo i fatti degli ultimi mesi, dopo le accuse della moglie, dopo gli eventi di Casoria, su cui il capo del governo ha giurato sulla testa dei figli, dando nei giorni successivi quattro versioni differenti dello stesso fatto, commettendo così uno spergiuro imperdonabile per la morale cattolica, di fronte alle bugie sistematiche ammannite come verità, il cardinale segretario di Stato e il presidente della Cei, a mio avviso, se avessero avuto un minimo pudore evangelico, avrebbero dovuto parlare apertamente e dire: noi come Chiesa rescindiamo unilateralmente il concordato per indegnità morale di un governo che opera palesemente l’ingiustizia, per un presidente del consiglio dichiarato da un tribunale “colpevole di corruzione di testimoni” e responsabile attivo del degrado morale dell’intera nazione con i suoi comportamenti privati, con il suo esempio tracotante, con le sue bugie manovrate come verità, per il suo disprezzo delle istituzioni statuali, per lo spergiuro con cui ha condannato se stesso e i suoi figli: un uomo che spergiura sulla testa dei suoi figli non è degno né della paternità né tanto meno del governo della nazione perché sta scritto: “Non giurate: né per il cielo né per la terra né con qualunque altra forma di giuramento, ma il vostro sì sia sì, il vostro no sia no, in modo da non cadere nel giudizio ” (Giacomo 5,12). I vescovi avrebbero dovuto chiedere ad una sola voce le dimissione del governo e avrebbero dovuto dire ai cattolici che non è loro lecito sostenere un megalomane del genere che tutto deforma e inquina a proprio vantaggio, incurante del bene comune dell’intera nazione.

La gerarchia, se vuole proporsi come guida morale, deve distinguersi dai sistemi immorali di governo e ancora di più dalla politica amorale e senza alcun riferimento etico che invece di educare il popolo prospettando la complessità degli eventi e proponendo le soluzioni ragionevoli.

Vediamo minori che compiono “delitti” contro la persona “per noia”, che ricattano i coetanei per avere cellulari e denaro, minori che si spostano da una città all’altra per delinquere senza alcun problema … madri che offrono le figlie per lo “jus primae noctis”, pur di vederle apparire nude in tv e avere una particina in qualche reality per individui complessati e senza speranza. Non è questa una emergenza educativa?

E’ tempo della profezia. Torni la profezia, ma non la voce esile di un singolo che conta poco, ma torni la voce di un popolo, la voce del popolo del concilio Vaticano II, abortito appena nato, torni il laicato che è la spina dorsale della Chiesa e nessuno abdichi dal proprio servizio, dal proprio compito, dal proprio identità. In questo momento in tutta Italia stano sorgendo gruppi che celebrano il concilio come contrasto alla deriva fondamentalista di una gerarchia e di un papato che invece di guardare avanti, si voltano indietro, rimpiangendo le cipolle d’Egitto. Credo che bisogna assumersi la responsabilità in prima persona. Credo che sia urgente che i credenti e i non credenti prendano penna carta e calamaio e scrivano al Cardinale Bagnasco e al proprio vescovo, facendo sentire la propria voce. Se qualcuno non riesce ad esprimere i suoi sentimenti, copi la mia lettera, vi scriva due parole di accettazione o di rifiuto, di condivisione o di contestazione e la spedisca a titolo personale. Se duemila contatti scrivessero duemila lettere sono duemila segni e duemila parole, autentici sassi che rompono il virus “tacere”, autentico strumento di connivenza e di malaffare.

Verrà un giorno in cui la Storia ci chiederà conto se c’eravamo e se abbiamo avuto sentore dei “segni dei tempi” e se siamo stati capaci di viverli e di difenderli con la nostra vita e con le nostre parole del cuore. In caso contrario ci additerà ai posteri come complici indegni del nostro tempo.

Genova, 7 giugno 2009

Paolo Farinella, prete

SENZA LA PROFEZIA, RIMANE LA COMPLICITA’

Paolo Farinella, biblista, scrittore e saggista, è parroco nel centro storico di Genova in una parrocchia senza parrocchiani e senza territorio. Dal 1998 al 2003 ha vissuto a Gerusalemme "per risciacquare i panni nel Giordano" e visitare in lungo e in largo la Palestina. Qui ha vissuto per intero la seconda intifada. Ha conseguito due licenze: in Teologia Biblica e in Scienze Bibliche e Archeologia. Biblista di professione con studi specifici nelle lingue bilbiche (ebraico, aramaico, greco), collabora da anni con la rivista "Missioni Consolata" di Torino (65.000 copie mensili) su cui tiene un'apprezzata rubrica mensile di Scrittura. Con Gabrielli editori ha già pubblicato: "Crocifisso tra potere e grazia" (2006), "Ritorno all'antica messa" (2007), "Bibbia. Parole, segreti, misteri" (2008).
 

