Capitalismo e comunismo non sono tanto diversi: convivono nella Cina regina del mercato ma in Italia siamo ancora fermi alle contrapposizioni. Fallimento della globalizzazione: la storia non insegna, ha travolto l’impero romano duemila anni fa
I politici senza potere non contano nulla: voci vuote e promesse, nient’altro
27-12-2011Sovrappopolazione, riscaldamento globale, diminuzione delle risorse alimentari, crisi del petrolio, spese militari, globalizzazione finanziaria con enormi poteri alle banche, sono le “piaghe” del nostro tempo, vanno riconosciute razionalmente, vanno indicate come fattori di grandissima crisi, impossibile da risolvere con i metodi tradizionali, tipo la favola dello “sviluppo” e del rilancio di economia e consumi, e affrontate alla radice.
Anzitutto non dobbiamo farci illusioni su chi avrebbe il potere reale di modificare questo modello di sviluppo, l’economia capitalista e la politica, perché è storicamente dimostrato che le logiche del profitto prevalgono sempre, l’economia ha sempre dettato legge, e la politica senza poter guidare l’economia non conta nulla.
I due regimi fondamentali, quello capitalista e quello “comunista”, si sono rivelati molto simili come struttura produttiva, tanto è vero che la Cina è passata dal comunismo al capitalismo senza traumi particolari, avendo entrambi i regimi bisogno di grandi masse di schiavi salariati da sfruttare, dove è indifferente se chi comanda è il padrone o il partito.
Le “terre di lavoro” messe a disposizione dalla Cina agli investitori occidentali con manodopera a basso costo, assenza di sindacato e diritti, orari massacranti, sono la dimostrazione storica della bestialità di questi due regimi che vanno entrambi abbandonati perché sono in crisi sistemica e sono responsabili di uno sviluppo insostenibile dal nostro ormai fragile ecosistema.
In Italia non vi è nemmeno un partito politico che parli di futuro in termini diversi dalle logiche capitaliste, nessuno che riconosca la strutturalità della crisi e la necessità di cambiare profondamente il modello economico.
Solo i singoli, le famiglie consapevoli, le piccole cooperative, possono salvarsi e avere un futuro se intraprendono la strada virtuosa della autosufficienza energetica e alimentare, fondando comunità capaci di produrre energia rinnovabile sufficiente ai propri bisogni, produrre cibo per se stessi e non per il “mercato”, realizzare l’autonomia idrica con cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, e il miglior sistema che sostituisce le fogne, ossia la fitodepurazione naturale.
Le grandi città, in caso di crisi energetica dovuta alla mancanza di petrolio, in pochi giorni sarebbero senza cibo e diventerebbero trappole per milioni di persone, che presto comincerebbero a rapinarsi tra di loro e questo è uno scenario che già si è visto quando a New York mancò la luce per qualche ora, con saccheggi e uccisioni, con “l’età della pietra” che sostituiva la democrazia.
Tutte le merci di cui abbiamo bisogno (non quelle superflue) possono essere prodotte da singoli, famiglie, cooperative, abolendo la schiavitù salariata e soprattutto impedendo la creazione di grossi interessi economici, di monopoli, che sono all’origine di tutti i mali.
Una società basata sul piccolo modo di produrre, sulla indipendenza energetica autoprodotta diffusamente sul territorio, sulla agricoltura biologica, sul rispetto dell’aria e dell’acqua, senza schiavi salariati, senza armamenti, è l’unica società sostenibile, capace di vivere in pace e far pace anche con l’ambiente.
Con l’energia del sole possiamo alimentare vetture elettriche, riscaldare la casa, cuocere i cibi, accendere le luci e usare il pc per tutte le informazioni che ci servono.
Coloro che si incammineranno su questa strada non avranno paura di nessuna crisi e avranno un futuro.
La globalizzazione realizzata dall’Impero Romano, che portò Roma ad avere due milioni di abitanti e merci provenienti da tutto il mondo, finì miseramente con la dissoluzione dell’Impero, Roma si svuotò, rimasero 35mila abitanti e le persone si sparsero per le campagne a fare i contadini.
Forse sarebbe meglio pensarci prima.
Paolo De Gregorio, nato a Roma, ha lasciato l'attività professionale e la grande città: oggi abita in Sardegna, dove ha realizzato un orto biologico. Partecipa alla vita politica e sociale pubblicando on line riflessioni e proposte.