Andrà in onda alla fine del Tg1, dopo il telegiornale di Augusto Minzolini. E intanto, mentre l'informazione di regime si espande, c'è chi rimane ad affrontare la frontiera contro mafia e degrado. Ecco chi meriterebbe davvero il titolo di "cavaliere", un tempo onorifico. Ma se lo faccio notare, cala il silenzio
L’insulto più oltraggioso per Enzo Biagi: Ferrara nello spazio tv che è stato suo
10-03-2011
di
don Paolo Farinella
Giuliano Ferrara prende il posto di Enzo Biagi. È ufficiale e con contratto lampo: subito dopo il tg di Minzolini chi ha avuto stomaco di vederselo fino alla fine può fare anche indigestione completa con Ferarra che così, a servizio completo del suo padrone, cerca di risalire la china dell’oscuramento mediatico e della politica. Ha voglia di menare le mani e per sconfiggere l’oscuramento in cui è precipitato con le sue avventuricchie politico-religiose (molto paseude), ricorre all’oscurantismo.
Non so più come si accende Rai 1 e tanto meno tg1 da quando il Minzolingua (copyright di Travaglio) ha iniziato il suo servizio al suo padrone e signore, Silvio Berlusconi. L’insulto più grande che si poteva fare a Biagi è dare quello che fu il suo spazio a Ferrara che tutto è tranne che un giornalista. Tutto tranne che Biagi. Si sa, oggi è il tempo dei quaquaraquà e dei vuoti gonfiati di elio per stare in aria. L’insulto è anche agli utenti di Rai1 ai quali chi comanda manda a dire come disse il marchese Del Grillo: «Io so’ io e tu non sei un c…o».
Invito tutti gli uomini e le donne di buona educazione a non accedere al tg di Minzolingua e a seguire al tempo fascista dell’ex comunista Ferrara. Nemmeno per curiosità, nemmeno per sbaglio. Spegniamo questi luridi servi e lasciamoli nel loro oscurantismo senza nemmeno la parvenza di un segnale. Loro contano sulla curiosità per la audience e poter dire numeri a caso. Non diamogli la soddisfazione di illudersi che li ascoltiamo. Facciamo nostre le parole del Poeta: «non ragioniam di lor, ma guarda e passa» (Danne, Inferno III, 51).
Un prete di frontiera
Sono stato a Palermo tre giorni dal 28 febbraio al 3 marzo 2011) per una serie di incontri con gruppi sia laici che di ispirazione religiosa. Ho incontrato bella gente e scoperto realtà impensabili come la «Comunità di San Saverio», animata da un prete di frontiera, come don Cosimo Scordato e tanti altri laiche, laici e preti che con lui e come lui sono il «sacramento» di una «Chiesa altra» che realizzano a Palermo una presenza non omologata al potere né civile né religioso, ma viva e palpitante come sangue nelle vene. In un contesto politico drammatico dove anche il Pd collabora con un governo di mafiosi e in una Chiesa che «gestisce il sacro e le superstizioni», una Comunità come quella di San Saverio è un miracolo, ma anche il segno che per Palermo e la Sicilia c’è ancora speranza e la possibilità di fare una rivoluzione dalle fondamenta.
Anche a Palermo è indigesto
In segno di condivisione e come testimonianza pubblico qui un documento tratto dal sito di San Saverio che è di cogente attualità e che è ancora la spina nel finca della Chiesa, cioè la corruzione della gerarchia cattolica che fornica tentennate, ma decisa ma con un corrotto e omicida dello Stato di Diritto e della Democrazia. Due soli appunti vorrei fare all’autrice che ringrazio per la sua chiarezza e densità di contenuti:
- a) Non oso mai chiamare «cavaliere» uno che è delinquente nell’anima e nel corpo. Ho scritto al presidente Napolitano che aveva tolto la medaglia e il titolo di «cavaliere» a Callisto Tanzi «per indegnità», chiedendo lo stesso trattamento per «il mafioso di Arcore» che non merita questo titolo che dovrebbe onorare chi lavora con le proprie mani e non fa affari rubando e frodando e riciclando e corrompendo.
- b) Non chiamerei mai «premier» uno che è solo «presidente del consiglio» nonostante lui si crede «il Messia o il Padre eterno». Riconoscergli la qualifica di «premier» significa riconoscergli una autorità che non ha, ma che ha usurpato sottomettendo sia il governo sia il parlamento alle sue ossessioni e alla sua sete smodata e malata di potere. È anche vero che chi si vende, sa di vendersi e non può invocare attenuanti. Per il resto l’articolo è perfetto.
Paolo Farinella, biblista, scrittore e saggista, è parroco nel centro storico di Genova in una parrocchia senza parrocchiani e senza territorio. Dal 1998 al 2003 ha vissuto a Gerusalemme "per risciacquare i panni nel Giordano" e visitare in lungo e in largo la Palestina. Qui ha vissuto per intero la seconda intifada. Ha conseguito due licenze: in Teologia Biblica e in Scienze Bibliche e Archeologia. Biblista di professione con studi specifici nelle lingue bilbiche (ebraico, aramaico, greco), collabora da anni con la rivista "Missioni Consolata" di Torino (65.000 copie mensili) su cui tiene un'apprezzata rubrica mensile di Scrittura. Con Gabrielli editori ha già pubblicato: "Crocifisso tra potere e grazia" (2006), "Ritorno all'antica messa" (2007), "Bibbia. Parole, segreti, misteri" (2008).