La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Mondi » Oriente »

Per nascondere l'imbarazzo di un pacifista chiuso in prigione dal comunismo capitalista, Pechino improvvisa la medaglia alla pace nel nome del filosofo che ispira 2500 anni di politica orientale. Può il paese che si candida a guidare il mondo giocare sulla pelle della gente in modo tanto volgare?

E la Cina inventa il premio Confucio contro il Nobel per la pace

09-12-2010

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Chissà perché la pace evocata ogni giorno da ogni leader del mondo inasprisce paradossalmente le repressioni mentre i paesi guida si riarmano come mai era successo sempre per la difesa del mondo libero o nel nome del popolo sovrano. L’ipocrisia continua col moltiplicarsi dei premi distribuiti a chi lavora per la pace. Il problema è: la pace di chi? Mistero esasperato dall’annuncio sincronizzato alla cerimonia di Stoccolma. Mentre il premio Nobel della Pace, Liu Xiaobo, ha lasciato la poltrona vuota costretto al carcere a Pechino per essere leader del gruppo Carta 08 il quale chiede la fine del partito unico e una democrazia in sintonia con gli affari del nuovo capitalismo cinese, Pechino annuncia la nascita del Premio Confucio della Pace. Candidato unico Lien Chan, ex vice presidente di Taiwan, l’isola cinese che gli Stati Uniti hanno protetto fino a qualche anno fa quando Wall Street si è adeguata ai tempi nuovi: la Cina rossa è la potenza con la quale fare i conti, mentre Taiwan sta diventando un reperto della vecchia guerra fredda. Insomma, il gigantismo di Pechino preoccupa Washington, la fedeltà di Taiwan è già nel cassetto: non val la pena insistere. Care due Cine, mettetevi d’accordo.

Lein Chan è stato scelto (da chi e come non si sa) per aver favorito il riavvicinamento tra la sua Cina liberale e la Cina comunista. Va e viene tra le due capitali con l’autorità di chi è stato vice presidente del suo paese e leader del Kuomistan, partito nazionalista che difende l’indipendenza da Pechino. Primo viaggio nel 2005: quasi un miracolo. Era dal 1949, quando Mao ha concluso con la vittoria la sua lunga marcia, che le due Cine non avevano rapporti diretti. Allora parlavano con i cannoni, poi, il silenzio. Anche se si insultavano con gli altoparlanti nello stretto che divide appena, appena le rispettive potenze. Cominciava il braccio di ferro tra i due grandi avversari della guerra civile: Chiang Kai Shek e Mao, medaglioni del passato. Nel 2005 la svolta: arriva Lein Chan viene accolto da abbracci fraterni. Va e viene, incontra, soprattutto, Hu Jintao, leader maximo del continente Cina rossa. Se nell’ipocrisia dei rapporti occidentali la signora Clinton fa sapere di nutrire grande fiducia nell’ Italia di Berlusconi smentita dai suoi giudizi segreti e ormai rivelati, i rapporti diplomatici del lontano oriente riflettono la concretezza delle decisioni dei governi. Mai troppo affettuosi, mai troppo bugiardi. Lenti fino all’ossessione nell’annunciare le decisioni.

La novità del premio Confucio è proprio questa: la rapidità con la quale si è cercato di “rispondere pacificamente alla provocazione” del Nobel per la Pace, povero “dissidente” (11 anni di galera, la moglie prigioniera in casa); rispondere con un nervosismo dai risvolti da luna park.

Chi ha avuto l’idea di organizzato il contropremio? La commedia continua: non si sa come andrà a finire. Ufficialmente si tratta dell’iniziativa di un’organizzazione indipendente dalle autorità politiche come può succedere a Londra o in Svezia, meno facilmente nella Pechino super monitorata. Per caso, qualche giorno fa, il Diario del Popolo, organo ufficiale del partito unico cinese, suggeriva di inventare qualcosa per “contenere le falsità” del premio di Stoccolma. Rapida la risposta e incombente la premiazione: Lein Chan “tessitore di pace fra popoli fratelli”. Annuncio talmente improvviso che da Taiwan il portavoce del governo ammette di non essere informato se il premiato sarà presente alla premiazione: un solo giorno di preavviso è la novità che sconvolge la cultura cinese. Pechino assicura di si; Taiwan fa sapere “speriamo”.

Oltre alla poltrona del Nobel in prigione, sono rimaste vuote altre 19 poltrone: i governi di 19 paesi hanno accolto l’invito cinese a disertare la cerimonia. Paesini africani, l’Iran degli isterismi, purtroppo anche Cuba e Venezuela. Ed è la notizia che immalinconisce. Ma se davvero il Confucio-Lampo diventa realtà, è sicuro che gli ambasciatori di Cuba e Venezuela siederanno nella prime file del salone di Pechino, apertura dell’America Latina alla dottrina del filosofo (vissuto 2 500 anni fa) i cui insegnamenti hanno influenzato nei millenni la cultura e le piramidi politiche di Cina, Corea, Giappone, Vietnam. I comandamenti di Confucio continuano a plasmare le strutture dei governi. Prevedono un ordine gerarchico rigido da riprodurre in ogni piega del paese: obbedienze obbligatorie al capo di stato, capi provincia, capi villaggio, capi quartiere, capi caseggiato, rete sulla quale Mao ha costruito la Cina di oggi. Ma Confucio pretende la correttezza nell’etica politica, onestà, sincerità, giustizia uguale per ogni essere umano, soprattutto attenzione al benessere delle popolazioni. Se il Nobel della Pace di Stoccolma si consegna alla memoria di chi ha scoperto la dinamite per insanguinare le guerre, il Nobel di Confucio in quale modo può ispirare le 19 sedie vuote di Stoccolma? Programmare il futuro nascondendo il passato prossimo (non il passato remoto del filosofo) è la scommessa della Cina che fa soldi ma confonde nel tornaconto pronto cassa il destino dei suoi e nostri uomini, delle donne soprattutto.

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