La descrizione realistica di un coito anale, in letteratura, non determina né impedisce il capolavoro. Dipende dalle parole scelte dallo scrittore, dalla scrittrice, dalla necessità della scena, dal suono, dal senso, dalla distanza dello sguardo. Che cosa vede, non vede, immagina, fa immaginare. Una sequenza di sesso in cui una donna viene penetrata da terga non trasforma un film bello in un film porno. Un monologo teatrale in cui si reciti il più dettagliato dei resoconti erotici estremi può essere potente e catartico, commovente come una messa cantata. Da Plauto ad Artaud passando per Benigni e Pasolini.
L’arte gode di un privilegio che si chiama libertà espressiva. Non ci sono argomenti tabù o parole vietate. La televisione, e tutto quello che ci finisce dentro, invece, obbliga alla moderazione, al taglio dei picchi, alle cautele. Forse nel corso di quel bellissimo evento che è stato Raiperunanotte, esempio di resistenza civile al monopolio degli amici del padrone delle tivvù, Daniele Luttazzi non si è ricordato che sarebbe finito, anche se trasgressivamente, nel caro vecchio elettrodomestico, si è sentito in teatro, dove, in effetti, era. Ha recitato un brano dal suo spettacolo, circondato da spalti gremiti di pubblico plaudente.
Secco, esplicito, ha inanellato tutta la schiuma nera dei fatti di cronaca politica, tutti le tragiche anomalie cui siamo sottoposti da anni. Era efficace. Anche se non faceva ridere. Cioè: provocava quel tipo di risata nervosa cui ci si consegna se non si vuole piangere. Poi, come un Pulcinella stanco di non capire, si è domandato come mai la maggioranza degli italiani si ostini ad approvare chi lo sta fregando (Berlusconi). E qui è partito, per libera associazione gergale, un paragone infelice: il popolo sarebbe contento di farsi prendere dal posteriore così come una donna che si sottopone alla penetrazione «contronatura», prima con preoccupazione e resistenza fisica, poi con godimento masochista.
La descrizione della pratica, dettagliata e realistica, ha gelato una bella percentuale dei sorrisi presenti in sala. L’intimità di un teatrino off avrebbe consentito la risata liberatoria in cui sfocia, spesso terapeuticamente, l’imbarazzo. Ma la dimensione non era quella. Luttazzi ha preso una stecca. Poco male: la serata era una sinfonia di umori diversi e ben armonizzati. Dalla denuncia all’analisi, dalla satira (che sempre nasce da un profondo disagio) alla rivolta morale. Naturalmente quelli che non sopportano Santoro e tutti gli altri solisti della banda dei «non allineati», fingono di aver sentito soltanto la stecca. Meglio per loro.
Lidia Ravera opinionista dell’Unità, dove ha pubblicato questo intervento.
Nata a Torino, Lidia Ravera è scrittrice e sceneggiatrice cinematografica. Il primo romanzo di successo lo ha pubblicato quand’era adolescente: “Porci con le ali” scritto assieme a Lombardo Radice.
Capolista alle elezioni regionali 2010, nel Lazio, per la lista civica "Cittadini/e per Bonino".