Commenti

  1. Caro don Paolo sono davvero positivamente colpito dai tuoi interventi e dal desiderio di autenticità e di verità che mi arriva dalle tue lettere. La lotta per essere se stessi senza se e senza ma in un’epoca di mistificazione e di uso ipocrita della parola mi accomuna a quanto scrivi, soprattutto sento quanto ti è caro il valore dell’essere persona fino in fondo e tutto ciò mi risuona come reale necessità e auspicabile possibilità di cambimento per un mondo realmente più umano. Le tue lettere toccano una questione importante – non credo che si tratti soltanto di una questione personale relativa al nostro Presidente del Consiglio – quanto invece ci mettono in guardia rispetto al rapporto che abbiamo col potere. Qualunque potere che rischia di legarci le mani se non riusciamo davvero a renderci conto del fatto che ci sono cose non negoziabili, e questo è proprio il nostro essere umani. E allora sento anche quanto mentre nomini le istituzioni corrotte e colluse ci tiri di fatto in ballo, anche se non lo affermi esplicitamente, e te ne ringrazio perché a ben pensarci il potere che deleghiamo è proprio un atto su cui siamo noi in primis responsabili. Come penso per un bel po’ di atti che costituiscono, in fin dei conti, la nostra vita. Il disagio espresso è un ottimo e sano modo per ricominciare a vedere e a dire quello che va messo a posto e che non quadra:in questo stai dando voce ai sentimenti di molte persone, me compreso. Mi auguro che a ciò segua da parte di ognuno di noi un ulteriore passo, ossia una maggiore presa di responsabilità che si incarni in un modo di essere più genuino e autentico. Non credo che esista carità autentica senza senso di responsabilità.
    Dott. Marco Santachiara

  2. don Sergio Andreoli

    Manca qualcosa in questo passaggio della Lettera agli amici di don Farinella?

    La gerarchia, se vuole proporsi come guida morale, deve distinguersi dai sistemi immorali di governo e ancora di più dalla politica amorale e senza alcun riferimento etico che invece di educare il popolo prospettando la complessità degli eventi e proponendo le soluzioni ragionevoli.

  3. mirella

    Spero che la lettera di Don Farinella al cardinale Bagnasco venga letta da moltissime persone. La Chiesa è sempre stata con il potere soprattutto quando questo potere è forte. Io sono battezzata, ho frequentato la chiesa e ho lavorato per la chiesa in associazioni come l’azione Cattolica. Adessol’8 per mille lo dò alla chiesa valdese. Quando vedo apparire il papa alla TV cambio canale e quando sono stata a Roma, per la prima volta alcuni anni fa, non ho messo piede in Vaticano. mirella

  4. paola casa

    Ieri sono venuta a conoscenza della lettera sua don paolo, lo fatta leggere a mio marito, ed il conforto di leggere pensieri che condivido pienamente, scritti da un sacerdote mi fanno sentire ancora parte di una chiesa che, io credo fondata su Cristo e sul Vangelo e che in tutti i modi cerco di mettere in atto giorno per giorno nella mia famiglia, nel luogo di lavoro, e nella comunità parrocchiale dove sono catechista. grazie don Paolo. Paola

  5. Mario Giacompolli

    Cari redattori
    complimenti per il vostro coraggio.
    Vorrei avere l’indirizzo E-mail di don Paolo Farinella, che non sono riuscito a trovare in rete.
    Abito nei pressi di Milano e ritengo che non si possa più andare in ordine sparso: occorre un coordinamento che attraversi la chiesa, per tentare di contrastare chi s’è messo con mammona e non permette che ci si opponga a questa tragica prassi: togliere voce a chi non è uno uno di loro.

  6. margherita smeraldi

    caro don Paolo che cosa pensa di don Verzé ?

  7. Risi

    E se pensi che (secondo john Dear, giornalista jesuita) Giovanni paolo II aveva firmato l’ordine di rimuoverlo come vescovo di Salvador lo stesso mattino del suo martirio!!

  8. niatsjdich [url=http://tinyurl.com/6xsabrl]coupons for famous footwear[/url] skoploZyyo

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